L’ABBRACCIO MORTALE TRA CLAN E MASSONERIA

L’ABBRACCIO MORTALE TRA CLAN E MASSONERIA

Riportiamo un interessante articolo apparso giorno fa sul sito del Corriere della Calabria. Il gran Maestro Di Bernardo racconta le sue perplessità sulla proliferazione delle logge in Calabria: «La permeabilità con la ‘ndrangheta è una realtà»

La massoneria ufficiale sembra essere molto più preoccupata del rischio di infiltrazioni di quanto non lo siano le istituzioni politiche. È quanto emerge con chiarezza da una lunga, e tutt’altro che casuale o estemporanea, intervista concessa dal gran maestro Giuliano Di Bernardo a “Il Sole 24ore”. Larga parte dell’intervista, interamente dedicata alle “devianze” in seno al Grande Oriente e alle collusioni con criminalità organizzata e politica corrotta, si occupa della Calabria e delle inchieste qui in corso.
Di seguito riportiamo tale parte dell’intervista concessa da Di Bernardo. Una rilettura interessante alla luce delle indagini che le Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro stanno portando avanti in questi mesi.

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Giuliano Di Bernardo

Collaboratori di giustizia (cito per tutti il calabro-milanese Antonino Belnome) e uomini di ‘ndrangheta (cito tra tutti Pantaleone Mancuso) hanno detto o fatto riferimento al fatto che oltre la ‘ndrangheta c’è la massoneria. Come interpreta queste affermazioni? Cosa vogliono dire? Anche alla luce del fatto che già nell’indagine “Sistemi criminali” del ’98 dell’allora pm Roberto Scarpinato, risultava, da dichiarazioni di pentiti, che la massoneria calabrese era la più potente del Sud e tra le più potenti d’Italia.
Direi che ‘ndrangheta e massoneria si trovano a condividere una rappresentazione verticistica del potere, con modalità esoteriche. L’affiliazione alla ‘ndrangheta o l’iniziazione alla massoneria segue un rituale che, oltre le specificità storiche e contingenti, ha molte analogie. L’affiliato alla ‘ndrangheta è perciò predisposto a essere massone. Questo spiega, al di sopra degli interessi materiali, l’enorme affluenza nelle logge calabresi. Con questo non voglio dire che essi siano affiliati della ‘ndrangheta, ma che esiste la possibilità teorica che lo siano.
Il maggior potere della massoneria calabrese, rispetto alle altre regioni d’Italia, mi sembra un dato acquisito che potrei confermare.

Recentemente la loggia Rocco Verduci di Gerace (Reggio Calabria) è stata dapprima “sospesa” per rischio di infiltrazioni della ‘ndrangheta e poi riammessa dallo stesso Goi nel mese di giugno. Partendo da questo dato puramente di cronaca, a suo giudizio quanto, come e perché sono infiltrate le logge massoniche (indipendentemente dall’obbedienza o comunione alla quale appartengono), della Calabria, della Sicilia, della Campania e, in genere del Sud?
Delle vicende della loggia Rocco Verduci di Gerace so quello che hanno scritto i giornali. Non avendo una conoscenza diretta e personale non esprimo alcun giudizio.
Sull’infiltrazione nelle logge massoniche, non dovrebbe ormai esistere alcun dubbio, anche se, nel concreto, è molto difficile documentarne il “peso”.

Esiste una differenza – da questo punto di vista – tra rischio di una permeabilità criminale al Nord, al Centro e al Sud?
Agli inizi degli anni ’90, tale permeabilità esisteva anche se sporadica e limitata. L’inchiesta del dott. Agostino Cordova, procuratore di Palmi, ha avuto inizio con la constatazione che, in molti reati avvenuti in Calabria, erano coinvolti massoni di diverse Obbedienze. A quel tempo, ero Gran Maestro del Goi. Nel 1992, ricevetti a Villa Medici del Vascello, sede nazionale del Goi, la richiesta formale e ufficiale, da parte della Procura di Palmi, di consegnare l’elenco dei massoni calabresi. Essendo impossibile non adempiere la richiesta del magistrato, autorizzai la consegna dell’elenco, sperando che tutto finisse lì.
Ma non fu così. Dopo breve tempo, ricevetti un’altra richiesta che riguardava però la consegna dell’elenco di tutti i massoni italiani del Goi, con la motivazione che si voleva verificare le relazioni dei massoni calabresi con i massoni di altre regioni. Il dott. Cordova sospettava che la massoneria fosse il tramite per favorire attività vietate dalla legge in tutte le regioni italiane. Compresi allora che si stava mettendo sotto inchiesta il Goi e le altre Obbedienze massoniche.
Poiché la richiesta non era supportata da un mandato formale, mi rifiutai di consegnare gli elenchi. Come reazione, la Procura di Palmi suggellò il computer e vi mise un agente di guardia, in attesa di procurarsi il mandato per il sequestro. Si parlò dell'”imbavagliamento del computer”.
Con un mandato formale di sequestro, null’altro avrei potuto fare per impedirlo. La Procura acquisì gli elenchi e iniziò una farsa all’italiana che si concluse alcuni anni dopo con l’archiviazione dell’inchiesta per decorrenza dei tempi.
L’infiltrazione è continuata in quasi tutte le regioni d’Italia. Da quel che dicono i mezzi di comunicazione di massa, sembra che essa abbia raggiunto i vertici delle istituzioni dello Stato. La permeabilità oggi non è un rischio ma una realtà.

In Calabria, un procedimento penale in corso, che corre parallelamente anche a Milano (cosiddetta indagine Breakfast) ipotizza una superloggia calabrese segreta, con forti addentellamenti e radici oltrefrontiera, in grado di condizionare la vita amministrativa, organi dello Stato, economia e finanza, in strettissimo legame con la potente cosca De Stefano. È uno scenario possibile a suo giudizio?
Da quanto ho detto in precedenza, lo scenario è possibile.

Un passaggio agghiacciante: «La permeabilità oggi non è un rischio ma una realtà». Quando ne avrà tempo, magari prima che finisca la legislatura, chissà se queste parole incuriosiranno la presidente della Commissione parlamentare antimafia.

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