Molti cittadini non conoscono nel dettaglio le modifiche che verranno introdotte dalla riforma costituzionale qualora venisse approvata nel referendum del 4 dicembre.
Internazionale, come sempre, aiuta a fare chiarezza. Per questo pubblichiamo un lungo articolo del settimanale, fondamentale per chiarire eventuali dubbi dei lettori.
Il 4 dicembre 2016, dalle 7 alle 23, gli italiani andranno a votare al referendum per approvare o respingere la riforma della carta costituzionale promossa dal governo. La riforma è chiamata anche “legge Boschi”, dal nome della ministra per le riforme costituzionali Maria Elena Boschi, che ha firmato la proposta di riforma insieme al presidente del consiglio. La legge implica modifiche importanti all’assetto delle istituzioni – come il superamento del bicameralismo perfetto e la riforma del titolo V – ed è stata approvata tre volte da camera e senato (due volte con lo stesso testo) e ora sarà sottoposta alla volontà popolare, su richiesta di cittadini e parlamentari, come previsto dall’articolo 138 della costituzione.
Nel referendum costituzionale (a differenza di quello abrogativo) non è previsto un quorum: la validità della consultazione, cioè, non dipende da quante persone voteranno. Il risultato sarà valido qualunque sia la partecipazione al voto.
Il procedimento di approvazione della legge è cominciato nell’aprile del 2014 con un testo che nel corso della discussione in aula è stato modificato sia dalla camera sia dal senato. La riforma riguarda più di un terzo degli articoli della costituzione (47 su 135) ed è la più vasta dal 1948, quando la costituzione italiana è entrata in vigore.
1. Cosa chiede il quesito referendario? Il quesito referendario che sarà stampato sulle schede elettorali dice: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della costituzione?”.
La posizione del no Il testo del quesito referendario è stato criticato perché secondo alcuni sarebbe implicitamente favorevole all’approvazione della riforma (al fronte del sì). Per questo il 5 ottobre alcuni partiti (Sinistra italiana e Movimento 5 stelle) hanno presentato un ricorso al tribunale amministrativo del Lazio accusando chi ha scritto il quesito di aver “fatto uno spot pubblicitario per il governo”. Secondo chi ha presentato il ricorso, il quesito avrebbe dovuto indicare tutti gli articoli che saranno modificati dalla riforma, senza tralasciare temi come la riforma dell’elezione del presidente della repubblica. Inoltre la scheda “riporta impropriamente anche una presunta finalità della legge: il cosiddetto contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni”, di cui non si parla nelle norme revisionate e che potrebbe “semmai essere una conseguenza, neppure certa e comunque irrisoria”, delle modifiche. Nel ricorso si chiede di ritirare il decreto del presidente della repubblica con cui si annuncia il referendum.
La posizione del sì Per rispondere alle critiche sul quesito, il presidente della repubblica e il governo hanno ricordato che “il quesito è stato valutato e ammesso” dalla corte di cassazione e “riproduce il titolo della legge quale approvato dal parlamento”.
2. Quali sono le principali modifiche introdotte dalla riforma? I cambiamenti sostanziali introdotti dalla riforma riguardano: il superamento del bicameralismo perfetto o paritario, il numero dei senatori, i loro compiti e il modo in cui sono eletti, l’attribuzione esclusivamente alla camera dei deputati del compito di esprimere la fiducia nei confronti del governo, l’attribuzione dell’attività legislativa quasi interamente alla camera, cambiamenti nella procedura di elezione del presidente della repubblica, modifiche ai rapporti tra stato e regioni delineati dal titolo V, in particolare per le competenze legislative, l’eliminazione del riferimento alle province, l’abolizione del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), alcune modifiche nella modalità di presentazione delle leggi d’iniziativa popolare e dei referendum abrogativi.
