L’artista Alessio Cardenia e “La libertà che provoca il popolo”
Intervista all’artista Alessio Cardenia a cura di Emanuela Ientile, Storico dell’arte.
Come nacque l’idea di Sordine?
Nacque tutto da una telefonata, mi chiesero di esporre un lavoro in occasione della nuova inaugurazione del Lungomare delle Palme, dicendomi testuali parole: “Siderno sta iniziando a rivivere”. Non sapevo cosa esporre, come al solito. Iniziai a girare in bicicletta per la città, alla ricerca di un’ispirazione. Mi colpirono due cose: il Monumento ai Marinai dello scultore Giuseppe Correale, divenuto simbolo di Siderno, e la spazzatura, ahimé altro simbolo, con la differenza e…senza differenziata, che quest’ultimo è ancora più contemporaneo del monumento stesso. Pensai dunque di copiare in tutto e per tutto la scultura del Maestro sidernese per unire due simboli della Città.
Che significato ha il titolo?
Ascoltando il pensiero di molti sidernesi, leggendo commenti sui social da parte delle autorità civili notai che era una costante lotta verbale: la voce dei cittadini non arrivava all’amministrazione e viceversa. Ho pensato di chiamarla Sordine, come la sordina di alcuni strumenti musicali che tende ad attutire il suono. Infine Sordine non è altro che l’anagramma di Siderno.
Dunque immagine e parola in sinergia?
Si! Diciamo che è un metodo per includere la didascalia all’interno del lavoro, la comunicazione di un titolo e anche il titolo fa parte dell’opera. Nel caso di Sordine il titolo è la completezza del lavoro, sia in modo visivo che descrittivo. Ci sto ancora lavorando sull’inclusione del titolo all’interno dei lavori. In molti casi tendo a non inserirlo perché potrebbe essere il passo falso che fa perdere armonia al dipinto o all’installazione.
Nel tuo lavoro leggo un’ispirazione dadaista. Come fece Duchamp, hai l’abilità di trasformare e capovolgere un concetto, giocare col suo significato originale e proporne uno nuovo. Ma quanto conta oggi nell’arte l’espressione concettuale? Secondo te è compresa dal pubblico oppure siamo invasi da troppe immagini e parole per comprenderne le simbologie?
In realtà vorrei allontanarmi dal ‘concetto’. Dovremmo pensare meno al concetto e più al ‘diretto’. Il termine concetto è diventato quasi un abuso. Ogni qual volta si vede un’opera d’arte contemporanea si cerca sempre il famoso concept, che poi, in base alle interpretazioni, spesso risulta errato rispetto a quello che l’artista vuole raccontare. Duchamp elaborava concetti, Torres elaborava concetti. Non vedo concetti in Bacon, Pollock, Basquiat, vedo dolore tramutato in bellezza, espressione interiore che esplode su una tela. Forse anche per questo l’arte contemporanea sta perdendo un po’ l’interesse dello spettatore: cercare un concetto significa sforzare il cervello e i social ci dimostrano che oggi l’immagine deve essere immediata, diretta, altrimenti si swippa e si va avanti e così il museo o la galleria perde follower.
Nell’alveo di Sordine nasce un’altra brillante performance: il tableau vivant de La libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, in cui la libertà ha il volto di un giovane del nostro tempo, circondata dai sacchetti della spazzatura col simbolo della “Bandiera Blu” della quale Siderno si fregia.
Con quest’opera intendi semplicemente sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’ecosostenibilità, oppure ti poni come attento testimone del tuo tempo? Ci vuoi spiegare meglio la genesi di questa performance?
Preferisco evidenziare la bellezza locale deturpata.
Nell’installazione di quest’anno ho raffigurato il logo della ‘bandiera blu’ su un sacco di plastica appeso ad un’asta per bandiera. In questo modo esprimo il mio punto di vista riguardo la problematica della spazzatura che accompagna da alcuni anni il nostro patrimonio. Il mio obiettivo non è giudicare ma raccontare la visione personale attraverso le opere, visione che spesso si riscopre collettiva nel momento del confronto con gli altri, da qui la sensibilizzazione.
Non si tratta di rispetto per l’ambiente bensì rispetto personale, rispetto per le future generazioni, per la propria città, partendo da questo si può giungere al tanto acclamato ‘rispetto per l’ambiente’.
Non possiamo ‘aggrapparci’ alla bandiera blu e lasciare il resto nell’indifferenza. La valorizzazione di una città è il bigliettino da visita del turista e non solo.
Secondo te gli artisti possono ancora ricoprire il ruolo di guida alla ricerca della libertà?
Gli artisti non hanno mai smesso di ricoprire questo ruolo, non sarebbero artisti altrimenti. Certo, forse la libertà è una filosofia idealizzata ma è questo il punto: l’artista deve essere capace di creare la libertà attraverso l’idealizzazione del reale.
Pochi giorni fa è scomparso uno degli ultimi grandi maestri dell’arte del ‘900, mi riferisco a Nik Spatari, conterraneo del compianto maestro Correale. Che traccia hanno lasciato in un giovane artista emergente questi “mostri sacri”?
Una traccia fondamentale: valorizzare con quello che si ha. Ho visitato luoghi che valorizzano ogni minima cosa. Al Palazzo Borromeo di Isola Bella la gente ammirava profondamente il bagno dove ha cagato Napoleone durante un soggiorno. Da Waterloo a water è un attimo, e anche il cesso viene consacrato. Le opere che appartengono al patrimonio calabrese e meridionale rischiano di essere sconsacrate e abbandonate giorno dopo giorno. E’ affascinante visitare qualche galleria romana e trovare le sculture di Correale, è un po’ meno affascinante tornare a Siderno e non vedere un luogo dedicato allo stesso scultore che per anni ha decorato chiese e città. Riguardo a Nik, sinceramente non mi affascina particolarmente la sua tecnica quanto la sua poetica, il suo spirito creativo, la sua volontà di riscoprire il territorio. Si può partire da qui, dall’emancipazione di questi luoghi per riscoprire la bellezza artistica calabrese e accostarla al resto di tante bellezze come la cucina, le coste, le tradizioni. Spero che le parole dette dal presidente della Regione Jole Santelli possano realizzarsi presto ed essere sostenute dal singolo cittadino perché esiste un patrimonio antico, moderno e contemporaneo da contemplare e condividere.