Intervista allo scrittore Francesco Lo Giudice
L’ intervista a Francesco Lo Giudice è stata realizzata il 26 marzo 2015, presso la Biblioteca Comunale di Caulonia Marina, in occasione della presentazione del suo libro “Cambiare il Sud per cambiare l’Italia. Scritti sulla questione meridionale italiana ed europea” (Apollo edizioni).
Si presenti ai nostri lettori.
Intanto auguri per l’ esordio del giornale on line, sono sicuro che avrà un grande successo, soprattutto se voi lo vorrete. Mi chiamo Francesco Lo Giudice, dottore di ricerca in Sociologia Politica presso l’Università della Calabria e responsabile cultura dell’ Anci giovani Calabria, associazione dei giovani amministratori calabresi. Sono autore di questo libro che è stato pubblicato un anno fa e che ha come scopo quello di divulgare una personale convinzione ossia che è arrivato il momento del Sud Italia. Il nostro territorio che finora ha svolto un ruolo passivo nello sviluppo nazionale, oggi per una serie di mutamenti di circostanze, sia interni che esterni al nostro territiorio, si candida a divenire una grande occasione per lo sviluppo e il rilancio dell’ economia e della società nazionale. E in questo libro spiego perché sia con teorie sociologiche che con l’ apporto di dati numerici. Spiego il perché questo è possibile, il perché qui al Sud è possibile un cambiamento autentico.
Cosa intende per cambiamento autentico?
Per cambiamento autentico intendo la capacità dei nostri territori finalmente di diventare autonomi da un punto di vista della produzione della ricchezza per il benessere di tutti, quello che finora non è avvenuto, e faccio riflettere sul fatto che basterebbe ridurre lo scarto enorme che c’è tra le risorse infinite e preziose di tutti i generi di cui disponiamo e la nostra capacità di valorizzarle appropriatamente per incamminarci appunto verso una storia nuova .
La “questione del Sud” è una questione che affonda le sue radici nella notte dei tempi. Lei in che cosa individua la causa principale dell’ arretratezza del nostro territorio?
Bella domanda! Io non credo che ci sia una sola motivazione all’arretratezza, al mancato sviluppo e al sottosviluppo di questa importante parte dell’ Italia che, lo amo ricordare, costituisce un terzo dell’ Italia sia per estensione geografica che per numero di abitanti. Certo è che si possono individuare due filoni di cause. Il primo filone è la volontà governativa nazionale che è stata volta ad alimentare il Nord e a relegare il Sud, sostanzialmente semplifico, in un ruolo passivo dello sviluppo sia in termini di risorse umane che in termini di consumatori della merce prodotta altrove nel resto d’ Italia. Quindi, intanto la volontà nazionale, la volontà dei governi nazionali che secondo me hanno agito per far diventare l’Italia un Paese più coeso però è stata un’ azione non direi ipocrita ma non autentica, non forte. Il secondo filone di cause siamo noi meridionali che ancora continuiamo a reagire, purtroppo, in maniera negativa al fatto di essere un territorio abbandonato o non considerato pienamente dalle volontà nazionali.
Solitamente, però, quando si parla di freno allo sviluppo del Meridione si pensa ad un fenomeno in particolare: quello mafioso.
Per un periodo pensavo fosse la mafia, ti dico la verità. Ho condotto i miei studi universitari e anche quelli del dottorato pensando che il grande ostacolo alla nostra libertà, al nostro sviluppo, fosse la mafia. Certamente il fenomeno criminale mafioso è uno dei freni piu forti che ci sia, è una delle condizioni negative peggiori che abbiamo ma secondo me non è l’ unico e certamente non è il principale. La condizione, non è proprio una causa, che racchiude i nostri mali è l’ incapacità di produrre autonomamente la nostra ricchezza. Cioè il fatto che questo territorio ha bisogno dello Stato in maniera veramente esagerata per poter garantire il benessere dei suoi concittadini, cosa che invece non capita dappertutto, ad esempio al Nord. Noi qui vorremmo più Stato, al Nord ne vorrebbero meno perché lì riescono a produrre ricchezza sufficiente a garantire il benessere a tutti loro. Noi invece pur abitando un paradiso, perché è un paradiso terrestre il nostro, pur essendo titolari di molte risorse da quelle naturalistiche a quelle architettoniche, a quelle culturali, a quelle archeologiche, a quelle umane non riusciamo a fare questo grande cambiamento ossia a diventare autonomi da un punto di vista di produzione del benessere. Secondo me con i cambiamenti che ci sono stati e il nostro impegno riusciremo in questa grande metamorfosi, io la definisco una metamorfosi perché così è. Se vorremmo, perché tutto passa poi dalle volontà, saremo in grado di far compiere a questo nostro territorio una metamorfosi.
Qual’ è la novità di questo libro?
Io dico che per una serie di ragioni la volontà nazionale cambierà perché adesso è interesse dell’ Italia, del sistema produttivo e culturale italiano, di investire su di noi perché altrimenti dubito che l’ Italia riuscirà a recuperare quella forza che aveva prima e che l’ ha resa uno dei Paesi migliori del mondo, più evoluti del mondo. Quindi, nella consapevolezza che stia cambiando quel grande ingranaggio io esorto anche ad un cambiamento nella nostra mentalità cioè dico guardate che sono avvenuti molti mutamenti nella nostra società, nel nostro Paese, noi dobbiamo esserne consapevoli e dobbiamo agire di conseguenza. Se anche noi metteremo del nostro, mi riferisco principalmente alla fascia di età dai venti ai quaranta anni, se questa generazione si impegnerà nel cambiamento soprattutto delle proprie abitudini, se tornerà ad essere propositiva nei confronti della propria realtà, secondo me in pochi anni potremmo fare una svolta davvero grande. Non solo per una speranza, perché la mia è una speranza innazitutto, ma per una consapevolezza che il mondo è cambiato e questo cambiamento offre a noi meridionali delle grandi opportunità che dobbiamo saper cogliere.
Il potenziale c’è dobbiamo solo metterlo in pratica?
Il potenziale c’è tutto. Sarà difficile perché finora nel nosro territorio o si è rimasti e ci si è adeguati in negativo o si è andati via. Oggi se noi prendiamo consapevolezza dei cambiamenti che sono già in moto e se sappiamo volgerli a nostro vantaggio, a vantaggio della nostra azione quotidiana, del nostro coraggio, della nostra iniziativa, della nostra intraprendenza, secondo me produrremo questo grande cambiamento cioè resteremo qui e diventeremo agenti di cambiamento, diventeremo noi i costruttori di una società forte, virtuosa. Ci sono le opportunità se non le sprechiamo!
Per concludere con le stesse parole di Gianni Pittella, Vicepresidente del Parlamento Europeo, che ha curato la prefazione al libro: «La vera sfida per il Mezzogiorno e la Calabria non si gioca a Bruxelles e nemmeno a Roma. Essa si decide dentro di noi e necessita una vera e propria rivoluzione culturale come Francesco auspica nel suo libro. Solo cambiando i nostri comportamenti, riusciremo a modificare il Mezzogiorno».