La posizione del no La riforma è vasta e caotica e ha l’effetto di indebolire alcuni poteri di garanzia, come quello del senato, a favore di un rafforzamento del potere esecutivo. Un rischio che si aggrava se si considera il legame tra la legge elettorale Italicum e la riforma costituzionale, che amplifica la concentrazione del potere nella figura del capo del governo e indebolisce l’autonomia delle istituzioni di garanzia. Inoltre, l’attuale parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale (legge Calderoli) non sarebbe legittimato a portare a termine una riforma così profonda del sistema istituzionale.
La posizione del sì Gran parte della costituzione non sarà modificata. In particolare, non sono in discussione i princìpi fondamentali (articoli 1-12) né la prima parte della costituzione sui diritti e i doveri dei cittadini (articoli 13-54). Le modifiche riguardano solo la seconda parte della costituzione, che disciplina gli assetti istituzionali e che anche secondo chi fece parte dell’assemblea costituente (1946-1948) avrebbe potuto essere in parte ripensata. I cambiamenti porteranno a una maggiore governabilità e a una razionalizzazione dei costi della macchina dello stato.
3. Che cos’è il bicameralismo perfetto, e come cambia? Il bicameralismo perfetto è un sistema parlamentare in cui due camere hanno gli stessi poteri. Nel sistema italiano tutte le leggi, sia ordinarie sia costituzionali, devono essere approvate dalla camera dei deputati e dal senato. Anche la fiducia al governo deve essere concessa sia dai deputati sia dai senatori. Con la riforma, invece, la camera dei deputati diventa l’unico organo eletto dai cittadini a suffragio universale diretto e l’unica assemblea che dovrà accordare la fiducia al governo, approvare le leggi di bilancio e nella stragrande maggioranza dei casi le leggi ordinarie. I rami del parlamento restano due (camera dei deputati e senato della repubblica), ma avranno funzioni diverse.
La posizione del no Concedendo solo alla camera dei deputati la possibilità di votare la fiducia si elimina il controllo del senato sul governo senza inserire altri contrappesi democratici al potere esecutivo. Inoltre, poiché le leggi proposte dal governo avranno una corsia preferenziale per essere esaminate più rapidamente, c’è il rischio che aumenti eccessivamente il potere del presidente del consiglio.
La posizione del sì Il governo sarà più stabile perché non dovrà chiedere il voto di fiducia a entrambe le camere, l’approvazione delle leggi sarà più rapida e i costi di gestione delle istituzioni diminuiranno.
4. Che poteri avrà il nuovo senato? I senatori parteciperanno, come oggi, all’elezione del presidente della repubblica, dei componenti del consiglio superiore della magistratura e dei giudici della corte costituzionale. Ma la funzione principale del senato sarà quella di raccordo tra lo stato, le regioni e i comuni, una funzione svolta oggi dalla Conferenza stato-regioni. Al senato sarà attribuita anche la [nuova] funzione di valutare le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni.
Solo per alcuni tipi di legge servirà l’approvazione di entrambi i rami del parlamento: le leggi costituzionali, le leggi sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione delle politiche europee, le leggi sull’elezione del senato e quelle che incidono direttamente sull’ordinamento di regioni, comuni e città metropolitane. Per tutte le altre leggi, la funzione legislativa spetterà solo alla camera. I disegni di legge all’esame della camera saranno comunque trasmessi al senato, che avrà la possibilità di proporre delle modifiche, ma solo [se] entro dieci giorni e su richiesta di almeno un terzo dei senatori. Le modifiche dovranno essere approvate dalla maggioranza dei senatori.
La posizione del no Con la riforma si crea un numero ancora indefinito di procedure legislative alternative (secondo alcuni sette, secondo altri nove, secondo altri ancora dieci o undici) che creeranno confusione e conflitti tra i due rami del parlamento. Inoltre, visto che la riforma rinvia a una futura legge ordinaria che regolerà il sistema di elezione dei senatori e il funzionamento del senato, è impossibile farsi un’idea concreta di come funzionerà il nuovo senato.
La posizione del sì L’approvazione delle leggi sarà più rapida, la maggior parte delle leggi potrà entrare in vigore undici giorni dopo essere stata approvata dalla camera. Il senato rappresenterà di più le autonomie territoriali e farà da raccordo tra le regioni e lo stato.
