‘Ndrangheta e Venezuela: intervista all’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione
Notizia tratta da: euronews
Il Venezuela è diventato un narcostato? Perché le mafie italiane, soprattutto la ‘Ndrangheta, sembrano essersi insediate in maniera stabile in questo Paese? Per capirlo abbiamo parlato con Francesco Forgione, ex presidente della commissione parlamentare antimafia e scrittore, autore di molti libri sul tema.
Dottor Forgione, la Ndrangheta come è arrivata in Venezuela?
Soprattutto con l’emigrazione del secolo scorso. Ha saputo insediarsi sulle rotte del narcotraffico. Ormai la presenza dei “calabresi” (intesi come ‘ndrine mafiose, ndr) è strutturata sul territorio venezuelano.
La ‘Ndrangheta, questa semisconosciuta e potentissima mafia calabrese, è più a suo agio con il chavismo?
No, nel senso che la ‘Ndrangheta ha come obiettivo l’accumulazione del potere e della ricchezza. Chiunque sia al governo o al potere, diventa un interlocutore naturale. La ‘Ndrangheta c’era prima di Chavez, c’è stata con Chavez e ci sarà con Maduro. In Colombia c’era con la guerra alle Farc e c’è adesso in pieno processo di pace. Il problema è il sistema di affari che non viene toccato. Questo, sommato al fatto che con queste nazioni è difficile avere un rapporto di scambio anche con la giustizia. Questi paesi ad esempio non hanno reati che sono previsti nei nostri codici come il reato di associazione mafiosa.
Dottor Forgione, una definizione corrente di terrorismo è “qualsiasi gruppo o individuo che attraverso l’uso della violenza cerchi di ottenere un beneficio politico”. Per Washington questa definizione calza a pennello per i cartelli della droga internazionale. L’eccessiva manolibera della Ndrangheta in Venezuela potrebbe provocare una risposta americana?
Dopo la prima relazione della commissione parlamentare antimafia di cui io ero presidente, siamo a febbraio del 2008, a giugno dello stesso anno, il governo americano ha inserito la ‘Ndrangheta nella blacklist delle organizzazioni criminali che praticano riciclaggio al pari delle grandi organizzazioni terroristiche. Quindi già gli Stati Uniti hanno una particolare attenzione sulla ‘Ndrangheta. A questo si aggiunga che la ‘Ndrangheta è il maggior broker internazionale della cocaina ed è riconsciuto come uno dei principali importatori della cocaina in Europa. È uno dei principali interlocutori dei cartelli colombiani prima, messicani, boliviani, peruviani, è radicata sulle rotte ecuadoregne e venezuelane, in Brasile. La ‘Ndrangheta ha questa specificità: un forte elemento identitario che la fa apparire come un’organizzazione arcaica sollo nella riproposizione di un sistema di valori e di un suo simbolismo che va dalla religione al patriarcato, ma poi è modernissima nelle dinamiche economiche e finaziarie. È capace di un dinamismo che la fa stare sui mercati. Sia quelli illegali che quelli legali.
Ci sono personaggi italo venezuelani che hanno svolto un ruolo nel lavoro della Ndrangheta in Venezuela?
La figura di Aldo Micciché è stata emblematica. È scomparso pochi giorni fa. Parliamo di un esponente della politica italiana che era anche un esponente della massoneria, che fuggito dall’Italia per evitare una serie di condanne ed oltre 20 anni di carcere, ha scelto Caracas come sua città. E da Caracas, oltre ad essere l’interlocutore di una delle principali cosche della ‘Ndrangheta, le cosche della piana di Gioia Tauro, i Piromalli, i Molè, cioè coloro che gestiscono, e che per anni sono stati i padroni del porto di Gioia Tauro, lui lì gestiva un lavoro di affari e relazioni politiche. Lui gestiva un ruolo di mediazione. Le sue telefonate ricorrenti con il senatore Marcello Dell’Utri, con manager, con esponenti del clero. Gestiva un ruolo di segreteria politica del clan, ma anche di mediatore di affari internazionali che avevano nel porto di Gioia Tauro lo snodo nei mercati globali. La figura di Miccichè è emblematica della modernità della ‘Ndrangheta. E di come la ‘Ndrangheta abbia usato la sua forza economica e finanziaria per compiere poi le scelte politiche. Nel passato o partiti si rivolgevano a Miccichè per indicare i candidati del sudamerica alle elezioni politiche. Il nodo degli affari che riguardava il Venezuela erano quelli legati alla gestione del petrolio in un gioco internazionale che andava dai rapporti con Gazprom tramite dell’Utri ai rapporti con i vertici con le società pubbliche venezuelane per la gestione del petrolio.
Il Venezuela è un coacervo di interessi dalla Cina alla Russia, a Cuba agli Stati Uniti. In questo senso come si comporta la Ndrangheta?
La ‘Ndrangheta non ha il problema di avere una diplomazia ufficiale. Si muove in una doppia dimensione: quella criminale che si occupa della gestione del narcotraffico, e oggi il Venezuela è uno dei paesi di transito, non di produzione. Dall’altro si muove nella dimensione economico-finanziaria utilizzando tutti gli strumenti che la globalizzazione offre. Il problema che abbiamo è quello di individuare gli strumenti che in una dimensione globale ci consentano di intervenire nei mercati finanziari e nell’individuazione dei movimenti dei capitali. Se non facciamo questo avremo ben presto lo stesso problema che abbiamo con il Venezuela, con tutti gli altri paesi non solo sudamericani, ma anche europei dove non esiste una legislazione di contrasto a queste organizzazioni.
Alberto De Filippis