Intervista all’attrice e presentatrice gioiosana Evelyn Candido
PAROLE E SLANCI DI LIBERTÀ
INTERVISTA A EVELYN CANDIDO
Un tavolo, due poltrone, due tazzine da caffè e, fin da subito, una lunga chiacchierata; mai banale, scontata, ripetuta… nulla di già sentito. Ebbene, lettori, dovunque vi troviate a leggere questo articolo, che siate sul posto di lavoro o al bar, davanti al PC o al display del vostro smartphone, mettetevi comodi perché ci sarà molto da leggere.
L’ambiente appena descritto è quello della chiacchierata al bar di un’abituale domenica mattina, in una Gioiosa brulicante di persone, gravida di sapori e odori tipici del mercato domenicale. Una mattina come tante, forse, ma stranamente sorprendente come la persona con cui ho avuto il piacere di parlare.
Lei è Evelyn Candido, giovane donna gioiosana, conosciuta per le sue numerose esperienze nell’ambito artistico-culturale del nostro territorio, e non solo. Cinema, teatro, televisione, radio, manifestazioni locali, ecc.: Evelyn si muove a tutto campo, dimostrando una naturale predisposizione per lo spettacolo.
Sedute a tu per tu al nostro tavolo, ci mettiamo subito a parlare di esperienze, ambizioni, prospettive future, in un dialogo ricco di idee, scandito dall’esuberanza di questa giovane promessa, ormai da anni avviata con successo. Spulciando un po’ nella sua vita professionale così piena, molto incuriosita, le pongo le mie domande, un po’ seriose, un po’ impertinenti e tra le quali si destreggia alla perfezione.
DOMANDA – Da colei che intervista – inizio chiedendole – a intervistata: sicuramente non sarà la prima volta. Come ti senti a stare dall’altro lato della “poltrona”?
RISPOSTA – Certamente non ne sono abituata, ma non gioco a fare il personaggio – afferma risoluta – e per questo ti risponderò con molta semplicità. Penso di essermi affacciata tardi al mondo dello spettacolo in quanto ho preferito laurearmi, spinta dai consigli di mia madre, la mia più grande sostenitrice. Tuttavia, sono convinta che esiste un tempo per tutto: questo è il tempo per produrre e per afferrare il mondo con le unghie e con i denti.
D. – Leggendo un po’ il tuo curriculum, è inevitabile notare le numerose esperienze che ti hanno vista coinvolta. Ce n’è una in particolare che ha segnato la tua carriera?
R. – L’anno per eccellenza è stato il 2006, quando ho rivestito l’incarico di responsabile delle manifestazioni turistiche per la Pro-Loco. Da quel momento è iniziato tutto, fino a diventare guida archeologica, esperienza che mi ha fatto capire quanto amo stare tra la gente. Sono sempre stata la leader del gruppo e, sin da bambina, amavo riunire i miei amici in piazza e proporre loro i giochi più curiosi e impensabili. Col tempo ho capito quanto per me sia importante rendere partecipi le persone di quella che sono, motivo per cui ho iniziato a lavorare in tv. Attualmente – mi concede una soffiata – ho ricevuto la proposta di condurre un programma su Telespazio che dovrebbe partire a breve. La televisione mi affascina e tra i personaggi dello spettacolo che guardo con ammirazione rientra sicuramente Maria De Filippi. Penso sia la donna dello spettacolo per eccellenza, lei che non ha bisogno di chiedere perché bastano i suoi modi per attrarre il pubblico.
D. – Leggo con piacere che una delle tue più grandi passioni è il teatro. Eduardo De Filippo disse che nel teatro si vive sul serio quello che gli altri recitano male nella vita. Tu cosa porti di te stessa quanto ti trovi sul palcoscenico?
R. – Porto me stessa. È ovvio che ogni ruolo va interpretato; in ogni caso, che tu vesta i panni di una donna seducente, adirata o triste, indossi su di te il personaggio e sei tu che arrivi al pubblico, così come i tuoi occhi, le tue movenze e la tua voce.
D. – Ho spesso notato, mio malgrado, che quando si parla di teatro o cinema d’autore la Locride fatica ad attrarre pubblico. Secondo te, generi come questi sono destinati ad un pubblico d’élite o possono aprirsi?
R. – Beh, in realtà il teatro nasce nel Quattrocento grazie ai giullari che si esibivano sia nelle corti che nelle piazze, quindi, è stato un genere anche per il volgo. Oggi è un genere d’élite per certi aspetti, meno per altri, in quanto c’è scena e scena, spettacolo e spettacolo. Di fronte alla varietà che il teatro offre, rimane comunque una costante: esso, in ogni sua forma, è partecipazione, cultura, comunicazione nella sua massima espressione. Nel teatro devi darti una volta per tutte e devi giocare con te stessa e il pubblico.
D. – Sei la protagonista del film “Voglia di cambiare”. Rraccontaci questa esperienza. Hai notato delle differenze tra fare cinema e fare teatro?
