“Sei figlia di Satana”. Condannato per diffamazione l'”apostolo” candidato per Fdi a Reggio Calabria
Notizia tratta da: repubblica
“Satana”, “figlia di Satana”, “Jezabel”, “Killer di anime”. Queste non sono che alcune delle definizioni che sono costate un decreto penale di condanna per diffamazione e danno d’immagine, aggravato dalla pubblicità dei mezzi di diffusione, al candidato reggino al Senato di Fratelli d’Italia Massimo Ripepi.
Consigliere comunale di Reggio Calabria dove guida l’opposizione al sindaco Giuseppe Falcomatà, Ripepi è anche pastore di Pace, un movimento cristiano fondato da un altro reggino, Gilberto Perri (autoproclamatosi “apostolo”) e da lui ereditato. In tale veste, il politico che oggi è uno dei candidati di punta del partito di Giorgia Meloni in città, guida una folta comunità religiosa che lo venera come un semidio e lo chiama “papà”. E da cui è estremamente complicato allontanarsi.
Una donna in passato ci ha provato e per questo è stata per mesi bersagliata di insulti via mail, lettera e facebook e oggetto di mirate “omelie” durante le quali veniva paragonata al diavolo tentatore. Nel corso di infuocati sermoni, pronunciati dal pulpito della sua chiesa e poi rilanciati su youtube e sulla tv on line da lui fondata e regolarmente usata per evangelizzare i suoi, per lungo tempo Ripepi si è scagliato contro la donna, medico abbastanza conosciuto in città e madre di un adolescente, additandola come “strumento del demonio” da temere ed evitare.
Una vera e propria persecuzione che le avrebbe “cagionato un disagio psico-fisico, ed un forte timore per la sua incolumità”, a detta della professionista. Ma così sembrano pensarla anche le istituzioni cui la donna si è rivolta.
La crociata contro di lei è infatti costata a Ripepi prima un ammonimento per stalking, emesso dal Questore Raffaele Grassi che in calce al provvedimento ricordava al politico-pastore “che a Reggio è disponibile il dipartimento di Salute mentale a cui potrà rivolgersi”. Oggi, un decreto penale di condanna. Per il gip Davide Lauro, le feroci omelie di Ripepi “esorbitano del tutto ogni possibile riferimento alla libera espressione del pensiero e al libero esercizio del culto”, per questo per lui ha stabilito una pena pecuniaria di 500 euro (ma con pena sospesa).
Una decisione contro cui – si vocifera nella comunità, dove dell’argomento si può parlare solo a mezza bocca – Ripepi ha già fatto opposizione, sulla quale toccherà al giudice pronunciarsi. In realtà, anche nel caso dell’ammonimento ricevuto dalla polizia il pastore politico aveva proposto ricorso, ma la sua istanza è stata rapidamente rigettata.
Alessia Candito