Le donne bambine che salveranno il mondo
Una ragazzina quattordicenne chiede semplicemente di poter vivere in Germania con i suoi genitori. Un lavoro. La scuola. Un tetto. Un pasto caldo.
Li chiede perché questo mondo con le sue leggi ci ha divisi in due grandi categorie: ci siamo noi privilegiati che abbiamo diritto (di riffa o di raffa) ad un minimo di esistenza e chi, invece, non ha diritto a nulla e l’esistenza gli viene negata.
La ragazzina si chiama Reem Sahwil, è palestinese, proviene dal Libano. Dopo quattro anni di residenza in Germania, chiede per sé e la sua famiglia il riconoscimento dello status di rifugiati che significa una carta, un permesso di soggiorno per continuare a vivere dignitosamente.
L’interlocutrice è la Cancelliera Angela Merkel. Risponde duramente che la Germania non può accogliere tutti i profughi del Libano o dell’Africa. Lo dicono in tanti.
Reem rompe in un pianto sconsolato, sente che il più ricco paese d’Europa le sta crollando addosso. Le sue spalle sono fragili, minute, ma ha su di sé gli occhi di mezzo mondo; provoca commozione e indignazione.
La più piccola donna del mondo straccia davanti all’opinione pubblica la donna più potente della terra. La costringe ad avvicinarsi, a compiere un gesto freddo, di facciata, ipocrita. Ma la costringe! Sa di essere scesa nell’abisso dell’inumanità dello Stato e degli stati, dove non c’è un futuro per nessuno come nei lager nazisti.
Se le espressioni più elementari che la natura ci ha donati, come il pianto, il riso, la fame, la sete, l’amore, riescono ad essere più potenti dei potenti, a far vergognare chi ha il potere e a fare breccia nella ragione della gente vuol dire che l’umanità non è finita, e Reem ci rafforza nel dover essere sempre più primitivi, apolidi, neri, gialli, rossi, cosmopoliti, cittadini del mondo, di un mondo libero, senza confini così come è nato dalle viscere del cosmo, dove il diritto alla vita è sacro e inviolabile per tutti, ovunque.