In ricordo di Peppino Impastato

In ricordo di Peppino Impastato

L’Italia è una Repubblica “democratica” fondata sull’ipocrisia.
Ed oggi quell’ipocrisia sgomita per ricordare Peppino Impastato e Aldo Moro.
Tanto oramai, da morti, non possono più dar fastidio.
Una ipocrisia che finisce per uccidere ancora, per l’ennesima volta.
Intanto, in un silenzio complice, abbiamo permesso che la criminalità estendesse i suoi tentacoli ovunque: nei comuni, nelle regioni, nei governi, nell’economia, negli appalti, nella scuola, nella sanità…
Ma oggi no, tutti a ricordare le “nostre” vittime.

Delle commemorazioni sempre più simili a delle sfilate di carnevale.
Un nugolo di sepolcri imbiancati tutti presi ad omaggiare, avendo cura di mettersi bene in mostra, chi non sono neppure degni di nominare.
La commemorazione dovrebbe essere silenziosa e quotidiana.
Dovrebbe essere costante, nel nostro modo di agire, nel nostro modo di pensare. 

Da domani, ovviamente, tutto tornerà come prima, anzi peggio di prima.
E come per magia in Calabria tornerà quello strano imbarazzo nel pronunciare la parola “n’drangheta”.
E se qualcuno dovesse provarci, ci sarà subito pronta l’oramai stantia filastrocca: “Basta, altrimenti si finisce per danneggiare l’immagine del territorio ed il turismo”.

E se qualche stolto dovesse insistere, ecco pronto l’esplicito invito a cambiare aria: “se non ti piace questo paese, vattene!”.
Del resto il silenzio è sempre stato gradito alle cosche.
Ma è davvero triste quando ad imporre la sordina siano dei rappresentanti istituzionali: “Lasciateli(ci) lavorare”, quasi come fosse un cartello di lavori in corso.

Così facendo i criminali, passata la celebrazione odierna, continueranno tranquillamente a far affari d’oro, dispensando subappalti nell’assoluto disinteresse e nella più totale disinformazione.
Si, perché dove c’è n’drangheta si ha perfino paura di parlare.
E chi impone il bavaglio, sull’altare dello “sviluppo”, finisce per alimentare la paura e dare consenso sociale a questi delinquenti, dipinti quasi come fossero benefattori.
Senza nessun rispetto per le vittime e per chi, ogni giorno, senza riempirsi la bocca di falsi elogi e demagogia, prova a fare il proprio dovere.

La n’drangheta è un virus, e siamo tutti chiamati a contrastare questo contagio; senza paura di parlarne, senza paura di scriverne e, soprattutto, senza paura di denunciare.
Puntando il dito contro i suoi principali interessi: potere, consenso e danaro.
Un contrasto senza incertezze, senza ambiguità e senza mai abbassare la guardia.
Il silenzio, mai come in questo caso, è complice.
Ma tutto questo …da domani.

Francesco Di Lieto

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