R. – Le differenze sono moltissime ma io mi do in entrambi senza riserve. Se dovessi scegliere, sceglierei teatro tutta la vita perché è lì che dai tutto di te una sola volta: ogni scena, emozione, forma di adrenalina è unica e irripetibile, non la puoi replicare. Ma, lo ammetto, anche quando vedo la spia accesa della telecamera cerco di “fare buona la prima” perché per me raramente ci deve essere una seconda possibilità. Per quanto riguarda il film, “Voglia di cambiare” si presenta come la seconda parte di un film già premiato. Paolo Turrà, il regista, si è formato a Cinecittà lavorando con personaggi di spicco, quali Vittorio De Sica, Sophia Loren, Mastroianni. Ci siamo conosciuti a Reggio Calabria in occasione della produzione di uno spot pubblicitario volto a sponsorizzare un film basato su una storia vera. La storia in questione è quella di una bambina, Giulia, affetta da una grave patologia. Entrambi facciamo parte di un’associazione benefica che ha lo scopo di raccogliere fondi per garantire le cure necessarie alla piccola. In seguito all’incontro, tra noi nasce da subito una bella sintonia e da qui la proposta di lavorare insieme. Nel film Paolo veste i panni del commissario Valentini mentre io quelli dell’ispettore Gloria Novella. La pellicola è prodotta dalla Coop Calabria Commission, il cui presidente è Paolo Sanci e il segretario Pino Gambarelli. La trama fa riferimento ai problemi che la Calabria vive quotidianamente: ‘ndrangheta e arresti. Fin da subito mi ha incuriosita, soprattutto perché ho sempre desiderato vestire la divisa per il ruolo di responsabilità che comporta; inoltre, ritengo che il film possa essere un valido strumento di denuncia. La pellicola, inoltre, è girata in molte zone della Locride, tra cui Gioiosa, vede la partecipazione di grandi nomi come quello di Cristina Nauman, Valeria Saccomando, Valentina Rames, Anna Maria Poveromo, Giancarlo Saccomando, Pino Pizzati, Roberto Polito e molti altri. Inoltre, ci tengo a precisare che il progetto è assolutamente gratuito e per questo motivo ci crediamo ancora di più. Il film è quasi al termine e siamo fiduciosi di portarlo al Festival di Roma e Venezia.
D. – Secondo te la Calabria ha davvero voglia di cambiare?
R. – Secondo me la Calabria ha molta voglia di cambiare e i giovani lo stanno dimostrando nonostante siano costretti a fuggire. Ad essi dico di non arrendersi, di andare per poi tornare con quello che hanno costruito.
D. – So che ti diletti a scrivere poesie, alcune edite per la casa editrice Pagine. Ne ho letta qualcuna e mi ha colpito molto “La mia anima” dove parli di questo estro che si alza in volo libero. Cos’è per te la vera libertà? Parlando con te, mi viene da pensare alla libertà intellettuale, ma spiegami tu.
R. – Esatto, per me la libertà è non essere limitati nel proprio essere. È libertà di pensiero, movimento, espressione; quella stessa libertà di un artista che sulla sua tavolozza schizza colori a più non posso senza preoccuparsi se il suo messaggio verrà compreso. La libertà è nei sentimenti nonostante le barriere, nella quotidianità, nella scuola. Da insegnante cerco di comunicare ai ragazzi questo senso di libertà, dimostrando loro che con i giusti modi si può arrivare ovunque.
D. – Immagina di dover trascorrere in radio il tuo ultimo giorno di lavoro – augurandoci che questo avvenga il più tardi possibile. Che messaggio vorresti lanciare e a chi lo rivolgeresti?
R. – Mi rivolgerei ai giovani, spronandoli a essere protagonisti del mondo, a non stare seduti sulle poltrone e, soprattutto, a non accontentarsi. A loro direi: osservate, viaggiate, stupitevi… non stancatevi mai!
D. – Come vedi Evelyn tra dieci anni? Hai dei rimpianti?
R. – Probabilmente, Evelyn tra dieci anni sarà sempre Evelyn, uguale, combattiva, forse un po’ più matura e stanca di un sistema generale che ci governa e che non va. Sebbene sia una persona molto ottimista sono anche diffidente, ma spero di sbagliarmi. Tra dieci anni mi auguro di avere una famiglia tutta mia e dei figli, perché sono valori in cui credo fermamente. Rimpianti? L’unico è quello di non aver frequentato l’Accademia di Arte Drammatica. So che mi avrebbe aperto molte strade, ma so anche che quello che ho fatto mi è servito e mi servirà ancora.
La mia bella chiacchierata con Evelyn si conclude così, lasciandomi stupita della freschezza e spontaneità di questo confronto e di questa giovane donna che vede nel meglio di sé il meglio della propria terra.
In fondo è quello che piace a noi di Ciavula: cercare nella semplicità, scavare nelle vite degli altri, scoprire e riscoprire. Per questo motivo e per molti altri, avanti tutta Evelyn!