Porti chiusi. Sono questi i confini che la destra vuole?
Sono drammatiche le immagini che sono arrivate nei giorni scorsi dall’isola di Lesbo, in Grecia, a cinque miglia dalle coste turche. Polizia e filo spinato, fucili e cani, uomini vestiti di nero, questo è ciò che si vede al confine Sud-Est dell’Europa, questi sono i famosi Porti Chiusi che le destre europee vorrebbero vedere. Il tutto per “proteggersi” da persone che sognano un futuro migliore in un Continente che dice di essere rispettoso dei diritti umani ma che negli ultimi giorni ha permesso alla disumanità di sbarcare sulle coste dell’Europa.
Le immagini sono state diffuse da Mark Stone di SkyNews sul suo profilo Twitter
Navi della guardia Costiera Greca che speronano gommoni carichi di esseri umani che, con il braccio teso, chiedono aiuto ma ricevono bastonate, proiettili e lutti, da autorità che dovrebbero garantire il rispetto dei diritti e non calpestarli, per difendere una terra che nel corso della storia è sempre stato luogo di incontro, scambio, contaminazione, crescita, convivialità e condivisione.
L’Europa non può permettere che sulle proprie coste un bambino muoia solo perché non trova una mano tesa a cui aggrapparsi ma trova invece un intero Continente che gli volta le spalle.
Sono queste le abominevoli coste che la Destra italiana vorrebbe regalarci. Non più spiagge dove prendere il sole e fare il bagno, dove ballare a piedi nudi, di notte, con la luna che si specchia nel mare, dove passeggiare all’alba dopo aver fatto l’amore tutta la notte, dove mangiare un gelato guardando il tramonto. Tutto questo la Destra vuole distruggerlo, cancellarlo, vietarlo, per avere finalmente quei porti chiusi e quelle spiagge sicure che molti italiani pensano di volere.
Dimenticando di pensare, però, che questo vuol dire trasformare degli orizzonti in dei confini, che appaiono come un teatro di guerra, dove neonati, bambini, ragazzi, donne e uomini sono costretti a dormire al di là delle recinzioni, al di là del filo spinato, senza un tetto sulla testa, senza una mano tesa, se non quella delle ONG che quotidianamente subiscono attacchi e offese.
Vogliamo davvero portare il mare in mezzo alle terre, il mare che per secoli ha fatto da ponte per territori, popoli e culture; a diventare un muro, un teatro di guerra dove respingere un nemico immaginario, un confine?Vogliamo davvero guardare oltre la rete dei nostri confini e vedere una madre allattare per terra, nel fango? Vogliamo davvero far crescere i nostri figli in mezzo a tutto ciò?