Diecimila firme per salvare Riace, città dei Bronzi e capitale dell’accoglienza
Notizia tratta da: ilsole24ore
Diecimila firme per Riace. Per candidare all’Unesco il borgo dell’accoglienza della Locride e renderlo Patrimonio dell’Umanità. Ciò che di fatto è già da molti anni, da quando Mimmo Lucano nel 1998 ha dato ospitalità al primo gruppo di profughi curdi sbarcati all’alba sulla spiaggia, dando inizio a una straordinaria rinascita del territorio.
Venti anni fa l’attuale sindaco era un maestro di scuola e un membro dell’associazione Città Futura, dedicata a don Giuseppe Puglisi, ma già elaborava nuove forme di convivenza.
Nel tempo Mimmo Lucano è diventato uno degli uomini più influenti del pianeta – secondo Fortune – progettando, da primo cittadino, un modello di integrazione che ha rigenerato il tessuto sociale della sua comunità e ravvivato l’economia: «Qui ci sono 1.800 abitanti. Più di un terzo è straniero, di 26 diverse nazionalità. È una comunità felice – spiega Lucano – perché l’integrazione è un’occasione per tutti».
L’opera pubblica dell’accoglienza
Lucano ha riaperto le case abbandonate del paese vecchio, le scuole, gli uffici, l’ambulatorio medico, le botteghe artigiane. Ha insegnato ai profughi a lavorare la terra, la ceramica, il vetro, il cioccolato. A tessere e a ricamare. Incrociando stili e metodi con quelli dei loro paesi d’origine. «A Riace l’opera pubblica più bella sono gli aquiloni costruiti da un giovane di Islamabad, i vasi di un artigiano di Kabul, i ricami di una donna di Herat», aggiunge il sindaco.
Bonus e borse lavoro
Mimmo Lucano ha fondato il suo sistema su bonus e borse lavoro. Una formula che gli è costata un’indagine della magistratura, partita in seguito a un’ispezione della Prefettura di Reggio Calabria: «Si riscontravano anomalie nel funzionamento del sistema». Ma le successive, il cui contenuto è stato reso noto due mesi fa, hanno smentito l’ispezione precedente, raccontando in prosa quasi poetica (un intento dichiarato all’interno del verbale) il modello Riace: «Un microcosmo strano e composito che ha inventato un modo per accogliere e investire sul futuro». Così le conclusioni: «Si ritiene che l’esperienza di Riace sia importante per la Calabria e segno distintivo di quelle buone pratiche che possono far parlare bene della regione». La firma è degli ispettori Francesco Campolo, Pasquale Crupi, Alessandra Barbaro, Maria Carmela Marazzita. Ma da Sprar e Prefettura non arrivano più risorse.
In 10mila dalla parte di Lucano
Dalla parte di Lucano, affinché il borgo dell’accoglienza sopravviva, si sono schierati in 10mila sottoscrivendo la petizione per #RiacePatrimonioUmanità: tra i tanti l’avvocata dei diritti umani Alessandra Ballerini, legale della famiglia Regeni, l’europarlamentare Elly Schlein, i giornalisti Angela Caponnetto e Alessandro Gilioli, gli attori Peppino Mazzotta e Cesare Bocci, il sociologo Francesco Panaro, il cantautore Caparezza, il fondatore di Possibile Pippo Civati, Enzo Infantino, attivista per i diritti umani. Ed anche Eleonora Forenza, eurodeputata Gue/Ngl, Stefan Trechsel, già presidente della Commissione europea dei diritti dell’uomo e giudice al Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, Samra Losinger, presidente della “Fondazione per la libertà e i diritti umani”di Berna, il presidente della Regione Calabria Mario Oliverio. Nei prossimi giorni si riunirà a Riace la Rete dei comuni solidali (sono 300, 17 le Regioni rappresentate). E subito dopo è attesa la sindaca di Barcellona Ada Colau che porta al borgo dell’accoglienza la sua solidarietà.
La battaglia per un ideale
«La mia impresa contiene un messaggio politico, una visione del futuro che dà fastidio, perché noi non siamo neutrali sull’accoglienza, non l’affrontiamo come si fa con una qualsiasi attività ordinaria, qui a Riace le vite di tutti si intrecciano con quelle degli immigrati. Ora – conclude il sindaco – aspetto solo che si risolva la mia vicenda giudiziaria ringraziando sin da ora gli avvocati Andrea Daqua e Antonio Mazzone che mi stanno difendendo gratuitamente. La loro non è solo difesa dei miei diritti, ma una battaglia per un ideale».
Donata Marrazzo