Da Napoli a Gioiosa: tutti come dei piccoli Gesù Cristo davanti ai peccatori
Mi piace ascoltare le storie dell’umanità. Tutte. Anche quelle di Gioiosa, il paese in cui la Vita mi ha portata, almeno per ora. Non per pettegolezzo, anzi, chi mi conosce sa quanto lo odi profondamente, ma perché credo che tutti abbiano una storia interessante da raccontare, che può lasciarci qualcosa. La mia mente fa sempre parallelismi. Ho ascoltato alcune storie negli ultimi giorni e mi è tornata in mente la vicenda di Tiziana Cantone, la trentenne campana si è tolta la vita impiccandosi con un foulard nella sua casa di Mugnano, non molto distante da Napoli. Ormai è una storia nota. Tutti sappiamo tutto della giovane Tiziana. O forse no. Forse conosciamo solo quello che ci è stato conveniente conoscere. Sappiamo solo dei suoi video, dei meme, del “bravoh” diventato un tormentone, a quanto pare, divertente.
Probabilmente non è neppure utile che se ne scriva ancora. Tutti abbiamo detto la nostra su questa vicenda. Scrivo solo perché mi rendo conto che la morte di Tiziana non è stata sufficiente. Ormai è di moda infiltrarsi nella vita privata delle persone, siano esse personaggi pubblici o meno e giudicare come dei piccoli Gesù Cristo davanti ai peccatori.
Lo fanno in tutta Italia e noi a Gioiosa non siamo da meno. Siamo tutti uguali. Figli della stessa ipocrisia.
Avrei voluto che la vicenda di Tiziana diventasse un monito, sempre lì, pronto a ricordarci, ogni singolo momento, di come l’anima umana sia fragile.
Avrei voluto che tutti comprendessero che è arrivato il momento, ed è già tardissimo, di prendere atto che esiste un abisso che separa la libertà di espressione dall’insulto, dall’insinuazione.
Ripenso alla vicenda di Tiziana. A trent’anni non bisognerebbe mai morire. C’è ancora troppa vita da vivere. Eppure questa giovane donna ha scelto di porre fine alla sua esistenza. Anzi, noi, popolo becero e ignorante, l’abbiamo portata a togliersi la vita. Ho letto schifezze tipo: “se ti fai riprendere mentre fai un pompino poi non devi ammazzarti perché ti dicono che sei una puttana”. Certo, una puttana. Vivere liberamente la propria sessualità è da puttane. E’ sempre stato così. Colpisce che lo sia ancora nel 2016. A tutti quelli che hanno scritto e detto porcherie di questo tipo mi verrebbe da augurare che capiti a loro la stessa cosa o, meglio ancora, alla propria madre, alla propria sorella o alla propria figlia.
Vorrei che potessero, anche solo per un attimo, comprendere il dramma di una donna che ha avuto l’unica colpa di vivere liberamente la propria vita per poi vederla schernita e insultata ovunque. Mi verrebbe da augurare un cervello attivo, anche solo per un minuto, perché potessero comprendere quanto sono imbecilli. Tiziana aveva cambiato casa e città, stava provando a cambiare nome. Si era allontanata da tutti. Non voleva più essere ciò che era. Una giovane donna, bella e libera. Non una puttana. Dovremmo pensare a questo. E non ad un pompino. Che poi, diciamoci la verità, è una pratica che conoscete benissimo tutti voi ipocriti: se la “vostra” donna vi presta questo tipo di servigio è una puttana se non lo fa è una puttana, ma frigida. Ipocriti.
Mi dispiace essere così schietta, qualcuno dirà volgare. Forse. Ma mi sono stancata del politically correct, di trattare ogni vicenda osservando tutti i punti di vista, mi sono stancata di comprendere tutti, di sforzarmi ad accettare ogni presunta opinione, che in realtà è solo insulto o pregiudizio.
