Scarcerato l’ex sindaco di Marina di Gioiosa Rocco Femia
Dopo cinque anni trascorsi in carcere Rocco Femia, ex sindaco di Marina di Gioiosa, torna in libertà. A deciderlo la Corte d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Adriana Costabile, a latere Antonino Giacobello e Onofrio Laudadio, che ha accolto l’istanza avanzata dall’avvocato Eugenio Minniti, difensore dell’ex sindaco, finito in carcere nel 2011, quando l’operazione “Circolo Formato”, che svelò gli interessi della cosca Mazzaferro sulle elezioni amministrative del 2008, travolse la giunta di Marina di Gioiosa.
Femia fu condannato sia in primo grado sia in appello a dieci anni di reclusione, indicato dai giudici come «partecipe consapevole» di tutte le dinamiche della cosca che ne avrebbe supportato l’elezione. Ma la recente decisione della Cassazione, che ha annullato senza rinvio, lo scorso 27 aprile, la condanna inflitta a Francesco Marrapodi, ex assessore del governo Femia, giudicato in abbreviato, «soggetto con posizione processuale analoga» a quella dell’ex sindaco, ha convinto i giudici che le accuse nei confronti del politico potrebbero vacillare.
La Cassazione ha anche annullato con rinvio la posizione degli altri coimputati accusati di associazione mafiosa, rimettendo in discussione il quadro accusatorio. Tale sentenza, dunque, potrebbe incidere anche sulla posizione del sindaco che, secondo la Dda, sarebbe stato eletto con i voti dei Mazzaferro, in lotta col clan rivale degli Aquino per riconquistare il potere economico in città.
L’annullamento della condanna di Marrapodi, scrivono dunque i giudici reggini, «esponente politico messosi a disposizione della cosca Mazzaferro in occasione della competizione elettorale del 2008, nominato assessore nella giunta presieduta dal Femia Rocco – soggetto con posizione sostanzialmente analoga a quella dell’istante», costiuirebbe «elemento sopravvenuto suscettibile di valutazione nel giudizio in ordine alla persistenza delle esigenze cautelari», ordinando, dunque, l’immediata scarcerazione di Femia.
La Corte d’Appello, oggi, dà quindi ragione all’avvocato Minniti, evidenziando «il venir meno delle condizioni di applicabilità della misura o delle esigenze cautelari», considerando che «le condotte oggetto di contestazione risalgono agli anni 2008/2010», nonché «il lunghissimo tempo trascorso in vinculis (anni cinque)». Ma non solo: ad incidere anche «la positiva personalità dello stesso imputato, professore di educazione fisica, integralmente incensurato, privo di altre pendenze penali; alla sopravvenuta dismissione dell’incarico di sindaco, escludente qualsivoglia esigenza di cautela sociale».
Secondo le motivazioni delle sentenze che hanno riguardato gli imputati del processo, quella del 2008 sarebbe stata «una competizione elettorale tra ‘ndrine». A reggere le competizioni elettorali del 2008 nella città del soriso, infatti, «non sono i partiti, non le regole politiche né i programmi elettorali ma piuttosto un conflitto silente, camuffato da una competizione elettorale, di contrapposizione mafiosa tra i Mazzaferro e gli Aquino, che misurano così la loro forza su quel territorio». La vittoria finale avrebbe comportato il governo del paese ed il conseguente arricchimento di una ‘ndrina a scapito dell’altra, grazie al controllo degli appalti, dell’economia, insomma: del denaro pubblico. E in tutto questo, affermano i giudici, il sindaco non sarebbe stato affatto un personaggio di contorno, uno esterno alle logiche mafiose: per controllare tutto, la cosca «si è avvalsa dell’opera e del contributo attivo di uno dei suoi più importanti sodali, Rocco Femia, alias Pichetta». Parola che, ora, potrebbero essere riviste, alla luce della sentenza che ha riabilitato l’ex assessore Marrapodi.
Fonte(www.zoomsud.it)
Articolo di Simona Musco