Francesco Modafferi: storia di un gioiosano perbene
Sono passati già sei anni dal 7 aprile 2009, da quando, nella sua casa di Gioiosa Ionica, veniva a mancare il Professore Francesco Modafferi, maestro elementare ed ex sindaco del Comune di Gioiosa Jonica. Ma non basta solo questo per descrivere Francesco Modafferi. E’ difficile raccontare un personaggio così significativo per la nostra storia, il rischio è sempre quello di risultare melensi o inadeguati, per questo ho chiesto al figlio Sandro di aiutarmi a descrivere suo padre.
Tuo padre è conosciuto come “il Professore”, ma in realtà è stato maestro, intellettuale, scrittore, sindaco antimafia, militante comunista. Qual è la caratteristica che, a tuo avviso, lega tra loro tutti questi ruoli?
La coerenza. Mio padre è sempre stato un uomo coerente. E rigoroso. In qualsiasi ruolo e sotto ogni veste ha sempre mostrato coerenza, rigore ed onestà. Da figlio ammetto che forse a volte è stato anche troppo rigoroso, ti faccio un esempio: quando io e i miei fratelli rientravamo da scuola con un buon voto, lui non si ”lanciava” in complimenti particolari, era normale che fosse così. Ci ripeteva sempre che era nostro dovere essere bravi studenti, perché noi eravamo fortunati a poter studiare senza dover lavorare. A questo proposito spesso mi raccontava che quando era ragazzo, di sera, anche durante la guerra, accendeva una candela e studiava. Non è stato semplice per lui conseguire il diploma di maestro elementare. Mio padre era originario di Acquaro di Cosoleto, frazione di un piccolo comune vicino Taurianova e la sua era una famiglia semplice, di contadini. Anche per questo ha avuto sempre profondissimo rispetto per le fasce più umili e deboli e una concezione gramsciana dell’educazione e dello studio. Ha iniziato a fare il maestro elementare a Roghudi, poi è stato trasferito a Gioiosa e ha insegnato a Bombaconi, frazione di Grotteria; a Gioiosa ha incontrato e sposato mia madre. Ma, nonostante la distanza, non ha mai smesso di frequentare i suoi genitori, anzi quando eravamo piccoli ci portava sempre dai nostri nonni, voleva che li conoscessimo e li rispettassimo. Ecco, anche questo aspetto di mio padre è importante, il senso profondo di rispetto verso la famiglia, caratteristica che ha trasmesso a tutti noi figli.
Il nome di tuo padre è legato ad uno degli avvenimenti più significativi della storia di Gioiosa: l’assassinio di Rocco Gatto. Nel 1977, infatti, proprio durante la sindacatura di tuo padre, veniva ucciso dalla ‘ndrangheta il mugnaio comunista Rocco e il Comune di Gioiosa Ionica, primo nella storia, deliberò di costituirsi parte civile nel processo contro i presunti esecutori del delitto. Come ha vissuto tuo padre quei momenti? Che ricordi hai di quei fatti?
Non è stato un periodo facile, ma per mio padre non poteva essere altrimenti, non avrebbe potuto agire diversamente. Era cosciente dei pericoli e dei rischi per se e per la famiglia, ma era un militante comunista e per lui la lotta alla ‘ndrangheta era una battaglia di civiltà e di emancipazione. A quel tempo riuscì a costruire, assieme al PCI e all’Amministrazione Comunale, una rete di consenso verso l’antimafia coinvolgendo non solo i compagni del partito comunista, ma le istituzioni democratiche, i socialisti, i democristiani, la Comunità di base di don Natale Bianchi, senza dimenticare lo straordinario sostegno del Comandante dei Carabinieri Niglio, che è stato davvero al servizio dell’antimafia.
Fu un periodo difficile, ti dicevo, ma diede modo a mio padre di far conoscere quella parte sana del suo meridione, che tanto amava, a tutto il mondo; pensa che nell’archivio di mio padre sono ancora conservate copie di articoli ed interviste in francese, inglese, tedesco, russo ecc. Ti racconto questo episodio: durante quel periodo veniva invitato a molte manifestazioni, una di queste si tenne nel comune di Piossasco in provincia di Torino e per pubblicizzare l’evento fecero passare un elicottero sul paese che dall’alto faceva cadere dei volantini che pubblicizzavano l’incontro con il sindaco antimafia di Gioiosa Ionica; lui era orgogliosissimo, ma non per se stesso, piuttosto perché Gioiosa sarebbe stata conosciuta e riconosciuta ovunque. Non posso non ricordare a questo proposito la grande manifestazione che si tenne il 16 aprile 1978, il primo sciopero nazionale contro le mafie; c’era tantissima gente da tutta Italia, tutti compatti a sostegno della lotta alla illegalità per il riscatto del meridione tutto. Famosissimo è diventato il Murales dipinto sulla facciata del Teatro di Gioiosa, che mio padre come Sindaco, tenacemente e non senza qualche critica in paese, fece realizzare da artisti locali e della Cgil di Milano che gratuitamente realizzarono l’opera.
