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I Rassegnati: a Gioiosa Marina il dialogo con Tommaso Labate
Rassegnato, inerte, incapace di sognare e di realizzarsi, desideroso di fuggire, impaurito, angosciato: è questo l’impietoso ritratto del nato negli anni Novanta, il quarantenne di oggi per intenderci, il cui inesorabile declino personale e professionale viene raccontato nel nuovo saggio del giornalista Tommaso Labate. Un incontro a tu per tu con lo scrittore, quello avvenuto ieri presso la Sala del Consiglio Comunale del Palazzo Municipale di Marina di Gioiosa Ionica, città natale di Labate; un dialogo, mediato e condotto da Pietro Melia, tra le pagine più significative del testo. Dialogare, confrontarsi, condividere in una sala gremita e oggetto di duplice commissariamento, perfetta metafora della rassegnazione alla mancanza dell’esercizio democratico proprio di ogni cittadino. Tuttavia, l’invito è a non rassegnarsi perché la democrazia è tutto ciò che di più sacro rimane al popolo. Con queste parole, Labate ha addentrato l’uditorio nelle pagine più acute del suo libro. La generazione di cui parlo -afferma lo scrittore guidato dalle domande di Melia- è una generazione che non ha punti di riferimento comune, né un patrimonio o un sistema di valori da condividere. Si tratta di ostinati-ancora giovani, che vivono in preda alla paura, privi di un sistema di certezze che li trascina nell’ingiustizia e nell’incapacità di comprenderla e combatterla. I rassegnati -continua- hanno smesso di lottare, non hanno più forza ne voglia di scendere in campo. Vivono risucchiati in una sorta di angoscia generazionale che si tramuta in estremo individualismo, desiderio di annientare l’altro, di creare duelli personali che rientrano nella logica del “per me”, del dare valore solo a sé stessi attribuendo disvalore all’altro. Il rassegnato -conclude- si crea un orizzonte senza qualità in cui impera l’assenza di solidarietà, di uno spirito di identità capace di creare unione e impegno civile.
Ma dove sta l’origine di questa rassegnazione generazionale? La politica ne è indubbiamente l’esempio lampante -sostiene Labate-. Da un ministro come Salvini, i cui “eloqui della nonna” richiamano quasi esclusivamente gli interessi di una popolazione avanti negli anni e facile ricettacolo di voti, a un sistema politico più generale, divenuto televendita e oggetto di compravendita da parte di una classe politica mercenaria, che si nutre di slogan e non di fatti, che produce parole e non opportunità. E così, i rassegnati, privi di ogni stimolo, si abbandonano alla forza inesorabile della fortuna, desiderando che questa possa toccare il loro destino. I rassegnati , dunque, si presenta come un saggio denso di spunti sui quali riflettere in una scrittura chiara, vivida e chiaramente autobiografica. Una lettura da condividere che, oggi, ci lascia nuovi interrogativi, ci chiede di guardare indietro per ricostruire una dignità andata perduta, ci sprona a essere ribelli impegnati, a non inseguire facili chimere, a crescere perché la rassegnazione lasci il posto a una generazione che si sveglia dal torpore e che riprende a sognare.