Gli eroi degli errori
Se avessi voluto davvero dare la buonanotte a tutti i miei errori avrei caricato il fucile, puntato la mia bocca e poi vediamo. Invece rimarremo svegli anche oggi. Non si molla niente. A denti stretti sorrido ad ognuno di loro. Ricambiano quasi sempre.
E990612 non ricambia quasi mai. In realtà ha capito che comprare quella cazzo di Fiat Punto bianca in contanti era stata una cazzata troppo grossa per riderci sopra. I chilometri percorsi non contavano molto, il cambio tra lira ed euro non avrebbe contato molto, la convinzione che avrebbe potuto farlo era bieco ottimismo protocollato con un altro numerino, gli anni trascorsi col culo comodo al posto di guida si sarebbero ridotti ad un punto di vista del mondo visto dal posto guida di una Fiat Punto bianca pagata in contati. E segno pure che è stata l’improvvida decisione di pagare sull’unghia a lasciare l’amaro in bocca.
L’amore in bocca invece è la secchezza delle labbra di E190612. Tutti e 6 gli esperti ai quali mi sono rivolto avevano diagnosticato la disidratazione ma io da bravo contadino avevo pensato bene che i canali di irrigazione, in un modo o nell’altro, non avrebbero permesso l’arrivo della fine. Fanculo la fine. Fanculo ogni capodanno nella testa. Fanculo ogni capodanno nel cuore. Fanculo i pronostici. Fanculo il giardinaggio. In cuor nostro sapevamo che l’avremmo recuperato la vita dall’acqua. In cul nostro sapevamo che l’avremmo sfangata anche stavolta. Sfangata. Anche stavolta. Invece no. Ne era risultato uno zombie che manco faceva paura, che camminava di sbieco, che aveva un solo occhio al suo posto, che aveva un vuoto dall’altro, che aveva le fauci spalancate e fameliche di ossigeno che faticava a trovare. Non è mai stato un problema di rimorsi. Certo, parlare di rimorsi quando hai a che fare con gli zombie fa ridere, vero? Ma non c’è niente da ridere. Ci sarebbe da ridire ma quando hai a che fare con le orecchie sorde devi ricordare bene che loro sentono solo un rumore bianco. Fanculo pure il Paradiso. Guardalo, è lì. Inoffensivo e col passo lento, gnagna con la bocca di chissà quale necessità. Stento a credere che le cose potessero andare meglio ma noi contadini sognatori siamo fatti di carne e ustioni da esposizione al sole. Fanculo i filtri profettivi. Le uniche parole che mi sarei permesso di pronunciare, se non fossi stato un coglione presuntuoso, le avrei rivolte con più garbo.
E invece lo feci “precipitevolissimevolmente”.
Come l’errore di Francesco Moneti, che nel 1667 stravolse tutto ne La Cortona Convertita per dare un senso compiuto a ciò che ancora aveva da compiersi:
“Come gonfio pallon, che spesso balza quando è caduto, e vien gettato al piano, o che talor verso le stelle incalza di esperto giocator possente mano, e da tal forza spinto assai s’inalza verso il cielo, ed il fermarsi è vano, perchè alla terra alfin torna repente precipitevolissimevolmente.”
La lista degli Eroi degli Errori è lunga quanto la storia dell’uomo è incapace di ricordare. Capita di avere a che fare con dei sillogismi, ma non sono avvertiti come avvertimenti. Capita di avere a che fare con delle regole matematiche, ma non sono certo le regole della ragione quelle con le quali puoi sconfiggere il muro del sentimento. Capita di avere a che fare con i rigurgiti linguistici ai quali ti attacchi come ultimo baluardo dall’ultima spiaggia che sta per sparire inghiottita dalla furia del mare che travolge e rinnova in vita altra. Di altri. Per altri. Con altri.
Ripartire dall’errore per provare a porre rimedio non è un campionato al quale possiamo pretendere di partecipare. Ci vuole competenza, serve esser capaci di fare una netta distinzione tra la realtà delle cose e la lealtà dei processi vitali che ci uccideranno. Se non sei capace di sopportarne il peso non forzarla. Mai. Non giustificarti, io non lo faccio più. Non chiedere scusa, io non lo farò più.
Nidifica ovunque tu possa sentirti a casa, prima di cercarne un’altra e di cercarne un’altra. Moriamo esattamente dove è giusto che finisca. A ben vedere, dall’alto della tua nuova confortevole postazione puoi sentirti così protetto da ritenerti esente da errori. Sbagli. Ma è giusto così.
Sulle spalle larghe di E200211 si sono appollaiate tre scimmie. Vedono, sentono, parlano. Tutte e tre. Con la stessa prosopopea di quei coglioni dei magi, ma molto meno propense ai regali, hanno deciso che sono sulla buona strada. Guidano loro. Loro. Loro, come l’oro dei ciottoli sulla strada che porta al mondo di Oz, hanno deciso di incidere il mio nome su una fottuta lista. Che io possa decidere di accettare o meno, poco importa. Mi lavo la faccia con entrambe le mani. Mi guardo tra le pieghe dello specchio in frantumi. Mi sposto per guardarmi meglio. Sono io in almeno due dei cinque quadranti in cui compare la mia testa. Sono io. Ci sto. Credo di meritarlo. Andiamo!