Tre dei 4 figli (Riccardo, Ornella e io) eravamo all’Università a Pisa in Toscana a studiare e mia sorella Erles stava concludendo il Liceo Classico a Locri. Sapevamo che la situazione a Gioiosa non era facile, sapevamo delle telefonate minatorie, dell’auto rubata a nostra madre. Anche a Pisa i giornalisti ci cercavano per parlare di nostro padre, della sua lotta, ma facevamo politica anche noi e quello che ci premeva era il riscatto del meridione, volevamo parlare di quello, era l’idea di politica come impegno civile, quella che nostro padre ci aveva praticamente insegnato, trasmesso. Credo che nostro padre abbia voluto in qualche modo tutelarci da eventuali pericoli; ci ha informato, ma non ha mai voluto coinvolgerci fino in fondo; ricordo che in quel periodo ero ad una manifestazione per la Pace a Milano e casualmente lessi su Repubblica un titolo: “Mi ammazzino pure tanto io non mollo”. Era un’intervista a mio padre e io non ne sapevo nulla, non ti dico lo stupore!
Tuo padre ha continuato la sua attività politica fino alla fine, ma qual era la sua opinione negli ultimi tempi?
Non era positiva, diceva sempre che avevamo perso. Perso l’occasione di combattere fino alla fine una guerra a cui lui aveva provato a dare il suo contributo. Ciò che più lo amareggiava era la consapevolezza che non si fosse capito fino in fondo che la politica si fa insieme, le battaglie, tutte, a partire da quella contro la ‘ndrangheta, si vincono solo se si crea rete, se si lavora insieme, compatti. Un uomo solo non può nulla, questo la sapeva bene mio padre. Ha sempre sostenuto che tutto ciò che era riuscito ad ottenere era frutto dell’azione congiunta di tutte le forze che si erano schierate al suo fianco. Si sentiva a disagio a sentir parlare di disgregazione dei partiti, diciamo che dopo la fine del Partito Comunista non è mai più riuscito a trovare una collocazione che lo facesse sentire pienamente realizzato; in fondo mio padre era un anarchico, credo l’abbia anche detto da qualche parte, aveva una grande fiducia nel popolo, nelle classi sociali più umili e nella loro capacità di riscatto.
Modafferi non è stato solo un politico, ma anche un intellettuale vero. Tra l’altro ha scritto anche diversi testi. Puoi raccontarci questo aspetto di tuo padre?
Si, si è sempre dedicato a raccogliere materiale per creare un suo archivio personale. Voleva possedere tutto ciò che parlava di questione meridionale, di Calabria, di Gioiosa. Non c’è un manifesto che sia stato affisso a Gioiosa che lui non abbia conservato, li andava a chiedere direttamente al Comune, qualcuno forse l’ha persino staccato dal muro! Voleva sapere quanto più possibile, per raccontare la sua visione del meridione attraverso Gioiosa. Ha scritto oltre a saggi su varie riviste, anche tre libri: “Movimenti di protesta e lotte contadine dal fascismo al secondo dopoguerra: Gioiosa Jonica”, La tradizione musicale a Gioiosa Jonica” e “La fontana monumentale borbonica“. Ti racconto di questo ultimo testo per darti l’idea di come lavorava: per scriverlo ci ha impiegato anni, perché ha raccolto minuziosamente materiale, ha verificato le fonti ed ha capito che la realizzazione di quella fontana era legata allo sfruttamento delle classi subalterne di Gioiosa e quindi, ai tempi moderni, doveva essere vista come una testimonianza indelebile di quel dolore. Ha sempre raccontato delle gente umile e, se vai a vedere, ogni opera è sempre dedicata a loro.
Ultima domanda: martedì 7 aprile, a sei anni dalla sua scomparsa, nella Biblioteca Comunale diverrà fruibile la donazione dei testi di tuo padre che voi figli avete scelto di donare a Gioiosa Ionica. Cosa pensi direbbe tuo padre di questa iniziativa?
Ne sarebbe orgoglioso ma nello stesso tempo preoccupato per la loro conservazione e fruibilità. Devo riconoscere però che l’iniziativa dell’Amministrazione Fuda va nella giusta direzione e ha tutto il mio plauso.
Attraverso questa interessante chiacchierata con Sandro Modafferi ho avuto il piacere di approfondire la conoscenza del Professore Modafferi, di Ciccio Modafferi. Ho avuto l’onore di incontrarlo durante la mia adolescenza, quando mi riempivo la bocca di concetti troppo più grandi di me, come di lotta di classe, antifascismo, antimafia, come se ne capissi davvero, come se ne avessi una vera consapevolezza. Io non ne avevo, ora lo so, ma lui si. E lo si percepiva. Ricordo che a noi giovani ripeteva sempre “la politica è sacrifizio”, ma noi non capivamo cosa volesse dire, a me sembrava solo una frase detta da un “vecchio comunista”, uno di quelli che esagerano sempre. Ora mi rendo conto del senso delle sue parole e di quanto ancora oggi ci sia bisogno di qualcuno che avverta la Politica come servizio, come “sacrifizio”, come strumento attraverso il quale operare per il riscatto della nostra terra. Ecco perché è davvero indispensabile che a Gioiosa rimanga sempre viva l’eredità di Francesco Modafferi.