Alle regionali il Pd vince ma non convince

Alle regionali il Pd vince ma non convince

Le elezioni svoltesi il 31 maggio in diverse regioni italiane ci forniscono delle indicazioni meritevoli di attenzione:
Il PD vince ma non convince. La “partita elettorale” finisce 5 a 2 in favore del centrosinistra, che vince ampiamente in Toscana (Rossi), Puglia (Emiliano), Marche (Ceriscioli), mantiene l’Umbria (Marini) e recupera la Campania (De Luca), perdendo invece nettamente in Veneto (Zaia) e con un certo stupore in Liguria (Toti), dove pesa anche lo strappo con la minoranza interna.

Campania: Il discusso Vincenzo De Luca vince con un margine di circa due punti percentuali contro Stefano Caldoro , governatore del centro-destra uscente (41% a 38%). Al terzo posto la candidata del M5S Valeria Ciarambino. Ora però De Luca dovrà fare i conti con la legge Severino.

Liguria: Toti, appoggiato dall’intero centro-destra, raggiunge il 34% dei volti superando Paita che si ferma intorno al 28%. Anche qui risultato molto importante per il M5S la cui candidata, Alice Salvatore, sfiora il 25%.

Toscana: il governatore uscente Enrico Rossi (PD) stravince raggiungendo il 48%. Risultato importante per la Lega Nord che raggiunge il 20% con il candidato Claudio Borghi.

Puglia: Vince con ottimo margine Michele Emilano del PD e si ha una rilevante affermazione per il M5S.

Veneto: Luca Zaia della Lega Nord vince superando il 50%. Flop per il PD, che si ferma intorno al 23%.

Marche: Luca Ceriscioli del centrosinistra supera il 40%, seguito da Gianni Maggi del M5S al 21% e Francesco Acquaroli intorno al 19%.

Umbria: Catiuscia Marini del PD vince raggiungendo il 42% delle preferenze. Claudio Ricci del centrodestra si attesta intorno al 39%, Andrea Liberati del M5S al 14%.

Dai dati emersi si evince che il PD, barcollando e tremando non poco, resta in proiezione nazionale il primo partito con il 23%, seguito dal M5S al 18% e dalla Lega Nord al 13% circa.
Movimento 5 Stelle e Lega sono dunque i sostanziali vincitori, sebbene tramite scelte e percorsi diversi.
Il M5S, divenendo di fatto il secondo partito in Italia, risulta essere il reale antagonista del PD in caso di ballottaggi anche futuri previsti dall’Italicum.
Il risultato di queste elezioni risulta ancora più importante se si considera che Grillo e Casaleggio hanno avuto un ruolo secondario nella campagna elettorale, a dimostrazione della concreta maturità raggiunta dal Movimento, che potrebbe divenire un interlocutore sempre integro ma probabilmente più flessibile nei prossimi scenari politici.
La Lega da tempo attua una strategia di autorottamazione, cambiando i propri slogan, che restano sempre idioti (opinione personale) ma quanto meno sono diversi. Ecco allora che si è passati dal “Prima il nord” di qualche anno fa al più moderno “Prima l’Italia” o “Fuori i rom”. Insomma, sempre contro qualcosa, si sceglie un nemico comune e lo si demonizza a puntino. Eppure, i ritornelli ossessivo-compulsivi dell’onnipresente Salvini hanno dato i loro frutti, e ne va tenuto conto.
M5S e Lega hanno in comune di aver accolto e raccolto l’emergente rifiuto del falso bipolarismo centrodestra-centrosinistra, che troppo spesso anche di recente si è rivelato un sistema orgiastico acchiappatutto.
Immancabile una considerazione sul fortissimo astensionismo che ha caratterizzata anche questo appuntamento elettorale, riguardando circa il 50% degli aventi diritto.
Ennesimo, pericoloso segnale di disaffezione e disinteresse verso la politica, fondato sulla convinzione che “tanto sono tutti uguali e non cambia niente.”
Finché l’astensionismo sarà così elevato, tutta la politica avrà fallito.

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