Locri, Liceo Scientifico Zaleuco: La Scuola rinuncia al suo ruolo

Locri, Liceo Scientifico Zaleuco: La Scuola rinuncia al suo ruolo

zaleuco

Da poco tempo ho lasciato i banchi di scuola del Liceo Scientifico Zaleuco per prendere posto nelle aule più grandi dell’università. Sebbene non sia passato molto tempo da allora ancora riecheggia lo slogan “a scuola non si fa politica”. Chi mi conosce potrà ben immaginare quanto possa essere in disaccordo, e il disappunto si è acuito allorquando mi è giunta notizia che proprio al liceo Zaleuco di Locri, un gruppo di ex studenti, coadiuvati da altrettante persone interessate, avrebbero voluto organizzare un dibattito costruttivo sulle ragioni del “SI” e del “NO” in prossimità dell’avvicinarsi del referendum riguardante la riforma costituzionale che, a ben vedere, è un momento di alta democrazia per tutti gli italiani.

Organizzato sommariamente l’evento, fatta richiesta d’intervento di deputati e consiglieri regionali, e con il manforte di molti professori dell’istituto, sembrava che tutto fosse ormai pronto per la realizzazione di un dibattito sociale e democratico che mettesse in luce i dubbi e le perplessità, che desse delle risposte approfondite in merito alla questione. Tuttavia, quando sembrava che tutto volgesse per il meglio c’è stato un cambio di rotta repentino con un conseguente netto diniego del Dirigente Scolastico preoccupato del fatto che gli alunni potessero perdere tempo e lezioni scolastiche.

Mi verrebbe da pensare, allora, che non sia stato compreso a pieno lo spirito di questa iniziativa, vale a dire uno spirito di crescita culturale perché la responsabilità che abbiamo tutti – nessuno escluso – per far ripartire il nostro paese è enorme: una società, una scuola, che non si interroga su quel che succede, è esposta a pericoli indicibili.

Infatti, il rapporto al giorno d’oggi tra i giovani e la politica è molto complesso. È sempre più difficile trovare giovani che si incontrino per parlare di politica o che si interroghino del motivo per il quale il governo prenda determinate decisioni o quali potrebbero essere le soluzioni. La politica non è più vista come strumento di confronto tra le persone, non è considerata elemento essenziale su cui si fonda la convivenza civile e la democrazia, non consiste più nel capire le idee degli altri. La politica non è più dialogata, ma è qualcosa di negativo che non deve entrare nelle scuole. Non è qualcosa di cui si deve parlare.

E se la politica perde senso a 17 anni, come faranno questi ragazzi a esercitare il loro diritto di voto, quando ne avranno la possibilità? Quando saranno protagonisti dell’Italia di domani, da elettori, da lavoratori?

Aristotele scriveva che “l’uomo è un animale politico”. Tutto, quando si agisce nella collettività, è politica. Qualsiasi azione, pensiero, è tale in quanto incide sulla vita sociale. A maggior ragione il rapporto scuola/politica diventa inscindibile perché la scuola è pienamente inserita nella società.

Quindi, concludo, egregio Dirigente Scolastico, la scuola non dovrebbe essere un istituto al di fuori del mondo, oltre la società, né oltre la politica. Questo sarebbe stato solo un momento di ritrovo culturale per far sentire protagonisti i ragazzi, per dare loro una cultura civica, per dare loro gli strumenti essenziali per giudicare quello che succede in politica al fine di potersi creare un pensiero autonomo. Bisogna iniziare a interessarsi di politica. Bisogna formare giovani che si impegnino in una politica pulita, sana, che ascolta i bisogni della gente e i loro problemi ma non possiamo farcela senza l’aiuto della scuola.

La scuola esca dalla concezione tradizionalista. La scuola (e i suoi dirigenti scolastici) si evolva, per il bene della società.

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