Mi dispiace per quelle donne che…

Mi dispiace per quelle donne che…

Oggi è un grande giorno. Oggi bisogna darsi da fare. Le pizzerie inizieranno ad impastare chili e chili di pizza, i ristoranti faranno la scorta di pesce surgelato e tante piastrine passeranno tra capelli indomabili per un effetto boccolo natural 100%. E’ l’8 marzo e almeno una volta all’anno, alcune donne avranno il pass per trascorrere una serata fuori. Insieme alle amiche? Ops, mi correggo subito: insieme alle altre donne di famiglia. Zie, cugine, nipoti e, se se la sente, anche la nonna, partiranno su una o più auto stracariche di profumo e tacchi portati male per andare a festeggiare l’essere donna. Sottolineo, alcune. Fuori dai locali ci saranno file di macchine, alcune parcheggiate alla meno peggio (perchè vero è che alcune donne non sanno parcheggiare), a causa della scarsa visibilità durante la retromarcia, coperta dalla testa di altre donne e altre cotonature sul sedile posteriore. Ci sarà il karaoke di uomini che porteranno nomi del tipo Giorgio Michele, dei quali non capisci quale sia il nome e quale sia il cognome. Da piccola ho vissuto una sorta di incubo: avevo 12 anni e decisi di andare “alla festa della donna” , quando ancora si usavano i maglioni e la gonna a completo, realizzati con la stessa trama. Quando vidi dimenarsi sul tavolo di una trattoria, una grassa signora. C’era musica disco e le movenze della signora erano alquanto strane. Ma, roba squallida a parte, vorrei condividere parole che probabilmente tanti prima di me hanno speso, ma non per questo, meno importanti da ribadire. Da qui in poi, tutto ciò che scriverò sarà riferito ad alcune donne, senza generalizzazioni, ma quanto bastano per farmi vergognare. Mi dispiace. Mi dispiace, davvero. Mi dispiace che alcune donne aspettano giornate del genere come vie di fuga, come una di quelle poche cose che gli è dovuta. Per tradizione, per diritto. Mi dispiace che esistono donne che non possono andare in palestra, e se ci vanno sono obbligate a comprarsi tute no stretch sennò si vede il culo e il culo non si deve vedere. Mi dispiace che esistono donne che hanno gli orari fissi, con il cucù in testa alle 12 e alle 20 (orari rigorosamente collegati al pranzo e alla cena). Mi dispiace che le donne che non sgaranno da questi orari, per le quali “è pronto in tavola”, hanno 20 anni e non 60 (lì, avrei potuto maggiormente comprendere). Mi dispiace che ci sono donne che per aprire un account facebook hanno dovuto creare il profilo di coppia. Peggio ancora, mi dispiace quando nel profilo di coppia viene riportato solo il cognome del marito (che uno riceve un like e non capisci se l’ha inviato lui o lei). Mi dispiace per quelle donne che sarebbero potute diventare grandi donne, quelle che avevano un talento e il talento alla fine l’hanno investito nella sola organizzazione del matrimonio. Mi dispiace per le donne che non ci sono più, che abbiamo conosciuto ai tg, all’Arena di Giletti e nel salottino della D’Urso. Mi dispiace perchè alcune di loro non sono state abbastanza coraggiose, abbastanza cazzute da allontanarsi, abbastanza forti per comprendere che quel senso di colpa era una trappola. Mi dispiace perchè vi è ancora la necessità di realizzare gli spray al peperoncino e gli omini gonfiabili-finti passeggeri da mettere in auto. La bambola gonfiabile per gli uomini come regalo idiota all’addio al celibato, il bambolo gonfiabile per le donne per viaggiare di notte più tranquille. E poi mi dispiace per gli uomini, per quelli finti aperti, per quelli che si autoconvincono di esserlo ma non lo saranno mai, per quelli che oggi posteranno sui social frasi scontate e banali. Oggi Facebook sarà tutto giallo, pieno zeppo di pallini di mimosa, e altre palline che cresceranno sempre di più fino a scoppiare, perchè sarà la sagra della scontatezza. E sarà oggi che, come quasi ogni giorno, andrò a controllare la bacheca di quelle che io considero grandi donne. Grandi donne con grande tette, perchè no, ma con grande intelligenza. Perchè per essere una grande donna non è che devi essere racchia, non siamo a Ciao Darwin a far la sfida Belle contro Intelligenti: si può essere entrambe le cose, se non lo sapevate. Quelle donne che viaggiano e lavorano e imparano le lingue e leggono e soprattutto scrivono: scrivono cose belle, cose sensate, cose ironiche. Prendono per il culo le altre donne, quelle che ci fanno un po’ vergognare, quelle che sbagliano i verbi e il fidanzato, quelle che curano esclusivamente l’estetica e non il parlato, quelle che dedicano un’ora intera al trucco e parrucco del sabato sera e non un minuto per rileggere e accorgersi degli strafalcioni che postano sotto i selfie a culo di gallina. Conosco delle grandi donne. Non sono tante, ma quanto bastano per farmi aspirare al meglio. Sono quelle di cui non invidio una Michael Kors, ma il modo di prendere la vita di petto, lo sfiorire e il rifiorire continuamente, come la fenice araba. Sono quelle donne da cui tutte dovrebbero prendere esempio, che hanno la forza nell’anima e nella testa, e non in una farfallina al lato dell’inguine. 

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