C’è un’allerta meteo, segnalata da comunicazione ufficiale della Protezione Civile, si chiudono precauzionalmente le scuole: qualcuno fa polemica.
C’è la prosecuzione dell’allerta, sempre sulla scorta di documenti ufficiali, si chiudono nuovamente le scuole: qualcuno continua a fare polemica.
C’è l’allerta che diminuisce di pericolosità, si decide di aprire le scuole: qualcuno prude dalla voglia di fare polemica.
C’è la comunicazione (ancora informale) della chiusura delle scuole, ma manca l’ordinanza pubblicata sul sito web del Comune (non ve ne è stato il tempo): qualcuno ci vede qualcosa di strano e non manca di fare polemiche.
C’è la verifica da parte delle autorità competenti sulla piena agibilità delle scuole, ma la pioggia non ha creato alcun nuovo pericolo: qualcuno non ci crede perchè deve poter fare polemica.
Il polemista professionista, una nuova figura sociale. Con la scuola, se così possiamo dire, che diventa teatro di un’intera antropologìa, di un disfattismo annichilente che sembra pervadere le persone di questo territorio. La scuola, ma potrebbe essere un qualunque altro ambito specifico.
Vi sono pezzi di comunità assolutamente prive di equilibrio, bravi solo a suscitare e alimentare polemiche inutili, quasi forzate. Assenti – simbolicamente e fisicamente – quando si tratta di lottare davvero per cambiare uno status quo sempre più deprivante. Con la comunicazione digitale, a partire dai social con tutto il loro codice linguistico, che si sta rivelando sempre più uno sfogatoio continuo, pernicioso, denso di cattivi pensieri e di insopportabili facilonerie.
Per noi, esiste una sola ricetta per l’oggi e per il futuro: crescere come buoni cittadini, leggere e studiare per comprendere il contesto intorno a noi, facendo valere i propri diritti e rispettando il lavoro delle autorità preposte. Stiamo un pò di meno a polemizzare sui social e un pò di più a praticare la democrazia: ne trarremo tutti un grande beneficio.
