ANIME NERE, I SILENZI DEI DIFENSORI DELLA PATRIA

Tempo fa, venne paventata l’ipotesi di spostare i bronzi di Riace da Reggio Calabria a Milano per l’Expo. Apriti cielo. Intellettuali, politici, giornalisti, amministratori, comitati, partigiani del meridionalismo con ogni mezzo e in ogni modo si opposero. All’unisono si gridò con forza e orgoglio calabro che questa terra non poteva e non doveva essere scippata nuovamente.

Ogni giorno, puntualmente si leggono editoriali, riflessioni e attacchi alla magistratura che sventrerebbe questa terra e questa fragile democrazia sciogliendo comuni infiltrati dalla ‘ndrangheta.

Spesso, molto spesso, si condannano donne e uomini di Calabria colpevoli di aver denunciato e portato alla ribalta i lati orribili che pur esistono: «la nostra regione non merita di essere vilipesa in questo modo» urlano dalle colonne dei giornali i difensori della nostra intoccabile reputazione.

Calabria-Poster-Locandina-2015

Intanto il film Anime Nere di Francesco Munzi che tanto successo sta avendo in giro per il mondo, in Spagna è stato tradotto con questo titolone: CALABRIA.
Un’operazione di marketing questa si, gravissima e lesiva dell’immagine di un’intera regione. Di un intero popolo. Che mira ad identificare con la Calabria tutta, quello spaccato drammatico, violento, tribale, animalesco e ignobile che Munzi racconta nel suo film. Per i cugini spagnoli, tutti i calabresi da ora in poi saranno anime nere e i nostri paladini della patria muti. Silenti. Dove sono andati a finire? Dove sono gli editoriali di condanna e di ribrezzo? Dove sono le parabole culturali in difesa della calabresità? Spariti. Tutti spariti.

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