DONNE ABBANDONATE… E TRADITE!
Di Cecilia Piscioneri
L’otto marzo ricorre quella che erroneamente è chiamata “LA FESTA DELLA DONNA”. Le lotte femminili hanno seguito un lungo percorso prima di potersi affermare e in particolare prima che la donna potesse prendere coscienza della propria dignità di “donna”, ma fu anche bloccata da chi non accettava che potesse uscire dai ranghi prestabiliti da un sistema in cui si esaltava la virilità maschile… I fermenti femminili in tante parti i del mondo, non mancarono, anche in Italia prima del fascismo, si mossero i primi passi ma in seguito al suo avvento tutto scemò perchè la società maschilista non permetteva la ribellione della donna, essere debole, sottomessa al potere del “sesso forte”. In altri stati i movimenti proseguirono con disarticolazione, in Italia riprese dopo la fine della seconda guerra mondiale:la prima battaglia vinta fu il diritto di voto. Non ci sono vere lotte se non verso la fine degli anni ’60. Con il passare del tempo in altri stati il fermento è più movimentato e più avviato verso l’acquisizione dei diritti delle donne. Si lotta anche per dedicare una giornata alla donna si adotta come emblema le donne, tra cui anche italiane, bruciate vive nell’opificio il Triangle-Cotton , a NEW YORK. La data otto marzo è stata stabilita a Stoccarda, dalla lettura di una lettera di Lenin in cui esaltava la partecipazione e il contributo delle donne russe per la caduta dello zarismo. Nel 1977 le NAZIONI UNITE sancivano “LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA”, non parlava di festa ma di commemorare le donne. L’italiano ha una precisione è unica del distinguere il significato dei termini lessicali. C’è un enorme divario tra ” COMMEMORARE E FESTEGGIARE”. Una giornata in cui si potevano discutere i tanti problemi della donna con manifestazioni attinenti invece s’ è trasformata in uno “STATUS” di mercificazione. Questa giornata s’è scelta per ricordare le donne del passato e del presente e invece s’è svilita del suo vero significato. Anche il fiore s’è voluto cambiare, un fiore, il girasole, che non ha niente a che fare con la donna, un fiore dal nome maschile, un fiore parassita che cerca la luce del sole per poter sopravvivere. La donna non ha bisogno di nessuno, la sua lotta nasce dalla sua intelligenza e dalle sue capacità, dalle sue risorse. Ha bisogno di leggi adeguate affinchè non si attenti alla sua incolumità, alla sua dignità di essere umano. Tagliare con il passato non è un modo per ottenere i propri diritti, il cordone ombelicale si recide ma la madre rimane sempre la fonte da cui attingere, il punto fermo di ogni istante da cui apprendere. Il passato può aiutare il presente. Non è il cambiamento dei fiori, non è la tramutazione di termini lessicali a cambiare la situazione di stallo in cui ci troviamo oggi, ma una seria e convinta lotta per l’acquisizione dei diritti delle donne.
Ho scelto la foto di un quadro di Gloria Bicchi, perchè mi ha ispirato, perchè rappresenta in pieno il concetto del titolo. La figura femminile impressa sulla tela è l’emblema della donna violentata; una donna rannicchiata su se stessa, abbandonata nel suo dolore, con il vestito lacero come le lacerazioni inflitte al suo animo, tradita nella sua dignità. Noi tutte l’otto marzo, un giorno non per commemorare ma per fare festa, per mercantizzare abbandoniamo e tradiamo le donne che hanno lottato per i diritti delle donne, le donne violentate, “stolkeggiate”, i figli delle donne uccise e ricordiamo quelle della terra del sud, per citarne alcune, MARY CIRILLO, LEO GAROFALO , la ragazza malmenata dal fidanzato in stato vegetativo, ve ne sono tante,tantissime altre. So che la mia voce non è sola, uniamoci per ricordare le donne del passato, del presente con l’augurio che un giorno si possa festeggiare veramente e gridare ai quattro venti LIBERTA’A’A’A’A’A’A’A’