Il governo del cambiamento privatizza l’acqua. I 5stelle non erano per l’acqua pubblica?
Giovedì 27 giugno è stato approvato al Senato, e dunque definitivamente convertito in legge, il cosiddetto decreto Crescita.
Come abbiamo più volte denunciato l’art. 24 di tale provvedimento stabilisce la privatizzazione dell’EIPLI, l’ente che gestisce le grandi opere idrauliche come invasi, opere di captazione di sorgenti e centinaia di chilometri di reti di adduzione tra Puglia, Campania e Basilicata. Si prevede, infatti, il trasferimento delle infrastrutture ad una neocostituita società per azioni che, com’è noto, è un ente di diritto privato.
Una privatizzazione che viene da lontano.
L’attuale maggioranza ha diligentemente svolto i compiti assegnati da governi precedenti a partire da Prodi nel 2007, passando per Monti, per finire con Gentiloni.
Con l’approvazione di questo decreto è stato segnato l’ennesimo passaggio in continuità con il passato, con quel pensiero unico che pervade gran parte delle forze politiche da oltre 25 anni e che individua nel mercato l’unico regolatore sociale.
Lo ribadiamo ancora una volta: la storia ha insegnato che la clausola tramite cui provare a blindare la partecipazione pubblica, imponendo il divieto di cessione a privati delle quote azionarie, è un argine fragile travolto sistematicamente nel passato.
Si tratta di una mera foglia di fico da parte di chi lo ha proposto, il M5S, attraverso cui provare a nascondere quella che assomiglia sempre più all’assenza di una reale volontà di procedere verso una gestione pubblica, partecipativa, ambientalmente ecocompatibile, con tariffe eque per tutti i cittadini, che garantisca gli investimenti fuori da qualsiasi logica di profitto e i diritti dei lavoratori.
Risulta evidente che gli argomenti utilizzati a difesa di questa norma sono gli stessi propagandati negli anni da tutti coloro che hanno contrastato i referendum prima e l’approvazione della legge d’iniziativa popolare poi.
E’ altrettanto evidente che questa norma è in netto contrasto con i principi della legge per l’acqua pubblica la quale punta al totale superamento delle forme di gestione tramite società di capitali, ancorché totalmente pubbliche.
Se la direzione tracciata dalla maggioranza giallo-verde sulla gestione dell’acqua è quella che emerge dall’art. 24 e soprattutto dagli argomenti portati al suo sostegno si spiega perfettamente lo stallo della discussione della legge per l’acqua, caduta nel dimenticatoio di un cassetto della Camera da oltre 5 mesi.
Le contraddizioni sono evidenti e come si suol dire prima o poi i nodi vengono al pettine.
Ribadiamo il nostro impegno per l’approvazione della legge per l’acqua pubblica e chiediamo, pertanto, che si faccia chiarezza sulle posizioni espresse in materia nelle ultime settimane. Ovviamente rimaniamo disponibili a confrontarci con chiunque sia mosso da intenzioni serie per il riavvio immediato della discussione perché non intendiamo lasciar fare coloro che sperano di far tornare indietro le lancette dell’orologio a oltre 10 anni or sono.
Sembra che i politici abbiano deciso di non tenere alcun conto delle norme e dei principi della Costituzione della Repubblica italiana, la quale, come si legge nelle norme transitorie della stessa, è “legge fondamentale dello Stato”.
Infatti, mentre con il decreto crescita si toglie alla “proprietà pubblica” del popolo, concedendola a una SPA probabilmente straniera l’acqua che alimenta l’Irpinia, la Puglia e la Basilicata, con un colpo di genio la Regione Lazio regala all’Acea le acque pubbliche del Peschiera e del Le Capore, prosciugando i relativi territori con gravissimo disagio delle popolazioni locali e facendo guadagnare alla stessa Acea 150 milioni di utili (da divide tra i soci) solo per quest’anno, in piena violazione con quanto dispone l’articolo 43 della Costituzione.
Non è così, a termine di Costituzione, che va gestita, nell’interesse di tutti, l’acqua pubblica, che è parte integrante del territorio italiano ed è oggetto di “proprietà pubblica demaniale” dell’intero popolo, checché ne dicano alcuni docenti che vogliono eliminare il demanio. [….]
Gli italiani dovrebbero unitariamente richiedere con forti toni al governo soprattutto il rispetto della Costituzione ed in particolare il rispetto di quanto essi stessi hanno deciso con il referendum sull’acqua del 2011.
Professor Paolo Maddalena.
Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”