5. Da chi sarà formato il nuovo senato? Il senato diventa un organo rappresentativo delle autonomie regionali composto da cento senatori (invece dei 315 attuali), che non saranno eletti direttamente dai cittadini, ma dai consigli regionali e dal presidente della repubblica. I consigli regionali sceglieranno 95 senatori, nominando con metodo proporzionale 21 sindaci (uno per regione, escluso il Trentino-Alto Adige che ne nominerà due) e 74 consiglieri regionali (minimo due per regione, in proporzione alla popolazione e ai voti ottenuti dai partiti). Questi senatori resteranno in carica per la durata del consiglio regionale che li avrà eletti.
Il presidente della repubblica nominerà cinque senatori, che rimarranno in carica sette anni. La carica di senatore a vita rimarrà solo per gli ex presidenti della repubblica. I cinque senatori a vita attuali (Giorgio Napolitano, Mario Monti, Carlo Rubbia, Renzo Piano ed Elena Cattaneo) resteranno in carica ma non saranno sostituiti. I senatori non saranno più pagati dal senato, ma percepiranno solo lo stipendio da amministratori locali.
La posizione del no I senatori non lavoreranno a tempo pieno in senato perché nel resto del tempo dovranno svolgere il loro lavoro nelle istituzioni di appartenenza.
La posizione del sì L’incarico da consigliere regionale non è così impegnativo da impedire il lavoro in senato. Inoltre si risparmierà sui costi del senato perché i consiglieri regionali e sindaci hanno già un compenso. I senatori nominati dal presidente della repubblica non percepiranno indennità.
6. Come saranno scelti i senatori? Ogni consiglio regionale dovrà eleggere un senatore tra i sindaci dei comuni della regione: ci saranno quindi 21 senatori-sindaci. Gli altri senatori saranno eletti dai consigli regionali tra i loro componenti con metodo proporzionale “in conformità alle scelte espresse dagli elettori” in occasione del rinnovo del consiglio regionale. A ciascuna regione spetterà un numero di seggi in proporzione alla popolazione, secondo l’ultimo censimento generale, ma con un minimo di due. A ciascuna delle province autonome di Trento e Bolzano spettano due senatori.
Una legge elettorale per il senato, che sarà adottata dopo l’entrata in vigore della riforma e dovrà essere approvata sia dalla camera sia dal senato, spiegherà in dettaglio come si sceglieranno i senatori. Il contenuto di questa legge è ancora da definire. In occasione della prima formazione del senato, i componenti saranno nominati dai consigli regionali in carica. I senatori non saranno rinnovati contemporaneamente, ma saranno rinnovati in corrispondenza con le elezioni dei singoli consigli regionali. La durata del mandato dei senatori coinciderà con quella dei consigli regionali che li hanno eletti. Per diventare senatori non sarà più necessario aver compiuto quarant’anni. Il nuovo senato andrà a regime quando tutti i consigli regionali saranno stati rinnovati (nel 2022).
La posizione del no I criteri di selezione dei senatori non sono trasparenti e si rinuncia alla loro elezione a suffragio universale, danneggiando il rapporto diretto con gli elettori.
La posizione del sì Saranno più rappresentate le autonomie regionali.
6. Come cambierà l’elezione del presidente della repubblica? All’elezione del presidente della repubblica non parteciperanno più i delegati regionali, ma solo le camere in seduta comune. Sarà necessaria la maggioranza dei due terzi dei parlamentari fino al quarto scrutinio, poi basteranno i tre quinti. Dal settimo scrutinio servirà la maggioranza dei tre quinti dei votanti (oggi è necessario ottenere i due terzi dei voti di camera, senato e delegati regionali in seduta congiunta fino al terzo scrutinio; dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta dell’assemblea).
