Medici e infermieri calabresi reclutati dalle regioni del Centro Nord. CGIL: “La Calabria verso la desertificazione professionale”
Mentre si susseguono clamorose gaffes di commissari dimissionari, prossimi probabili dimissionati, si inseguono anarchiche suggestioni su medici di confine o di strada, si paventano nuovi generali all’orizzonte,magari non già della benemerita ma forse della GdF, le ataviche inefficienze e gli scandalosi sprechi si saldano alle nuove inadempienze, ed i Segretari di CGIL CISL UIL della Calabria
incontrano Gratteri e presentano un esposto teso ad indivuduarne le
responsabità.
Ma in attesa che la macchina della procura avvii il suo cammino, e proprio il giorno in cui le categorie del pubblico impiego sono impegnati in tutta Italia in presidi presso ospedali e strutture socio assistenziali, per esprimere vicinanza agli operatori e a difesa del Contratto Nazionale che garantisce tutele e stabilità, sulla “mala” gestione dell’emergenza pandemica la Calabria paga un triplo prezzo in termini di servizi, in termini di occupazione e di emigrazione professionale destinati ad acuire il divario con le altre regioni ed ad avviare una nuova desertificazione sanitaria, pericolosa ed inarrestabile.
In queste ore le Agenzie per Il Lavoro stanno infatti reclutando centinaia di figure professionalmente qualificate da avviare con contratti di lavoro in
somministrazione negli ospedali e nelle ASL delle regioni del Centro Nord, che in maniera più celere hanno programmato il reclutamento di personae a tempo determinato da assumere con i fondi nazionali specificatamente destinati allo scopo di affrontare l’emergenza pandemica da Covid19.
Sempre nelle regioni del Centro Nord stanno scorrendo le graduatorie degli
idonei derivanti dalle più recenti priocedure concorsuali bandite, con decine di operatori sanitari calabresi che avevano a suo tempo partecipato ai concorsi, impegnati in queste settimane nei laboratori di analisi privati, che stanno supplendo agli inevitabili ritardi delle strutture pubbliche, fatte oggetto di tagli e chiusure scellerate, una per tutti a titolo esempliificativo la chiusura del reparto di Malattie Infettive dell’ospedale di Lamezia con annesso moderno ed attrezzato laboratorio di analisi idoneo a processare anche i tamponi molecolari, inspiegabilmente rimasti entrambi fuori dalla recente ordinanza di Spirlì in materia di “ospedali Covid” , forse perché essendo già rispondenti alle prescizioni in termini di standard di sicurezza, sono infatti ubicati in un modulo separato dal corpo centrale del nosocomino che accoglie gli altri reparti, non avrebbero “portato in dote” costi di riconversione, da destinare, da parte di pezzi di burocrazia regionale complice , con procedure di somma urgenza, magari ad imprese amiche, e quindi le risorse disponibili potevano essere immediatamente utilizzate per reclutare ed assumere i giovani operatori sanitari e medici da tempo intrappolati nel limbo della precarietà, secondo le prescritte modalità contenute nel decreto di emergenza che le disciplina,
Gli stessi giovani che spesso si barcamenano, tra mille difficoltà, con contratti di collaborazione o con le cosiddette “Partite Iva”, nei meandri inesplorati della sanita privata, e che in queste ore stanno riempiendo i loro trolley, che hanno sostituito le iconiche valigie di cartone, e partono inseguendo la giusta gratificazione personale, sulle nuove rotte dell’altra faccia dell’emigrazione sanitaria che conducono in Toscana, Veneto, Emilia Romagna, dopo i pazienti anche medici, infermieri, tecnici e OSS abbandonano la Calabria.
Alla Calabria serve più sanità, più sanità pubblica, piu sanita efficiente, più sanità strutturata, non servono ospedali da campo, ma uomini e donne, medici, infermieri, tecnici, OSS che siano messi in grado di scendere in campo, nella loro terra, con la loro professionallità e che spesso, magari fuori dalla Calabria, sono destinati ad eccellere.
Utilizziamo nell’immediato le strutture che pure esistono riconvertendole, ma velocizziamo la costruzione dei nuovi ospedali da Cosenza a Vibo Valentia, passando per tutti gli altri previsti nessuno escluso, per evitare che accanto ai giovani precari che lasciano la Calabria non si assista al paradosso di una nuova precarietà strutturale che metta definitivamente le tende nel nostro già precario sistema sanitario.
Occorre dare una opportunità di futuro, di legalita e di tutele contrattuali al
personale sanitario calabrese a quello presente ed a quello prossimo, perché tutti, anche i Calabresi, trovino nella loro terra l’esercizio del diritto “stabile” alla salute.
Antonio Cimino
Segretario Generale Nidil Cgil Calabria.