‘Ndrangheta, Tav e i calabresi di Chivasso
Lo abbiamo scritto nel luglio del 2015: «Noi possiamo anche provare a dare di Chivasso e Settimo un’immagine slegata alle due operazioni contro la ‘ndrangheta Minotauro e Colpo di coda, ma le cronache, o meglio le “carte” che portano la firma di un giudice, sembrano ormai descrivere un caso disperato, un territorio il cui tessuto sociale, a tutti i livelli, è legato a filo doppio o triplo con la criminalità organizzata calabrese».
A questo punto, ci risiamo. Qualche mese fa, più precisamente a metà luglio, una maxi operazione di Polizia aveva svelato la volontà della ‘ndrangheta di mettere le mani sul «Terzo Valico», il cantiere legato alla linea ad Alta Velocità Tortona – Novi Ligure – Genova. Un’opera da più di sei miliardi di euro.
Il blitz, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, si era chiuso con una quarantina di arresti, volti noti dell’imprenditoria e della politica, ligure e nazionale.
Ma leggendo le 624 pagine dell’ordinanza, firmata dal Giudice per le indagini preliminari Cinzia Perroni, una serie di passaggi ci hanno fatto capire, ancora una volta, che parlare di ‘ndrangheta nel nord Italia significa parlare di Chivasso.
E’ un cancro, che sembra impossibile da sconfiggere nonostante le due operazioni dei carabinieri, Minotauro e Colpo di Coda, che hanno inferto un colpo durissimo alle «locali» attive nel nostro territorio. Per rimanere nel campo mitologico sembra quasi di avere a che fare con un’Idra: se tagli una testa, ne ricrescono due.
Tornando all’ordinanza, a un certo punto due indagati, Giampiero De Michelis e Domenico Gallo, portano avanti «il piano criminoso volto a bloccare le forniture della ditta “Allara” alla “Oberosler”, per consentire il subentro in tali forniture di imprese riconducibili a Gallo, nonostante De Michelis avesse perduto l’incarico di direttore dei lavori». Fatta questa premessa, si arriva al furgone notato mentre seguiva i camion della Allara, riconducibile, e qui viene il bello «Ai calabresi di Asti e di Chivasso».
«E’ successo questo – si legge nella trascrizione di un’intercettazione – io ho dei miei trasportatori che sono quelli che ho anche a Torino, che uso e che conoscono anche questa gentaglia qua. Li conoscono perché ci stanno alla larga, e hanno visto che c’era un furgone che seguiva questi camion. Mi sono fatto dare nome e cognome di questa ditta, ho chiamato il mio responsabile a Torino».
Poco dopo, lo stesso imprenditore aveva segnalato il furto di due mezzi da cantiere e il danneggiamento di altri due: «Questi qua si sono smontati tutto: comunque la faccio corta. Quattro macchine, quattro bilici, mezzi d’opera. (…) Comunque questo furgone che girava dietro non è un caso: sono i calabresi di Chivasso e sono collegati con questo».
La domanda, ora, è una sola: chi sono questi calabresi di Chivasso?
Fonte: nuovaperiferia.it
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