Lanzetta sgradita al clan Ruga, quanto emerge dalle intercettazioni

Lanzetta sgradita al clan Ruga, quanto emerge dalle intercettazioni

Fonte: www.ildispaccio.it
Di Claudio Cordova

Nel 2011 ha ucciso il fratello Andrea. Lo ha soffocato con un cuscino per togliergli dalle mani lo scettro della ‘ndrina egemone su Monasterace, centro al confine tra le province di Reggio Calabria e Catanzaro. Da quel momento in poi, siamo nel gennaio 2011, Giuseppe Cosimo Ruga avrebbe controllato ogni singolo respiro di quel luogo. E’ lo spaccato che emerge dall’indagine “Confine 2”, con cui la Dda di Reggio Calabria è andata a colpire il cartello Ruga-Gallace-Leuzzi: 14 arresti (9 in carcere e cinque ai domiciliari) operati dai Carabinieri di Reggio Calabria nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, danneggiamento, rapina, estorsione, detenzione e porto illegale di armi, lesioni personali, intestazione fittizia di beni, delitti tutti aggravati dalla circostanza dell’agevolazione mafiosa della cosca Ruga, nonché detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione odierna può considerarsi la prosecuzione dell’attività investigativa “Confine !” condotta nello stesso ambito territoriale, ed avviata nel settembre 2009, a seguito di un agguato di tipo mafioso avvenuto a Riace (RC) ai danni di Damiano Vallelunga (assassinato a colpi di fucile e pistola), considerato capo indiscusso della “cosca dei viperai” radicata nella zona delle Serre, omicidio che sancì l’avvio della c.d. “nuova faida dei boschi”. Una sanguinosa guerra di ‘ndrangheta che ha lasciato sul terreno circa 30 morti ammazzati e che ha visto contrapporsi i due schieramenti costituiti dalle famiglie Ruga-Metastasio-Vallelonga-Leuzzi, operanti nella Valle dello Stilaro (tra i comuni di Monasterace Camini e Stilo) e quella dei Vallelunga-Sia-Novella operanti nella zona delle serre catanzaresi, per accreditarsi il controllo del territorio. In quella prima fase, importanti furono le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Antonino Belnome, grazie alle quali è stato possibile avere indicazioni precise – provenienti proprio dall’interno del tessuto criminale di riferimento – che hanno portato, nell’agosto 2012, all’esecuzione di 16 arresti per associazione di tipo mafioso ed altro, consentendo così di disarticolare quella organizzazione criminale e di fermare la “faida tra cosche” allora in atto, al confine tra le province di Reggio e Catanzaro. Ora un nuovo importante passaggio investigativo. Elemento centrale, lui: Giuseppe Cosimo Ruga, uscito dal carcere dopo alcuni lustri, fratricida per riprendere il controllo della cosca, nel frattempo finito al fratello Andrea. Giuseppe Cosimo Ruga, una volta terminata la lunga detenzione e ritornato in libertà (lo stesso era stato tratto in arresto in data 26 marzo 1984 per porto illegale di armi e tentato omicidio aggravato – scarcerato il 22 ottobre 2010) aveva ripreso a pieno titolo le redini della cosca, decidendo quindi di eliminare il fratello Andrea (che durante la sua carcerazione aveva assunto il comando della cosca di ‘ndrangheta operante nell’alto jonio reggino), con il quale vi erano forti divergenze circa le modalità di gestione degli affari illeciti della cosca e che comunque era da questi visto quale suo antagonista al punto da ritenerlo capace di minarne il potere mafioso e di leaderschip.

operazione confine 2

Foto “Il dispaccio”