La verità è che siamo una società di merda, impregnata di sovrastrutture e pregiudizi che il peggior bigottismo cattolico ci ha imposto. Trattiamo ancora le donne come oggetti e hai voglia a dire che non è così. I veri integralisti siamo noi. E lo siamo ancora di più perché ci ergiamo a fini conoscitori della libertà e della parità. Non obblighiamo le donne a mettere il burqa, a coprire il proprio corpo, ma lo imponiamo sull’anima, sull’essenza di ogni donna.
Lo vedo anche a Gioiosa, c’è poco da fare. E’ sempre meglio avere figlie che si sposano a vent’anni e restano poi infelicemente intrappolate in matrimoni senza amore, con un marito che pensa bellamente ai cazzi suoi e con figli da crescere. Da sole. Vivono una vita di merda, ma saranno socialmente accettate. Infelici, ma non puttane. E’ questo il tipo di donne che vogliamo. E’ questo il genere di modello che imponiamo alle nostre figlie. Che poi non avranno neppure la capacità di scegliere il meglio possibile. Ne avrebbero il diritto. Ma meglio di no. Poi rischiamo di avere come figlie o compagne di vita Donne e non femmine-atte alla riproduzione-stira-lava-cucina-cresci figli-dove vuoi andare tu che non vale niente – “sei uscita? dove sei?” – “dove sei?” – “dove sei?” – “ma dove cazzo vuoi andare?! torna subito a casa”. Per carità. Meglio di no. Immaginate, di contro, che sarebbe avere una figlia come Tiziana. Una figlia bella e libera. Una tragedia. Perché, poi, questo mostro mitologico e disgustoso noto come “la gente”, la giudicherebbe, l’additerebbe come “la puttana”. Allora piuttosto meglio non vivere, meglio non esprimerci per ciò che davvero siamo. Meglio svilire a tal punto la dignità di una Donna da portarla al suicidio. Ammazzati, puttana!
E lo facciamo anche noi, piccoli gioiosani senza spina dorsale. Ogni volta, qualsiasi cosa accada, la colpa è sempre declinata al femminile. Non importa la verità. Non è rilevante conoscere i fatti. Figuriamoci se può essere importante farsi addirittura i fatti propri. Tanto, così come l’assassino è sempre il maggiordomo, così la puttana è sempre lei. E’ che voi, ipocriti da quattro soldi, vi atteggiate a mangiatori di ostie, fotografate famiglie da Mulino Bianco, tutti belli ed eleganti al matrimonio del cugino della sorella dello zio del vicino di casa, postate foto di coppie felici e sorridenti al tramonto. L’apparenza è sostanza. Poi la Verità è un’altra storia. Che qualcuno nella coppia abbia più corna di un cesto di lumache, che lei pianga tutti i giorni la morte della sua vita, che lui la spacchi di mazzate o le dica quanto feccia sia, ogni singolo giorno, no, non importa. Che non si sappia mai. E’ una vita tutta vissuta “pè l’occhi da genti”. Meglio concentrare l’attenzione sugli altri, che possono essere giudicati, spersonalizzati, distrutti e sfibrati nella loro essenza.
Ci sono giorni in cui mi vergogno di appartenere alle stessa specie di persone così e non perché creda di essere migliore, piuttosto perché siete voi ad essere il peggio possibile. Questo è uno di quei giorni.
Dato che mi sembra di capire che ormai tutti possiamo dire tutto, permettetemi di darvi un consiglio: provate a concentravi su di voi e, ma è qualcosa di difficile per dei mediocri, me ne rendo conto, costruitevi una Vita vostra. Ma che sia degna di questo nome.
Ps: dato che ho imparato a mie spese che “prevenire è meglio che curare”, immagino già che qualche gioiosano si sentirà offeso, perché ho “generalizzato”. Vero, sono certa che non tutti i 7000 abitanti di Gioiosa siano così. Così come sono certa che si sentirà offeso chi, invece, lo è.
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