Sant’Ilario dello Jonio: la storia di Buba, dal Gambia alla Calabria in cerca di una vita migliore
Riceviamo e pubblichiamo
«Sono arrivato a imbarcarmi di notte, nell’oscurità assoluta. Non riuscivo a vedere neppure chi mi stava poco lontano. Lì, per la prima volta, sono venuto a sapere che il viaggio era molto rischioso e che tanti erano morti. Ho avuto paura, tantissima paura. Ma non potevo più tornare indietro. Mi sono affidato a Dio e ho affrontato il viaggio». Gambia, Senegal, Mali, Niger e, infine la Libia. Un lungo viaggio, iniziato nel marzo 2016, per tappe, in autobus dalla sua città, Brikama, fino alla libica Zabrata, dove rimane cinque mesi e si mantiene portando gli animali al pascolo per conto di una signora, fino alla partenza, il 19 ottobre 2016.
Buba Drammeh, 18 anni, è uno dei 50 rifugiati dello Sprar di Sant’Ilario dello Ionio (RC), gestito dalla Eurocoop Jungi Mundu di Camini (RC). La sua è una delle tante storie di dolore e speranza che accompagnano i migranti. «Volevo venire in Italia, studiare e diventare elettricista. Non avevo altro in mente. Conoscevo davvero poco dell’Italia, solo i nomi delle grandi città e Cannavaro, ma sapevo che qui avrei potuto avere un’istruzione e la vita che sognavo – dice Buba – Così ho lasciato laggiù mia madre e mia sorella, deciso ad avere un futuro migliore, anche per loro».
Qui Buba è sereno, ha imparato in breve la nostra lingua, sta andando a scuola per diplomarsi e intanto lavora alla coltivazione di ortaggi in serra. «Mi alzo ogni mattina alle 6 e lavoro fino al pomeriggio, poi vado a scuola. Sì, è faticoso, ma lo faccio con entusiasmo». Sorride, ma gli occhi si velano di tristezza quando torna a parlare del viaggio. «Eravamo circa 130 persone, l’uno addosso all’altro, non potevamo muoverci né sdraiarci. È stata una lunghissima notte di paura e pensieri. Non ho chiuso gli occhi neppure per un attimo. Qualcuno dormiva sfinito, ma io non ce l’ho fatta. Ho ripreso un po’ fiducia solo all’alba, quando ci ha recuperato la nave italiana dei soccorsi. Siamo stati ancora due giorni in mare, ma finalmente ho dormito». Poi dal centro di prima accoglienza di Reggio Calabria, Buba è arrivato a Sant’Ilario, il 23 dicembre 2016, come minore non accompagnato e pochi mesi dopo, al compimento dei 18 anni, è entrato nel progetto Sprar. «Poco tempo dopo il mio arrivo qui, ho saputo che due miei amici nigeriani, Mass e Maha, di 17 e 20 anni, sono morti quella notte in mare. Li avevo conosciuti poco prima della partenza, ma li avevo persi di vista. Non posso mai smettere di pensare a questo, anche loro come me cercavano solo un mondo dove vivere meglio» dice Buba con gli occhi velati dalla tristezza. E conclude: «Qui mi sento a casa, non ho intenzione di andarmene. Di questo devo ringraziare gli operatori della Eurocoop Jungi Mundu e l’amministrazione comunale di Sant’Ilario che si adoperano per garantirci, oltre l’accoglienza, l’integrazione per il futuro».
Ufficio Stampa