Un passato criminale da film, quello di Giuseppe Cosimo Ruga: tra il 1976 e il 1977 prima compie due attentati alle stazioni dei carabinieri di Monasterace e Riace superiore e poi è protagonista di un conflitto a fuoco con i militari dell’Arma di Roccella Jonica. Indagini, quelle coordinate dai pm Paolo Sirleo e Simona Ferraiuolo, che nascono dopo l’omicidio, ma che si intersecano con le intimidazioni subite dall’allora sindaco di Monasterace, Maria Carmela Lanzetta, poi divenuta ministro degli Affari Regionali. L’incendio incendio che ha distrutto la farmacia “Mazzone”, avvenuto il 26 giugno 2011 (esercizio di proprietà dell’allora Sindaco di Monasterace, Dott.ssa Maria Carmela Lanzetta, poi divenuta Ministro della Repubblica per gli Affari Regionale e le Autonomie Locali, dal febbraio 2014 al marzo 2015); esplosione di diversi colpi di arma da fuoco all’indirizzo della vettura di proprietà ed in uso alla sopra citata amministratrice pubblica, avvenuti a Monasterace in data 29 marzo 2012.
Atti che la Dda non contesta agli indagati, pur essendo emerso un contesto di astio del boss Ruga nei confronti dell’amministratrice pubblica. Il capomafia, nelle intercettazioni in carcere, critica aspramente la Lanzetta per il gran baccano fatto pubblicamente contro la criminalità organizzata, facendo anche riferimento alle modalità di raccolta del consenso elettorale a Monasterace. Le indagini hanno però consentito di accertare: che la vittoria della Lanzetta alle elezioni amministrative del Comune di Monasterace, svoltesi nella primavera del 2011, non era stata molto gradita dagli appartenenti alla cosca del luogo, tanto che anche in occasione di un colloquio in carcere tra il detenuto Loiero Nicola ed alcuni suoi familiari, la stessa era stata commentata sfavorevolmente; il particolare astio nei confronti della Lanzetta da parte di Giuseppe Cosimo Ruga (e di altri componenti del sodalizio), proprio in ragione degli “inquinamenti mafiosi” presenti sul territorio del comune di Monasterace, più volte denunciati dalla amministratrice. Tale astio si sarebbe poi manifestato con una campagna denigratoria via web svolta anche con l’apporto dello stesso Ruga. Dagli accertamenti, però, sarebbe emerso un controllo opprimente della cosca sulla vita cittadina. hanno consentito di ricostruire e delineare i ruoli degli indagati nonché attribuire singole responsabilità per l’esecuzione di diversi fatti delittuosi riconducibili, per la maggior parte, ad atti intimidatori posti in essere con la sola finalità di mantenere il controllo del territorio e assoggettarne gli abitanti. Lo spaccato che viene fuori dall’attività investigativa è di una collettività soggiogata e totalmente sottomessa dal potere mafioso di Ruga che controllava a Monasterace anche ogni iniziativa economica legale. Emblematica è stata la circostanza in cui un proprio sodale chiedeva al “boss” il permesso a che un terzo soggetto potesse vendere della carne al mercato settimanale del sabato, premurandosi di accertare che non “desse fastidio”, in termini di concorrenza a Ruga, accostando questi alla gestione del supermercato “Da Nino” oggi posto sotto sequestro. Anche con riguardo a quest’attività commerciale, sebbene formalmente intestata ad Antonio Franco, le indagini hanno consentito di accertare che lo stesso era solo un intestatario fittizio in quanto la vera gestione dell’esercizio era demandata a Giuseppe Cosimo Ruga, benché questi fosse assunto quale semplice dipendente. Il Supermercato, poi ceduto alla figlia di Ruga, costituiva il centro di comando da cui venivano impartiti ordini, disposizioni e direttive nonché luogo verso cui fare confluire tutte le comunicazioni e le informazioni d’interesse per la cosca. Il ruolo di vertice di Ruga, che lo stesso esercitava con particolare ferocia e spietatezza , era unanimemente riconosciuto anche da comuni cittadini, tanto che durante l’attività investigativa è emerso che talvolta, questi ultimi, avendo un problema da risolvere, preferivano rivolgersi allo stesso piuttosto che alle istituzioni preposte, tanto che il GIP, nell’ordinanza, parla di “antistato”. Questi episodi danno l’idea del grado e della forza d’incidenza del clan Ruga sul territorio in cui insisteva ed operava e dei compiti che gli venivano riconosciuti anche da chi, semplice cittadino, in quello stesso territorio vive e lavora. Emblematica è la vicenda, emersa dalle intercettazioni, che ha visto una donna del luogo chiedere aiuto al boss Ruga per alcuni problemi di natura sentimentale sorti con l’ex compagno di nazionalità rumena. La risposta non si fece attendere, infatti, poco dopo, l’uomo, unitamente ad altro connazionale, rimase vittima di un violento pestaggio ad opera di Antonio Leotta, Roberto De Masi e Maurizio Sorgiovanni, tutti intranei alla cosca Ruga. Ma anche rifiutare un “favore” ai sodali della cosca poteva costare caro, così come accaduto ad un artigiano del luogo, di professione meccanico che, non essendo andato in soccorso di tale Giorgio Vertolo, rimasto in panne con la propria vettura, si è visto irrompere nella propria officina tre appartenenti alla cosca Ruga che gli devastarono il locale nonché le vetture ivi ricoverate, arrecando così un danno di oltre 7.000 euro. E, ancora, l’intimidazione a una donna, per aver effettuato la spesa in un supermercato diverso da quello dello stesso boss Ruga. Si inquadra proprio qui la storia di denuncia, elogiata dal procuratore Federico Cafiero De Raho. A raccontare tutto agli inquirenti una donna del nord, trasferitasi in Calabria e finita nel mirino della ‘ndrangheta: “Il cittadino parla e con la propria famiglia difende i propri diritti – ha detto Cafiero De Raho – ma le denunce sono ancora troppo poche”.

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