No alla demagogia dei capipopolo intolleranti
“Lo Ionio non è mare nostro: spaventa.” Con queste parole Pier Paolo Pasolini nel 1959 iniziava il reportage di in viaggio dal titolo “La lunga strada di sabbia”. La strada, polverosa e solitaria, si snodava sulla costa calabrese dei dolci declivi e delle aspre scogliere ancora non infestate dal cemento, e ad un certo punto ebbe a dire: “Vado verso Crotone, per la zona di Cutro. Illuminati dal sole sul ciglio della strada, due uomini mi fanno cenno di fermarmi. Mi fermo, li faccio salire. Mi dicono – questa è zona pericolosa, di notte è meglio non passarci. Due anni fa, in questo punto, hanno ammazzato a uno, un ricco signore, mentre tornava in macchina da Roma. Ecco, a un distendersi delle dune gialle in una specie di altopiano, Cutro. Lo vedo correndo in macchina: ma è il luogo che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio. È, veramente, il paese dei banditi come si vede in certi film western. Ecco le donne dei banditi, ecco i figli dei banditi. Si sente, non so da cosa, che siamo fuori dalla legge, dalla cultura del nostro mondo, a un altro livello.”
Queste considerazioni costituirono la classica ciliegina su una torta fatta da una disamina negativa sulle condizioni drammatiche di una angosciante povertà della Calabria del dopoguerra.
Le razioni di alcuni calabresi furono furenti e immediate. Si produssero in attacchi personali malevoli, in polemica politica che toccò i livelli nazionali, in minacce di querele per aver vituperato il volto della regione e dei suoi abitanti.
Quel fenomeno individuato larvatamente come banditismo, da allora ad oggi ne ha fatto di strada, nonostante la fiera difesa dell’immagine della Calabria. E’ divenuto ‘ndrangheta, criminalità organizzata, impresa, holding internazionale dei traffici di droga, dei capitali finanziari, dei paradisi fiscali. Ha seguito tutte le vie del guadagno e dell’arricchimento facili e illegali, ha pervaso e inquinato tutti i gangli vitali, economici e istituzionali della Calabria decretandone la paralisi e il decadimento. “Anime nere”, il bel romanzo di Gioacchino Criaco, e la versione cinematografica ne raccontano solo un pezzo perché la ‘ndrangheta con il suo continuo dinamismo è già oltre. Ed ecco, il ritorno dei fieri paladini difensori dell’orgoglio offeso, dei dimentichi di un concetto cruciale: la ‘ndrangheta per essere quello che è ha avuto bisogno ampiamente dei sindaci e delle altre istituzioni provinciali e regionali, perfino degli enti nazionali, degli appalti di opere pubbliche e della fornitura dei beni e dei servizi, dei finanziamenti destinati allo sviluppo, della collusione di banche e consulenti (avvocati e commercialisti). “Spaventa” questo magma oscuro e trasversale che ci porta a non sapere mai con chi realmente abbiamo a che fare. E’ l’altra gamba dal colletto bianco, dei falsi onesti, dei professionisti asserviti che cammina insieme alla struttura operativa dei manovali, dei trafficanti, di chi ricatta, minaccia, spaccia, spara, compie gli attentati, incendia e devasta.
E spaventano i capipopolo improvvisati, gli approfittatori delle difficoltà e della disperazione, gli “spaccatutto” che aggiungono lacerazioni a lacerazioni, sollevano i polveroni che nascondono le vere responsabilità. E’ accaduto a Locri sabato scorso con l’aggressione verbale subita dall’assessore regionale Ferderica Roccisano da parte di un sindaco fomentatore e incapace di capire che il conflitto tra istituzioni è la pietra tombale del futuro della Ionica e della Calabria. Lì, non era solo in gioco la sanità della zona più disgregata, ma anche, e soprattutto, la legalità, la cui assenza ha fatto dell’ospedale di Locri il feudo delle clientele, delle ruberie, degli interessi mafiosi, degli sprechi, dei servizi dequalificati. Un coacervo di pericolose negatività, il vero vermicaio che ha negato il diritto di cura dei cittadini ionici, e che chiede alla politica e ai ruoli istituzionali cambiamenti radicali silenziosi, concreti e fattivi.
Pasolini, rispondendo alle critiche aspre e risentite diceva: “Questi sono dati della vostra realtà: se poi volete fare come gli struzzi, affar vostro. Ma io ve ne sconsiglio. Non è con la retorica che si progredisce. ….. E io non vi consiglierei di cercare consolazioni in un passato idealizzato e definitivamente remoto: l’unico modo per consolarsi è lottare, e per lottare bisogna guardare in faccia la realtà.”
La retorica dell’orgoglio offeso, la demagogia dei capipopolo intolleranti, dei paladini dei fuochi di paglia sono le nemiche della Calabria, interne alla Calabria. Una triste storia che si ripete.