La posizione del no La riduzione a cento dei senatori porta uno squilibrio tra le due camere, quella eletta con l’Italicum e quella invece scelta nei consigli regionali, con il rischio che l’elezione del capo dello stato finisca nella sfera d’influenza del governo e del presidente del consiglio. Con l’introduzione di una maggioranza qualificata al settimo scrutinio che tiene conto del numero dei votanti e non di tutti i parlamentari, c’è il rischio che il capo dello stato sia eletto da un piccolo gruppo di parlamentari.
La posizione del sì Il presidente della repubblica mantiene i suoi poteri e il suo ruolo di garanzia. Il quorum per l’elezione è più alto rispetto alla procedura attuale, non scende sotto ai tre quinti dei votanti e di solito all’elezione del presidente della repubblica partecipa il 98 per cento degli aventi diritto, in questo caso quindi votanti e aventi diritto spesso coincidono. Inoltre neanche la forza politica che otterrà il premio di maggioranza alla camera garantito dal sistema elettorale (340 seggi) potrà eleggere da sola il presidente della repubblica (per il quale si può stimare che serviranno 425-435 voti).
7. Di cosa tratta il titolo V e come cambierà? Il titolo V della seconda parte della costituzione è dedicato agli enti territoriali: comuni, province, città metropolitane e regioni.
Nel 2001 è stato riformato da un governo di centrosinistra con una legge che ha introdotto alcune correzioni federaliste alla costituzione. Quella legge elenca le materie di competenza esclusiva dello stato e le materie di competenza sia dello stato sia delle regioni, quindi stabilisce che su tutte le materie non elencate la competenza spetta alle regioni. Ma la norma non ha fatto chiarezza su alcuni temi e ci sono stati molti ricorsi alla corte costituzionale per conflitti di competenza tra stato e regioni.
La principale modifica proposta dalla legge Boschi è la revisione delle competenze legislative di stato e regioni, la soppressione della cosiddetta competenza concorrente, cioè della sovrapposizione di competenze tra stato e regioni, e l’introduzione di una “clausola di supremazia”, cioè del principio per cui, nei casi d’interesse nazionale, le decisioni dello stato prevalgono su quelle delle regioni. La riforma prevede anche l’abolizione delle province.
8. Quali materie torneranno di competenza esclusiva dello stato? Cosa cambierà nella pratica? Le materie che saranno di competenza esclusiva dello stato sono una ventina. Tra queste: la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionali dell’energia; le infrastrutture strategiche e le grandi reti di trasporto e di navigazione d’interesse nazionale e le relative norme di sicurezza; i porti e gli aeroporti civili di interesse nazionale e internazionale; il commercio con l’estero; l’adozione di disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali, per la sicurezza alimentare e il turismo; la tutela e sicurezza sul lavoro, le politiche attive del lavoro, l’ambiente e l’ecosistema; il sistema nazionale e il coordinamento della protezione civile; il coordinamento dell’uso delle tecnologie digitali nell’amministrazione statale, regionale e locale; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; l’adozione delle norme sui procedimenti amministrativi per assicurarne l’uniformità sul territorio nazionale.
La posizione del no Anche il testo della riforma lascia spazio a interpretazioni diverse sulle competenze di stato e regioni, quindi continueranno a esserci ricorsi alla corte costituzionale. Il problema si pone in particolare per le materie in cui la riforma prevede che lo stato stabilirà disposizioni generali e comuni, mentre l’attuazione spetterà alle regioni.
La posizione del sì Aumentando le competenze esclusive dello stato, il rischio di contenziosi diminuirà. Tanto più che la cosiddetta clausola di supremazia consentirà, su questioni specifiche, di far prevalere lo stato sulle regioni.
9. Cos’è il Cnel e perché con la riforma viene abolito? Il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) si occupa delle leggi sull’economia e sul lavoro. Ha il compito di fornire dei pareri su questi temi al governo e al parlamento, ma può anche proporre delle leggi. È uno degli “organi di rilievo costituzionale”, cioè un organo previsto dalla costituzione, ma non essenziale al funzionamento dello stato. Per questo può essere abolito da una riforma. La legge Boschi prevede la sua soppressione perché ritiene che i costi del Cnel siano ingiustificati.
