Quanta ipocrisìa intorno a Mimmo Lucano
Senza clamori particolari, rifuggendo facili sensazionalismi, con la sobrietà e l’umiltà che caratterizza il personaggio: così ciavula.it, già la sera di Pasqua e fra i primi, ha voluto dare la notizia di Mimmo Lucano inserito nella Top 50 (le 50 personalità più influenti su scala mondiale) redatta dalla prestigiosa rivista americana “Fortune”, per i meriti conseguiti con la sua politica di accoglienza e d’integrazione dei migranti.
Il Sindaco di Riace pratica – concretamente e coerentemente – le sue scelte politico-amministrative. Da tanti anni. Quasi in solitudine, poi gradualmente affiancato da numerose altre realtà, Lucano ha dimostrato che la Locride ha moltissimo da guadagnare provando ad accogliere e ad integrare i tanti nostri fratelli provenienti dai vari sud del mondo. E che gli immigrati sono una grandissima risorsa, sotto molteplici punti di vista.
Oggi, gli giunge una nuova gratificazione di rilievo internazionale (non è la prima, né sarà l’ultima) e tutti sembrano impegnati nell’arrembaggio al “carro del vincitore” etichettato come “Modello Riace”.
Improvvisamente, sembra che tutti conoscano da sempre l’esperienza di Lucano e apprezzino la Riace e la Locride che – sia pure fra tante difficoltà e contraddizioni – sanno accogliere. La cosa, ovviamente, non può che farci piacere: chi scrive su questa testata, è impegnato da anni in progetti SPRAR e di cooperazione, nella convinzione assoluta che i migranti siano persone da accettare e da esaltare nella loro più profonda umanità.
Ma l’ipocrisìa – quella ad uso e consumo del circo mediatico, anche un pò strumentale – non siamo proprio in grado di tollerarla. A noi piace la sfrontatezza e la freschezza di una verità, magari anche di parte (siamo orgogliosamente partigiani), di certo sempre assai lontana dai facili trasformismi ed opportunismi che ammorbano la politica e la società calabresi.
Perché fra i tanti che legittimamente plaudono a Lucano, vi sono anche quelli che non perdono occasione per dissertare sul pericolo “clandestini” o sulla necessità di difendere le frontiere dalle “invasioni” di migranti o ancora sullo “sporco” (dicono loro) business costruito intorno ai progetti SPRAR.
Non dimentichiamo nemmeno che Lucano non è un sindaco come gli altri, visto che nella Locride in molti – anche fra i suoi colleghi – lo hanno sempre considerato un “pazzoide”, un folle idealista che ha costruito con i migranti un piccolo impero politico-elettorale, una scheggia impazzita rispetto alla politica seria e concreta che guarda al futuro (dicono sempre loro).
Anche per questo, più d’uno – soprattutto nella politica calabrese – lo ha sempre schernito e scimmiottato, reputandolo un unicum fuori da ogni lettura razionale della vita politica locale.
Lucano è il sindaco di sinistra, senza tessere di partito e senza appartenenza a cordate politiche, protagonista della migliore antimafia locale; è il sindaco che predica sobrietà nei consumi e nello sfruttamento del territorio, fino ad aver sperimentato una raccolta differenziata incentrata sugli asini come mezzo di trasporto; è il sindaco del “Riace Festival”, del contrasto agli abusivismi sul mare, della necessità di tornare ad una gestione autenticamente pubblica dell’acqua.
Adesso, tutta la stampa nazionale riprende la rivista americana “Fortune” e tutti si affollano a dimostrarsi amici ed estimatori del cd. “Modello Riace”: noi non ci caschiamo (per la verità, non ci cascherà nemmeno Mimmo Lucano), perché sappiamo bene quanto fastidio danno le personalità che sfuggono ai grumi di potere e alle rendite di posizione e perché immaginiamo facilmente come Lucano continuerà ad essere quasi isolato nelle sue posizioni su migranti, ‘ndrangheta o ambiente.
Lucano ha comunque vinto, perché – da autentico e lucido visionario – ha saputo vedere assai prima degli altri un pezzo del nostro futuro, per costruirci sopra una Calabria più bella e più potente. Abbiamo bisogno proprio di questo, di sognatori che sappiano immaginare una prospettiva nuova per la nostra terra, che sappiano fare la giusta “mossa del cavallo”: i rudi difensori dello status quo, ben camuffati nell’arte imperitura del trasformismo e del gattopardismo e nella subalternità alle facili lusinghe del potere, hanno già dato tutto il loro disastroso peggio.