STUPRO RIMINI: QUANDO (ANCHE) LA STAMPA COMMETTE VIOLENZA.

STUPRO RIMINI: QUANDO (ANCHE) LA STAMPA COMMETTE VIOLENZA.

Lo scorso 6 settembre Libero ha pubblicato un articolo nel quale venivano riportati, in modo minuzioso ed accurato, tutti i dettagli dello stupro avvenuto diversi giorni fa a Rimini, ai danni prima di una ragazza polacca e, successivamente, di una transessuale peruviana.

Elementi, questi, tratti dai verbali delle stesse vittime.

Apprendo con piacere che, contro l’articolo in questione, le Commissioni pari opportunità della Federazione Nazionale della Stampa (FNSI), dell’Ordine e dell’Usigrai hanno presentato un esposto.

Divulgare dettagliatamente i più intimi e purtroppo scabrosi particolari di un atto di inaudita violenza non è dovere di cronaca, bensì becero tentativo di far leva sulla morbosa curiosità del lettore attraverso il sensazionalismo di un titolo di giornale.

 

Farlo, significa esporre la vittima ad un ulteriore, e certamente indesiderato, trauma.

In una fase storica in cui, soprattutto sul web, il concetto di privacy viene svilito e spesso calpestato, il linguaggio tende sempre più alla volgarità ed è sin troppo semplice finire coinvolti in rovinose gogne mediatiche, gli addetti all’informazione dovrebbero svolgere il proprio lavoro con maggiore senso di responsabilità, agendo nella consapevolezza del delicato ruolo che ricoprono all’interno della società.

Non si deve mai perdere di vista la linea sottile che intercorre tra il sacrosanto diritto/dovere di informazione e la gratuita speculazione sulla notizia.

È una questione di rispetto della deontologia professionale in quanto, come riportato dal Fatto Quotidiano, il Testo Unico dei doveri del giornalista impone, a tutela della dignità della persona, di “non soffermarsi sui dettagli della violenza”.

Ma è, ancor di più, una questione di buon senso.

Buon senso, questo sconosciuto di cui tanto si avrebbe bisogno.

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