Dal 1991 sciolti 229 comuni per mafia, in testa Calabria e Campania

Dal 1991 sciolti 229 comuni per mafia, in testa Calabria e Campania

Notizia tratta da: repubblica

Dal 1991 ad oggi si registrano ben 291 scioglimenti per mafia di enti locali, pari a 229 comuni. Numerosi i casi di comuni sciolti due volte (42 casi) o addirittura tre volte (13 casi). Si tratta per lo più di comuni di piccole e medie dimensioni. In 16 casi, soprattutto negli ultimi anni, lo scioglimento ha coinvolto città con più di 50 mila abitanti (Giugliano in Campania, Battipaglia, Marano di Napoli, Scafati) gli ultimi due casi sono Lamezia Terme, che ha circa 70 mila abitanti e Ostia, x municipio di Roma capitale, con oltre 200 mila abitanti.

Nel 2013 è stata sciolta, per la prima volta, Reggio Calabria, città capoluogo di provincia. La stragrande maggioranza degli scioglimenti è avvenuta in campania e Calabria (rispettivamente 35% e 34%), seguite da sicilia (24%) e dalla puglia (circa 5%). Sono i dati contenuti nella relazione della commissione antimafia.

Ancora limitati sono i casi di scioglimento nelle regioni del centro-nord (3 in piemonte e liguria, 2 nel lazio, 1 in lombardia ed emilia-romagna), sebbene, sottolinea la commissione, “sia ormai pacifica la consapevolezza del radicamento delle organizzazioni criminali anche al di fuori dei confini di tradizionale insediamento”.
Le province più colpite sono quelle di reggio calabria (59 scioglimenti) e napoli (55 scioglimenti), pari al 40% di tutti i comuni delle due province. Solo in questa legislatura sono stati sciolti nel complesso 64 enti locali, dei quali ben 26 negli ultimi 16 mesi, e colpisce il dato della calabria con 34 scioglimenti. Attualmente sono 29 le amministrazioni commissariate. “Questi numeri- si legge nella relazione- segnalano la rilevanza e l’attualità di un fenomeno che va affrontato con estrema decisione, superando le criticità emerse sia nelle fasi dei procedimenti di scioglimento che in quelle dei commissariamenti con una organica riforma della materia. La relazione sottolinea l’esigenza di non attendere le inchieste della magistratura, come per lo più avviene adesso, per avviare gli accessi ispettivi, ma di procedere in via autonoma, non appena vi siano indizi o fondati rilievi su possibili condizionamenti della criminalità organizzata”.

• UN ESERCITO DI BAMBINI
E’ “preoccupante” e “crescente” il coinvolgimento di bambini e adolescenti nelle attività della criminalità organizzata, “che da sempre vede nei minori un investimento e una risorsa da sfruttare cinicamente anche in ragione della loro condizione di non imputabilità”. E’ quanto segnala la presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, nella relazione conclusiva della XVII legislatura approvata all’unanimità lo scorso 7 febbraio.

“Il fenomeno investe soprattutto le realtà più difficili del mezzogiorno – premette Bindi – ma non va sottovalutata la sua incidenza anche nelle altre regioni d’Italia nelle quali le cosche, a cominciare dalla ‘ndrangheta, hanno ormai stabilito solidi insediamenti e dove si registra un numero crescente di minori stranieri e giovanissimi migranti reclutati in numerose attivita’ illegali. Sono tanti i minori uccisi e fatti sparire, vittime di brutali ritorsioni mafiose. Quella della mafia che rispetta l’infanzia è una menzogna, che recenti e drammatici episodi in Calabria e Campania hanno dolorosamente confermato. Agli eredi di sangue si affianca un esercito di bambini e adolescenti, reclutati nei quartieri più degradati e tra le famiglie più povere, usati per confezionare dosi e spacciare la droga, addestrati al controllo del territorio”.

“L’escalation di delinquenza minorile nel napoletano, appare da questo punto di vista, emblematica – conclude la presidente -. Se in altre parti d’Italia i reati
dei minori sono prevalentemente legati al consumo e allo spaccio della droga, a Napoli oltre la droga, si registrano rapine, scippi, estorsioni, uso di armi, omicidi e tentati omicidi. I vuoti di potere nei clan storici e strutturati, esito di un’efficace azione di contrasto, sono diventati un incentivo all’affermazione di nuove leve criminali sempre più giovani e sempre meno capaci di regolare la loro violenza su strategie di potere di lungo periodo”.

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