10. Qual è il rapporto di questa riforma con la legge elettorale Italicum? Il referendum non riguarda la legge elettorale Italicum, che è in vigore dal 1 luglio 2016. Ma l’Italicum è stato pensato in previsione della riforma costituzionale, per questo regola solo l’elezione dei deputati.
Molti sostengono che l’Italicum e la riforma costituzionale messi insieme attribuiscono poteri molto forti al governo e al presidente del consiglio. E la riforma rafforza la legge elettorale, perché attribuisce solo alla camera dei deputati la possibilità di accordare la fiducia al governo.
È in corso un dibattito sull’opportunità di modificare l’Italicum, che attribuisce un ampio premio di maggioranza (340 seggi su 630) alla lista che ottiene almeno il 40 per cento dei voti al primo turno o vince al secondo turno.
La posizione del no La combinazione di Italicum e riforma costituzionale rafforza eccessivamente l’esecutivo e indebolisce le funzioni di indirizzo politico del parlamento.
La posizione del sì Le due riforme garantiranno maggiore governabilità e un meccanismo di approvazione delle leggi più snello. La riforma costituzionale garantirà questo effetto con qualsiasi legge elettorale.
Le domande dei lettori Cosa succede con le regioni a statuto speciale? (Matteo Macuglia, Friuli Venezia Giulia)
La revisione del titolo V introdotta da questa riforma non si applica alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano, la disciplina della cui autonomia sta negli statuti, a loro volta varati con legge costituzionale. È previsto che questi statuti siano riformati in futuro sulla base di intese con le regioni interessate. Questa scelta conferma la differenza netta tra il quadro costituzionale che si applica alle regioni a statuto ordinario e quelle a statuto speciale.
Come votano i fuorisede? (Giovanni Martino, Torino)
I fuorisede potranno votare solo nel proprio comune di residenza. Ma in passato i comitati e i partiti hanno aiutato alcuni fuorisede a votare iscrivendoli come rappresentanti di lista, in modo da consentirgli il voto nel seggio che rappresentavano. Diversamente dal passato c’è il voto a distanza per coloro che sono all’estero per almeno tre mesi (come gli studenti Erasmus).
Se il referendum sarà approvato, sarà vincolante per i prossimi trent’anni? (Roberto Perna)
No, il parlamento può approvare una riforma costituzionale e modificare di nuovo gli articoli della costituzione modificati dalla riforma. Come previsto dall’articolo 138 della costituzione (non modificato dalla riforma) ogni legge costituzionale dovrà essere approvata per due volte sia dalla camera dei deputati sia dal senato (che per le leggi costituzionali mantiene la sua funzione legislativa) e poi potrà essere sottoposta al referendum costituzionale se ne fanno richiesta i cittadini o i parlamentari. La riforma costituzionale, approvata nel 2001, riguardava il titolo V e ora è modificata di nuovo dalla riforma oggetto di questo referendum.
Quanto costerà il nuovo senato rispetto a quello attuale? (Massimiliano Fusillo)
In un’interrogazione a risposta orale depositata all’inizio di giugno dal capogruppo di Sinistra italiana Arturo Scotto è stato chiesto alla ministra Maria Elena Boschi quanto si risparmierà con la riforma costituzionale. L’8 giugno Boschi ha risposto all’interrogazione affermando che si risparmieranno in totale 490 milioni di euro all’anno: 80 milioni dalle indennità parlamentari dei senatori, 70 milioni dal funzionamento delle commissioni e dai rimborsi ai gruppi di palazzo Madama, 320 milioni dal superamento delle province e 20 milioni dalla soppressione del Cnel.
