Una sera di qualche anno fa, quando ero ancora bambino, raggiunsi mia madre in cucina per comunicarle, con tono orgoglioso e solenne, che avevo deciso cosa avrei voluto fare da grande: guadagnare tanti soldi da spendere per migliorare Caulonia. È evidente quanto sin da allora fossi idealista e dotato di poco spirito imprenditoriale, ma i propositi erano buoni e mia madre mi lasciava sognare. Questa mattina ho fatto una passeggiata sul lungomare per verificare se ci fossero stati danni a causa dell’ennesima mareggiata. Lo scenario era quello già visto innumerevoli volte in queste circostanze: fango, sabbia e detriti si accumulano, destinati a non essere rimossi probabilmente per diversi mesi. Inizialmente ho pensato di scattare qualche foto, ma poi ho ritenuto fosse più efficace cercare di descrivere a parole la situazione cauloniese (secondo il mio modestissimo punto di vista, si intende).
A pochi mesi dalle elezioni comunali, Caulonia è un paese fermo, che da troppo tempo versa in uno stato di rassegnato torpore arrendendosi alla precarietà e all’assenza: assenza di servizi e strutture adeguate, assenza di iniziative culturali, assenza dei suoi giovani che continuano a partire in massa per necessità, assenza di idee o progetti solidi ed efficaci in prospettiva. Tra i cauloniesi oggi trionfa la logica secondo cui nulla può cambiare, perciò tanto vale accettare passivamente ed accontentarsi senza farsi troppe domande. Così, ci si accontenta di sapere che il Maracuja aprirà la prossima estate o che il Kaulonia Tarantella Festival si svolgerà ancora; dimenticando, o volendo dimenticare, che ogni iniziativa, per quanto importante e positiva, resta fine a se stessa se non viene inserita in un disegno di sviluppo sociale, economico e culturale più ampio. Questo paese ha urgente bisogno di futuro o, per meglio dire, di credere che un futuro diverso e migliore sia ancora possibile. Non può essere tutto qui.
Scevra da dietrologie politico-elettorali, questa è soltanto l’opinione di un giovane che ama in modo smisurato la propria terra e che ne vive il declino come una ferita aperta, mantenendo però viva la consapevolezza che non ci si possa e non ci si debba arrendere. È necessario il contributo dell’intera comunità, attraverso un’attenzione civica e sociale costante. Le speculazioni nostalgiche e le lamentele da spiaggia non bastano più, non se poi ci si limita a demandare osservando inerti quanto ci accade intorno. Chiedo scusa per lo sfogo, dettato dall’amore e dalla rabbia, che non è rivolto a nessuno ma deve riguardare tutti, me compreso. Il sogno di vedere Caulonia più bella, che avevo da bambino, non ha nessuna intenzione di svanire. E a me piace continuare a sognare.