Bologna, l’accusa della Dda: Giovanardi tentò di aiutare le imprese in odore di ‘ndrangheta
BOLOGNA – Interrogazioni parlamentari al veleno, e-mail di fuoco, lettere ufficiali e ufficiose, riunioni e incontri con imprenditori in odore di ‘ndrangheta, oltre a tutta una serie di minacce, più o meno velate, ad esponenti della prefettura di Modena e alle stesse forze dell’ordine. Il senatore Carlo Giovanardi, tra il luglio 2014 e il gennaio 2015, fece il diavolo a quattro per ottenere che le aziende della famiglia Bianchini fossero inserite nella “white list” delle imprese autorizzate a lavorare per la ricostruzione post terremoto dell’Emilia Romagna. Un’ingerenza pesantissima, costata al parlamentare l’accusa della Dda di Bologna di aver tentato di intervenire sul corretto funzionamento di un corpo amministrativo dello Stato, avvantaggiando così i clan della ‘ndrangheta che quelle aziende avevano di fatto infiltrato.
L’atto d’accusa dei pm Beatrice Ronchi e Marco Mescolini contro Giovanardi, formalmente indagato, è contenuto nelle carte depositate nei giorni scorsi al Gip di Bologna, chiamato a decidere se autorizzare quattro intercettazioni tra persone indagate nel processo “Aemilia” ed i tabulati telefonici di Augusto Bianchini, già a processo nel filone principale dell’inchiesta.
La vicenda ha inizio nel 2013 quando, a seguito dei rilievi mossi da un gruppo interforze (polizia, carabinieri, guardia di finanza e Dia), la prefettura decide un’interdittiva antimafia nei confronti della “Bianchini costruzioni”. Secondo i controlli, infatti, la Bianchini era a rischio infiltrazioni mafiose per mano di un clan della ‘ndrangheta. Una bocciatura confermata a ottobre 2014, che tuttavia non aveva fatto desistere i Bianchini: questi infatti presentavano alcune nuove richieste di ingresso nella “white list” attraverso la “Bianchini Costruzioni” e attraverso la “Ios”, azienda intestata al figlio di Bianchini, Alessandro.
L’iter prevedeva che a relazionare sulla questione fosse il gruppo interforze e che a seguito dell’istruttoria delle diverse forze di polizia a decidere dovesse essere il prefetto. Tra i due momenti, l’istruttoria e la decisione, gli imprenditori modenesi interessano Giovanardi al loro caso, ottenendo un impegno fuori dal comune, secondo i magistrati della Dda. Un interessamento invasivo ed illecito, al punto che, oltre a Giovanardi, sono finiti nei guai anche alcuni funzionari della prefettura, accusati di aver sostenuto oltremodo l’intervento del parlamentare. Da qui l’accusa di “usare minacce, sia dirette che indirette, nei confronti di singoli funzionari ed impiegati”, per modificare l’esito delle decisioni in via di assunzione contro le aziende a rischio mafia.
Nella carte dell’inchiesta sono riportate, in ordine cronologico, tutta una serie di condotte penalmente rilevanti, secondo i magistrati, riconducibili a Giovanardi e ad altri indagati. Intanto, “Giovanardi è a conoscenza di atti ancora coperti da segreto” ed è a partire da questi atti che scopre, ad esempio, come i carabinieri di Modena fossero stata “la forza di polizia che aveva redatto le note più rigorose nei confronti di Bianchini”. Da qui un intervento diretto sui vertici dell’arma, che decide di incontrare a ottobre 2014.
La convocazione riguarda il comandante provinciale Stefano Savo e il colonnello Domenico Cristalli, che dell’interforze fa parte per conto dell’Arma. Per i magistrati “nel corso dell’incontro Giovanardi apertamente minacciava i due ufficiali e ne offendeva il decoro”, chiedendo loro “con veemenza che gli fornissero spiegazioni e i motivi della posizione assunta nell’ambito del gruppo interforze e chiaramente pretendendo un cambio della predetta posizione sulle società di Bianchini”. Qualche giorno dopo, quando la decisione non è ancora stata assunta dalla prefettura, Giovanardi la anticipa in una conferenza stampa nella quale parla della bocciatura della Ios. Arrivano quindi una serie di pressioni attraverso dichiarazioni alla stampa di diversi protagonisti della vicenda. La situazione non cambia con le nuove richieste avanzate dai Bianchini a fine ottobre, bocciate ancora una volta dal gruppo interforze. Bianchini non demorde e viene “instradato” dallo stesso Giovanardi sulle istanze da presentare.
Minacce alle forze dell’ordine e anche al prefetto di Modena, Michele di Bari, “aggredito verbalmente in diverse occasioni per ottenere la mutazione dei provvedimenti adottati nei confronti di Bianchini”. Per non parlare poi di interpellanze e interrogazioni parlamentari per una “martellante attività intimidatoria, sia come strumento di pressione contro la prefettura”.
Il senatore è anche accusato di essere stato a conoscenza dei legami di Bianchini con esponenti dei clan di ‘ndrangheta. E in particolare tra l’imprenditore e Michele Bolognino, Giulio e Giuseppe Giglio, tutti imputati al processo Aemilia. Giovanardi avrebbe dunque “consapevolmente e volontariamente favorito il radicamento del potere mafioso”.
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