Il problema non è la Leonardi, è il Partito Democratico
Anna Rita Leonardi è una giovane dirigente del Partito Democratico calabrese, guidata da un’evidente quanto legittima ambizione politico-personale. Nella vicenda di Platì, ha intravisto uno spazio di visibilità e di protagonismo che non ha esitato ad occupare con grande abilità mediatico-comunicativa, girando l’Italia come paladina antimafia e costruendo la sua candida “narrazione”. Il tutto unito ad una non indifferente capacità di costruire relazioni con personalità e pezzi di PD, anche ai massimi livelli.
La politica, tuttavìa, è arte complessa, che richiede grande dedizione dal basso e contenuti autentici. Occorre studiare, produrre idee, costruire radicamento sociale e territoriale. Senza, la politica semplicemente ti boccia e si riprende il suo spazio, senza attenuanti di sorta. Senza, si arriva ad inaccettabili sgrammaticature, come nelle sottili allusioni contro avversari che si collocano realmente nella comunità che vogliono rappresentare e che presentano una lista plasticamente visibile e non meramente immaginifica.
Il fallimento della mancata candidatura a sindaco è tutto qui: aver speculato senza sostanza alcuna sulla democrazia di una realtà – piccola ma comunque complessa – come quella di Platì, una comunità con una densità mafiosa reale e con un’ancora più marcata sfiducia vero la politica tout court. Perchè puoi metterci la bella presenza, la comunicazione incessante, i titoli di giornale, il tifo da social, il supporto di Renzi: ma se i contenuti latitano, la sconfitta arriva inesorabile e sovrasta tutto.
Il problema di fondo, però, non è Anna Rita Leonardi: alla fine, lei il suo obiettivo di visibilità lo ha ampiamente ottenuto (ancora oggi, è su tutti i giornali e le televisioni) e continuerà ad avere gratificazioni e incarichi all’interno del PD (anche più prestigiosi di una collaborazione nel gruppo parlamentare). La vera questione si chiama Partito Democratico, quale partito centrale nello scenario pubblico calabrese ed italiano e quale paradigma esemplificativo dell’organizzazione della politica contemporanea.
Appare evidente l’assoluta inconsistenza del PD: non un partito “liquido” e nemmeno de-territorializzato, semplicemente un contenitore nel quale albergano le più disparate lotte di riproduzione di ceto politico. Tutto è diventato “vetrina”, comunicazione, narrazione, in una continua e spregiudicata esaltazione dell’io che prescinde quasi completamente da ogni coerenza politico-intellettuale. Una macchina di potere, reale o anche soltanto immaginato. Qualunque mossa o qualunque pratica può essere trasmutata in uno strumento di vittoria, anche perchè nell’epoca del “nuovismo” imperante conta soltanto stare dalla parte dei vincenti. Come ha avuto modo di scrivere Michele Prospero nel suo densissimo saggio “Il nuovismo realizzato”, siamo nel tempo della video-politica dietro la quale c’è praticamente il nulla.
Platì è assurta al rango di “buco nero” nella normale fisiologìa democratica, in una terra come la Calabria che diventa facilmente preda dei più consumati stereotipi massmediali: Platì funzionale al “racconto” di una giovane donna che si immola per il bene della sua terra e di un partito che gode della bellezza e della purezza di tale impegno. Il gioco è fatto: chi è in grado di contraddire il “circo barnum” politico e mediatico insieme? chi lo spiega ad un’opinione pubblica famelica di “buoni contro cattivi” e di “giovani eroine” a salvare una terra quasi perduta? chi si avventura nella descrizione della complessità così poco mediatica in una vicenda come quella di Platì e dell’intricato rapporto ‘ndrangheta vs democrazia?
Servirebbe un partito e una politica, per l’appunto. Solidi e consistenti, di popolo nella loro presenza territoriale. Capaci di produrre idee e valori alternativi, di selezionare una classe dirigente davvero all’altezza della situazione, di costruire un radicamento sociale e di contendere spazio e tempo alla “narrazione” mafiosa.
Questo partito e questa politica non ci sono. Soprattutto se volgiamo lo sguardo al Partito Democratico di oggi: un leader nazionale che parla di Platì solo per esaltare la gioventù e il coraggio della sua Leopolda, un segretario regionale da cui tutto è partito e verso il quale sono anche inutili gli aggettivi, un partito provinciale che ha letteralmente tollerato la “rappresentazione teatrale” della Leonardi senza mai avere il coraggio di esprimere un’idea compiuta. Al punto che, dopo oltre un anno di strombazzato impegno per Platì con tanto di benedizione del leader supremo, il PD non è in grado di presentare nemmeno una candidatura originaria del luogo e abbandona repentinamente il campo che aveva inteso occupare solo per puro protagonismo mediatico.
Ricostruire una compiuta vita democratica a Platì è impresa certamente difficile: ogni vincolo fiduciario fra partecipazione politica e aspettativa di cambiamento sembra essere mortalmente reciso. Ma la grande scommessa avrebbe dovuto essere proprio questa: non sfruttare il nome e la prospettiva di Platì per andare in giro a declamare “quanto siamo belli” e “quanto siamo coraggiosi” (troppo forte la tentazione di apparire), ma lavorare con passo lungo dentro la comunità platiese riannodando fili e ricostruendo relazioni pubbliche (troppo poco accattivante la prospettiva di lavorare dietro le quinte). La presentazione di due liste alle comunali prossime – se la Leonardi ha fallito, altri sono riusciti almeno a presentarsi alle elezioni – dimostra che anche a Platì esiste lo spazio per ricostruire responsabilità pubblica e impegno civico.
Una resa quella del PD, prima ancora che una semplice sconfitta. Ecco, allora, imporsi prepotentemente la riflessione di Emanuele Macaluso, un grande vecchio della sinistra e della politica italiani: il segretario regionale e il vicesegretario nazionale, che hanno concordato con la Leonardi di non presentare la candidatura a causa di un sabotaggio di un pezzo del partito calabrese, prendono atto del fatto e tutto continua come prima? Cioè, come prima la democrazia resta sospesa. Ma è sospeso anche il ruolo di questo partito in Calabria ed è sospeso l’impegno del governo regionale e di quello nazionale in una Regione in cui il PD governa tanti Comuni tra cui quello di Reggio Calabria.
Intanto, in comuni come San Luca non viene presentata alcuna lista (speriamo a nessuno venga in mente di esportare anche lì democrazia e legalità) e in realtà come Rosarno il PD sparisce anche dalla scheda elettorale (e aveva un sindaco costretto qualche tempo fa alle dimissioni dai suoi stessi compagni di partito): credo anche la Leonardi capisca che il problema politico dinanzi a noi (e dinanzi al suo partito) è assai più ampio di una “comparsata” televisiva o di un tweet brillante.