Secondo un documento del 28 ottobre del 2014 prodotto dalla ragioneria di stato e riportato dal Fatto quotidiano, i risparmi certi per la finanza pubblica ammonterebbero a 57,7 milioni di euro, mentre le spese per il senato diminuiranno del 9 per cento. Secondo La Stampa, ci sono delle spese che non possono essere azzerate come le pensioni degli ex senatori (80 milioni di euro), il costo del personale (151 milioni di euro) e le pensioni degli ex dipendenti (120 milioni di euro). In risposta a Boschi, il senatore di Forza Italia, Lucio Malan, ha pubblicato un documento di sei pagine: “Le cifre vere e quelle false di Maria Elena Boschi”. Secondo Malan, si risparmierebbe in tutto poco più di 50 milioni all’anno. Dalle indennità e dai rimborsi dei senatori, secondo Malan, si risparmierebbero poco più di 42 milioni (il 53 per cento), e appena 5,5 dai costi per i gruppi parlamentari e le commissioni.
Se le competenze in materia di trasporti passeranno allo stato quest’ultimo potrà anche indire gare di appalto per la privatizzazione del servizio scavalcando quindi comune e regione? (Ermanno Crotto, Torino)
No, nel caso di trasporto pubblico locale che non ha rilevanza sul sistema di trasporti nazionali la competenza rimarrà agli enti locali. Nelle competenze esclusive delle regioni secondo la riforma costituzionale rientra anche la pianificazione del territorio regionale e la mobilità al suo interno.
Il fatto che i senatori siano eletti dai consigli regionali (su base regionale) non direttamente dai cittadini non è in contrasto con l’articolo 1 della costituzione quando dice che “la sovranità appartiene al popolo”? (Francesco Ravveduto)
Per il fronte del no questo è uno dei principali punti di scontro con i sostenitori della riforma. Il costituzionalista Luigi Ferrajoli ha scritto su Libertà e giustizia: “La seconda camera non è affatto abolita, ma sarà sostituita da un senato eletto non dai cittadini, come vorrebbe il principio della sovranità popolare, ma dai consigli regionali ‘in conformità’ – non è chiaro in quali forme e grado – ‘alle scelte espresse dagli elettori’. Ugo De Siervo, ex presidente della corte costituzionale, in un’intervista a Giurisprudenza penale ha scritto: “Il testo di revisione costituzionale non abolisce il senato, ma tenta assai confusamente di configurarlo come camera rappresentativa delle autonomie territoriali: ma non solo i 5 senatori di nomina presidenziale e gli ex presidenti della repubblica sono del tutto estranei a questa caratterizzazione, ma i 74 consiglieri regionali ed i 21 sindaci che ne dovrebbero far parte non sono eletti dalle popolazioni interessate, né hanno particolari qualificazioni. Dovrebbero, invece, essere semplicemente scelti dai diversi consigli regionali proporzionalmente ai diversi gruppi: si conferma così la discutibile tendenza alla formazione di organi politici di secondo livello (si pensi agli organi delle città metropolitane e delle ex province), che certo riduce non poco i poteri di influenza del corpo elettorale”.
Il fronte del sì difende la legittimità costituzionale della riforma. L’ex ministro Franco Bassanini spiega a Internazionale: “In molti paesi democratici (basati tutti sul principio della sovranità popolare) la seconda camera è eletta in secondo grado: vedi per esempio il senato francese e il Bundesrat tedesco. In secondo grado vuol dire che sono gli eletti locali che, a loro volta, eleggono i membri di queste camere. Il fondamento è sempre la sovranità popolare, che il popolo ‘esercita’, come dice l’articolo 1, ‘nelle forme e nei limiti della costituzione’. Nel caso della riforma italiana non si tratterrà neppure di una vera elezione di secondo grado, perché la riforma prevede che i senatori siano eletti dai consigli regionali ‘in conformità delle scelte degli elettori’. Il metodo di elezione del senato, in concreto, sarà deciso da una legge che sarà approvata dal parlamento se nel referendum la riforma costituzionale sarà approvata.
