Caulonia: la vita al tempo dei Nokia 8310

Caulonia: la vita al tempo dei Nokia 8310

Qualche giorno fa, in modo del tutto casuale, ho ritrovato il mio vecchio Nokia 8310.
Era riposto in fondo ad un cassetto, non più funzionante ma esternamente integro e resistente al tempo come la nostra memoria, che incamera ricordi e frammenti di vita pronti a tornare alla mente anche quando sembrano ormai sepolti dal corso degli eventi.
Erano altri tempi quelli del Nokia 8310: probabilmente per tutti, di sicuro per la mia generazione, le cui principali preoccupazioni all’epoca erano l’acne giovanile e i primi amori (non si scherza con i brufoli e con l’amore).
Tanto per cominciare quei telefoni non si connettevano ad internet: niente Wi-Fi, niente Whatsapp, niente Facebook, niente Instagram.
Riuscite a pensarci o la sola idea vi turba?
Si usavano gli sms con limite massimo di 160 caratteri e, dal momento che ogni sms costava almeno dieci centesimi, per risparmiare spazio e denaro si era obbligati a scrivere abbreviando persino le abbreviazioni. Ne veniva fuori un miscuglio di segni molto più simile ad un’equazione di secondo grado che a frasi di senso compiuto.
Le ricariche telefoniche erano pertanto di vitale importanza: bisognava essere bravi ad ottenerle e ad amministrarle.
La loro durata era inversamente proporzionale alla fortuna in amore: più si era corrisposti, maggiore era il numero di sms inviati durante il giorno, meno durava la ricarica.
Una sorta di quantificazione economica della buona sorte, insomma.
Quando si restava senza credito, l’alternativa erano gli squilli.
Chi è nato tra gli smartphone non avrà mai modo di capire quanti significati e quante sensazioni ci fossero dietro uno squillo: farlo significava rivolgere un pensiero, richiedere un’attenzione; riceverlo trasmetteva contemporaneamente euforia e curiosità.
Gli squilli lanciavano un segnale che bisognava avere la pazienza di interpretare: per certi versi, insegnavano il piacere dell’attesa e della scoperta.
Oggi, quasi senza rendercene conto, abbiamo perso la capacità di aspettare: i nostri tempi sono scanditi con spasmodica frenesia dall’uscita dell’ultimo modello di iPhone o dall’ultimo aggiornamento di Whatsapp, che ci consentirà di controllare ancora meglio le azioni altrui, quasi a volerne intercettare gli stati d’animo attraverso lo schermo.
Si vuole tutto e lo si vuole subito, stare al passo ed uniformarsi è indispensabile per sentirsi vivi.
Il progresso tecnologico, che per molti aspetti ha migliorato le nostre vite, produce effetti negativi nel momento in cui gli si permette di diventare un alienante processo di omologazione e spersonalizzazione.prof-cellulare ev
Al tempo dei Nokia 8310, attendere era in alcuni casi necessario.
Si pensi per esempio al gioco del Fantacalcio, molto diffuso tra i ragazzi: oggi un’app risolve tutto, consentendo di inserire la formazione ed aggiornando i voti dei giocatori in diretta.
Quando i cellulari non avevano internet, per conoscere il vincitore si doveva aspettare la Gazzetta dello Sport del martedì, da consultare preferibilmente a scuola approfittando dei momenti di distrazione degli insegnanti.
Risultati e classifica venivano meticolosamente riportati sull’apposito “quaderno del Fantacalcio”, che conteneva calcoli, speranze di vittoria ed imprecazioni da sconfitta, ma soprattutto rappresentava un gioco.
Si finiva per essere affezionati a quel quaderno, perché inevitabilmente ci si affeziona a tutto ciò che fa sperare, imprecare, gioire.
Come detto, erano tempi diversi: si avevano certamente meno strumenti a disposizione ma, forse proprio per questo, si era meno social e più socievoli, la realtà concreta si preferiva a quella virtuale e si partiva dal presupposto che stare insieme fosse il modo migliore per condividere.
Senza dimenticare che per occupare i tempi morti c’era pur sempre Snake, storico gioco dei Nokia il cui obiettivo era far mangiare la mela ad un serpente evitando di sbattere contro gli ostacoli o contro il suo stesso corpo, che si allungava mela dopo mela.
Fare il record di punti a Snake regalava inenarrabile soddisfazione.
Molto altro si potrebbe ancora dire, ma è tempo di riporre il vecchio Nokia al suo posto e chiudere il cassetto.
Guardo lo smartphone, controllo Whatsap e le notifiche su Facebook.
Va bene così: il tempo passa e noi andiamo avanti seguendo l’incedere della vita.
Eppure, ogni tanto è piacevole fermarsi e riaprire i cassetti della memoria.

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