Migranti, così il modello Riace rischia di fallire. Lucano: “Dallo Stato mi prendono in giro”

Migranti, così il modello Riace rischia di fallire. Lucano: “Dallo Stato mi prendono in giro”

Notizia tratta da: agi

Il modello Riace rischia di dissolversi a causa di mancati pagamenti dei fondi necessari per l’accoglienza e chissà cosa ne penserebbe la rivista Fortune che nel 2016 inserì il sindaco Mimmo Lucano tra i 50 leader più influenti al mondo.

Nel borgo calabrese da tempo si pratica il sistema dell’accoglienza diffusa, con i migranti ospitati in appartamenti indipendenti, ma i fondi per i vari progetti autorizzati non arrivano. “Da due anni vengo preso in giro dalla Prefettura e dal servizio Sprar ma i nostri fondi continuano a non essere erogati”, dice il sindaco Lucano che amministrerà il comune fino all’anno prossimo dopo tre mandati consecutivi. Nelle casette del borgo vivono circa 500 migranti (tra progetti Sprar, Cas e minori non accompagnati) che si mescolano a un migliaio di riacesi. Una sinergia palpabile tra le viuzze e i laboratori artigianali disseminati nel centro cittadino, in cui lavorano oltre 80 persone.

Inizialmente, per far fronte ai ritardi semestrali dei pagamenti, “Mimmo ‘u Curdo” si era inventato una moneta locale virtuale, spendibile solo a Riace, fatta di banconote raffiguranti il volto di personaggi come Peppino Impastato, Che Guevara o il Mahatma Gandhi, ma con il passare degli anni (e l’aumento dei ritardi) è finito per essere l’unico modo per mantenere un equilibrio finanziario.

“Questo sistema – aggiunge Lucano – è stato accettato per i primi cinque anni. Adesso dal Servizio centrale del sistema protezione (Sprar) ci hanno congelato oltre 700 mila euro. Noi non ce la facciamo più a sopportare l’onere economico e da tempo tutto va avanti soltanto grazie a queste banconote”.

Il modello finanziario sin da subito fece il giro del mondo ma adesso anche questo è finito tra gli argomenti presi in esame dalla Procura di Locri, che dallo scorso ottobre indaga sul sindaco Mimmo Lucano per abuso d’ufficio, concussione e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Tra le accuse c’è la mancata rendicontazione di alcune spese, ci sono i contratti con operatori e mediatori culturali, i rapporti con le associazioni locali e perfino il mancato pagamento delle imposte sulle carte d’identità.

Marco Bova

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