Ma l’ipotesi più probabile (ricordata da Renzi nel corso dell’ultima riunione della direzione del Pd) è che, al momento dell’elezione di ciascun consiglio regionale, gli elettori abbiano due schede: con la prima gli elettori sceglieranno i consiglieri regionali che rappresenteranno la regione nel senato (dunque quelli che avranno il doppio ruolo di consiglieri regionali e senatori della repubblica), con la seconda sceglieranno tutti gli altri consiglieri regionali (che, a differenza dei primi, potranno far parte della giunta regionale, presiedere il consiglio o le sue commissioni, ma non potranno rappresentare la regione in senato). Se sarà questo il metodo di elezione, il senato sarà in realtà eletto direttamente dai cittadini, per la sua grande maggioranza: su 100 senatori infatti solo i 21 sindaci (uno per regione) e i 5 nominati dal presidente della repubblica saranno eletti in secondo grado”.
È vero che se vince il sì il presidente del consiglio viene eletto direttamente dalla camera dei deputati? (Andrea Andolfi)
No, l’articolo 92 e 93 della costituzione che regolano la nomina del presidente del consiglio non vengono modificati dalla riforma Boschi. Il presidente del consiglio in Italia viene nominato dal presidente della repubblica dopo aver consultato i rappresentanti dei partiti politici e i presidenti delle camere. Quello che viene modificato è l’articolo 94 della costituzione, cioè quello che riguarda il voto di fiducia. Mentre ora la fiducia al governo deve essere votata dalla camera dei deputati e dal senato, con la riforma costituzionale la fiducia al governo dovrà essere votata solo dalla camera dei deputati.
Volevo sapere se c’è un sito dove si possa leggere tutte le modifiche articolo per articolo? (Pietro Fabris)
Qui il testo della costituzione con le modifiche apportate dalla riforma Boschi.
I senatori-sindaci e senatori-consiglieri godranno dell’immunità parlamentare? Se sì, potranno essere immuni anche per reati commessi nell’esercizio delle funzioni di sindaco/consigliere? (Roberta Capuano)
L’articolo 68 che riguarda l’immunità dei parlamentari non viene modificato dalla riforma, quindi i senatori (sindaci e consiglieri) godranno dell’immunità parlamentare come previsto dalla costituzione: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della camera alla quale appartiene, nessun membro del parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”.
Che fine faranno gli ex senatori in esubero?
I senatori dell’attuale legislatura rimarranno in carica fino alle prossime elezioni e gli attuali senatori a vita rimarranno al loro posto, ma al termine del loro mandato non saranno sostituiti.
All’articolo 59 della costituzione, il secondo comma è sostituito dal seguente: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati”. Non si parla quindi di un numero di cinque come nel vostro articolo. È corretta questa interpretazione?
La riforma Boschi prevede che l’articolo 57 sia riformato in questo modo: “Il senato della repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica”. È in questo articolo della costituzione che è indicato il numero di cinque senatori nominati dal presidente della repubblica.
Con quale legge elettorale andremo a votare, se al referendum costituzionale vince il sì, ma al – probabile – referendum sull’Italicum vince il no?
Se al referendum costituzionale vincesse il sì alle prossime elezioni si andrà a votare con la legge cosiddetta Italicum, che è entrata in vigore nel luglio del 2016. Se al referendum costituzionale vincesse il no e si andasse a votare senza cambiare la legge elettorale Italicum, si voterebbe con l’Italicum per la camera dei deputati e con la legge elettorale Consultellum (cioè la legge elettorale proporzionale risultante dalla sentenza della corte costituzionale che ha abrogato alcune parti della legge elettorale Calderoli, meglio nota come Porcellum) al senato. La proposta di indire un referendum abrogativo sulla legge elettorale (Italicum) presentato dal partito Possibile nel settembre del 2015 non ha raggiunto le 500mila firme necessarie, quindi per il momento non si andrà a votare per abrogare la legge elettorale.
Mettiamo il caso che il governo decida di mettere la fiducia su una legge ricadente in una di queste tipologie; dato che il senato non è vincolato ad accordare la fiducia, potrebbe (per ipotesi) non approvare tale legge, pur essendo essa stata approvata con voto di fiducia da parte della camera… quindi il governo potrebbe in teoria ritrovarsi a non riuscire a far passare una legge pur avendo ottenuto la fiducia dalla camera? (Paolo Burato)
No, perché il senato può proporre e approvare delle modifiche a una legge, ma le eventuali modifiche proposte dal senato devono essere approvate in un secondo tempo dalla camera.
