di Rocco Muscari 11/12/2016 – I clan gioiosani in affari con i Grande Aracri di Cutro
L’inchiesta della Dda di Bologna potrebbe entrare agli atti del processo “Morsa sugli appalti”. Interessi degli Ursino e Belfiore in Piemonte su una fornitura di piastrelle rubate, e persino il pagamento di un debito effettuato con… una nave da 3 milioni di euro.
Le indagini sui presunti affari illeciti della consorteria “Ursino” di Gioiosa Jonica nel Nord Italia sono al centro degli atti dell’indagine denominata “Æmilia”, per i quali il pm Antonio De Bernardo ha chiesto, nei giorni scorsi, l’acquisizione al processo “Morsa sugli appalti pubblici”.
Dagli atti in questione, frutto di un’indagine dei carabinieri con il coordinamento della Dda di Bologna, sembrano emergere degli elementi investigativi dai quali di desumerebbero rapporti tra la consorteria di Cutro del sodalizio “Grande Aracri” e le sue propaggini emiliane con esponenti “autorevoli” delle cosche originarie di Gioiosa Jonica denominate “Ursino” e “Belfiore”, operanti in Piemonte.
Una vicenda che ha interessato l’indagine è quella relativa all’«affare delle piastrelle»: si tratta dell’acquisizione da parte della consorteria “emiliana” di una considerevole fornitura di piastrelle dalla verosimile provenienza illecita. La questione è dettagliatamente argomentata nell’informativa «ed assume contorni dall’assoluta valenza investigativa, poiché coinvolge l’intera organizzazione attraverso l’implicazione di numerosi affiliati stanziati nelle rispettive zone geografiche di influenza».
In sintesi, come riportato anche nel capo di imputazione, intorno al maggio del 2012 alcuni soggetti, in concorso tra loro, ricevevano – «al fine di trarne profitto e con modalità e forme tali da ostacolare l’individuazione della provenienza delittuosa dei beni, consapevoli della loro provenienza dal delitto di appropriazione indebita aggravata commessa dai legali rappresentati ed amministratori di una società del mantovano in liquidazione» –un quantitativo pari a circa 60 mila metri quadrati di piastrelle, parzialmente identificato nei seguenti tipi: da esterno; Socec; Couch Soleil; Rivestimento bianco lucido; Oasis di diverse tinte (salmone, sabbia, nero, cielo, acqua); Duraker piscine antisdrucciolo; Tozz. Su rete 5×5; Rivestimento CRI; R 28 artico pavimento. La presupposta appropriazione sarebbe avvenuta in fasi progressive, e secondo un accordo intervenuto tra tutti i protagonisti, all’esito del quale veniva decisa la materiale apprensione dei beni prima in Emilia e quindi in Calabria. Con la cessione finale di parte delle piastrelle da parte di appartenenti alla ‘ndrina emiliana a cosche ‘ndranghetistiche calabresi, in particolare a quelle di Cutro e di Gioiosa Jonica, nonché mantenendo una parte a disposizione della stessa ‘ndrina emiliana.
Per quanto riguarda il “gruppo gioiosano”, sarebbe stata favorita l’acquisizione delle mattonelle da parte di un soggetto ritenuto legato «alla ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica”, il quale avrebbe ricevuto una considerevole parte delle piastrelle in argomento, stimabile in circa 24 mila metri quadri».
Nel contesto dell’indagine “Æmilia” si inserisce anche un accordo tra la consorteria ‘ndranghetistica emiliana e quella torinese, che avrebbe registrato l’intervento di soggetti apicali dei gruppi cutrese e gioiosano, i quali concordemente stabilivano che un debito preesistente in capo a tale Bolognino, nei confronti di “gioiosani” fosse estinto mediante la cessione di una nave da diporto.
Secondo l’ipotesi degli investigatori, la nave in questione, modello “Maiora 31”, della lunghezza 31,60 metri, del valore di 3 milioni e 300 mila euro, anche questa proveniente da un’appropriazione indebita, sarebbe stata occultata ed esportata all’estero, prima in Croazia e poi in Ucraina, al fine di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa e, per la quale alcuni soggetti si sarebbero attivati per farla acquistare a terzi al prezzo di circa 800-900 mila euro «da dividersi tra i complici».
L’operazione “Aemilia” risale al gennaio dello scorso anno: le oltre mille pagine dell’ordinanza del gip di Bologna Alberto Ziroldi portarono all’arresto di 116 persone (86 in carcere, 30 ai domiciliari). Secondo gli investigatori, una presunta ‘ndrina emiliana, emanazione della cosca Grande Aracri di Cutro, avrebbe giocato anche un ruolo politico, sostenendo alcuni candidati alle elezioni comunali in vari comuni, tra cui Parma (nel 2007 e nel 2012).
Nicolino Grande Aracri avrebbe creato una nuova “provincia” di ‘ndrangheta, che avrebbe unito i “locali” sparsi tra Crotone, Catanzaro, Vibo Valentia e Cosenza, del tutto simile a quella già attiva in provincia di Reggio Calabria. E con contatti, si è appreso, anche con i clan della Locride attivi nel Nord Italia.