Riace, miseria e nobiltà
Riceviamo e pubblichiamo
Non basteranno tutti i giorni che rimangono da vivere per potersi scusare, per potersi rendere conto (ognuno singolarmente), della gravità di un comportamento sessista, volgare, di accanimento contro una giovane donna che ha sì una colpa quella di essere etiope, bella e fiera, con un carattere forte indurito dalla vita. E continueranno i colori a fare contrasto fra ginestre e mare e rendere bella questa terra di Calabria capace di grandi abbracci e profonde miserie. Tutto continuerà a scorrere come le parole, tante, troppe, dette per riempire giornate e vite di niente. Più facile dar corpo a storie che diventano sempre più morbose, appetibili, grondanti di particolari e se inventati meglio, fanno colore. Lei finita nell’inchiesta Xenia insieme ad altri ventinove persone fin da subito viene presa di mira capro espiatorio di tutti i mali successi in quel piccolo paese conosciuto al mondo: Riace. Sbattuta in prima pagina, alla gogna. Pruriti di personaggi meschini, uomini e donne tarantolate costruiscono maschere di ogni genere per potersi inventare il lusso di intervenire sulla faccenda. Erano tali i reati che questa giovane donna aveva accumulato. Era tale la sua pericolosità da meritarsi un trattamento particolarmente punitivo e restrittivo. Due firme al giorno in caserma in orari stabiliti. Le accuse: truffa e concorso in peculato, (le stesse anche per gli altri indagati), e favoreggiamento per immigrazione clandestina (per aver organizzato un finto matrimonio). Per sei mesi la sua vita segnata e umiliata, il quotidiano scandito e legato con l’elastico e filo spinato a quelle firme. Finalmente nel giorno che arriva la notizia (non notizia) del rinvio a giudizio dell’inchiesta Xenia (qualcuno aveva forse pensato che tutto questo ambaradan sarebbe finito con un invito a cena?), ecco un piccolo spiraglio non di umanità ma di ritrovato buonsenso. La Cassazione, sesta sezione penale, annulla senza rinvio la misura cautelare con obbligo di firma accogliendo il ricorso degli avvocati Lorenzo Trucco e Andrea Daqua, dichiarando cessata l’efficacia della misura.
Esiste una Calabria che non si arrende. Esiste fra gli insegnanti, fra gli studenti, una speranza per le nuove generazioni. Fra i tanti messaggi scritti, registrati, inviati per email o postati sui social, c’è stato un video realizzato da Selene Gatto e Giuseppe Caracciolo che ha avuto migliaia di visualizzazioni. Frutto del lavoro di alcuni studenti e insegnanti. L’immagine riprende il mare di Calabria, in primo piano alcuni studenti, camera fissa, sguardo deciso: “Siamo un gruppo di ragazzi che studiano il Greco di Calabria e il Greco del Salento e proprio studiando queste lingue ci siamo resi conto che c’è un errore madornale alla base dell’operazione contro il sindaco di Riace l’operazione è stata chiamata Xenia favoreggiamento di immigrazione clandestina. Se però le persone che hanno condotto l’operazione avessero studiato e conosciuto l’essenza della Calabria che è rappresentata giornalmente nelle azioni di Mimmo Lucano allora si sarebbero accorti immediatamente che Xenia non significa favoreggiamento. Xenia viene da Filoxefia che è l’amore per lo straniero”.
Chiara Sasso