Cosa implicano le modifiche nella modalità di presentazione delle leggi d’iniziativa popolare e dei referendum abrogativi? (Luca Gammarota)
Il quorum che rende valido il risultato di un referendum abrogativo resta sempre del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto, ma se i cittadini che propongono la consultazione sono 800mila, invece che 500mila, il quorum sarà ridotto: basterà che vada a votare il 50 per cento più uno dei votanti alle ultime elezioni politiche, non il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Per proporre una legge d’iniziativa popolare non saranno più sufficienti 50mila firme, ma ne serviranno 150mila.
Nel caso in cui nella durata della carica del senato, decadano uno o più consiglieri regionali o sindaci facenti parte di esso, come avviene la sostituzione? (Simone Silvestri)
Una legge elettorale per il senato, che sarà adottata dopo l’entrata in vigore della riforma e dovrà essere approvata sia dalla camera sia dal senato, spiegherà in dettaglio come si sceglieranno i senatori. Il contenuto di questa legge è ancora da definire. In occasione della prima formazione del senato, i componenti saranno nominati dai consigli regionali in carica. I senatori non saranno rinnovati contemporaneamente, ma saranno rinnovati in corrispondenza con le elezioni dei singoli consigli regionali. La durata del mandato dei senatori coinciderà con quella dei consigli regionali che li hanno eletti, alla scadenza del mandato da consiglieri decadrà anche il mandato da senatori. I senatori saranno sostituiti con i nuovi consiglieri eletti alle elezioni regionali.
Cosa si intende per procedure legislative alternative? Questa riforma, riportando molte funzioni dalle regioni allo stato, non va in una direzione opposta alla precedente correzioni federaliste alla costituzione? I consiglieri che saranno indicati per andare in senato non percepiranno indennizzo per questa carica. Invece sulle spese vive di questo loro impegno? (Gabriele P.)
Le procedure legislative sono i procedimenti per l’approvazione delle leggi, che al momento sono di un solo tipo (lo stesso testo deve essere approvato nella stessa formulazione sia dalla camera sia dal senato). Si parla di procedure legislative alternative perché con la riforma (in particolare dell’articolo 70)il senato parteciperà alla funzione legislativa in diversi modi, a seconda del tipo di leggi da approvare. Non è ancora chiaro quante funzioni legislative alternative sono state introdotte dalla riforma e su questo c’è discussione tra gli esperti (secondo alcuni sette, secondo altri nove, secondo altri ancora dieci o undici). Questa riforma in effetti corregge in senso centralista la riforma costituzionale del 2001. I senatori non percepiranno indennizzo, ma riceveranno dei rimborsi spesi per i costi sostenuti per il loro impegno.
Molti dettagli non sono spiegati, sarei curioso di sapere cosa prevede la soppressione delle province e come si prospetta la nuova gestione? (Simone Pardini)
Con l’attuale riforma del titolo V saranno abolite le province, le cui funzioni erano già state riformate dalla legge 56/2014 (legge Delrio). In particolare la riforma dell’articolo 114 prevede che le province non siano più menzionate nella costituzione. Infatti nel nuovo articolo è scritto: “La repubblica è costituita dai comuni, dalle città metropolitane, dalle regioni”. Le città metropolitane prendono di fatto il posto delle province, le cui funzioni sono state distribuite tra comuni, regioni e città metropolitane. Le giunte delle città metropolitane non saranno più elette dai cittadini. Il sindaco delle città metropolitane coincide con il sindaco del comune capoluogo. Il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da: 24 consiglieri nelle città metropolitane con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti, 18 consiglieri nelle città metropolitane con popolazione superiore a 800mila persone e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti, 14 consiglieri nelle città con popolazione inferiore a 800mila abitanti. Il consiglio metropolitano dura in carica cinque anni. In caso di rinnovo del consiglio del comune che è capoluogo, si procede a nuove elezioni del consiglio metropolitano entro sessanta giorni.