Fidel Castro: il ricordo di Giovanni Maiolo

Fidel Castro: il ricordo di Giovanni Maiolo

“Per non lottare ci saranno sempre

moltissimi pretesti in ogni epoca e in ogni circostanza,

ma mai, senza lotta, si potrà avere la libertà”

Fidel Castro

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Quando la sera del 5 marzo 2013 appresi della morte del Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela Hugo Chavez, piansi. A dire il vero continuai a piangere per giorni. Perchè non moriva un uomo, ma una speranza.

Quando stamattina ho saputo della morte di Fidel Castro, non ho pianto. Neanche una lacrima. Perchè la speranza suscitata tanti decenni fa ormai era spenta da tempo.

In un’Italia senza sinistra sono orgoglioso di definirmi chavista, ma non mi sognerei mai di definirmi castrista. Non nel 2000.

Quella di Chavez non fu una morte improvvisa, era malato da tempo e per curarsi faceva la spola tra il suo Paese e Cuba. Sapevamo tutti che era questione di tempo. Furono mesi di angoscia per tutti coloro che avevano visto l’ex cortile di casa degli Stati Uniti liberarsi dalle catene grazie al processo rivoluzionario innescato da Chavez. Un processo rivoluzionario ma democratico, che per poco non gli costò la fine di Allende, il Presidente cileno democraticamente eletto e poi morto durante il golpe del generale Augusto Pinochet, sostenuto dagli Usa.

Il golpe del 2002 contro Chavez non gli costò la vita perchè una parte dell’esercito, da cui proveniva, gli restò fedele e perchè la popolazione insorse e circondò Miraflores, il palazzo presidenziale a Caracas. Era il segno che qualcosa stava cambiando, che l’imperialismo statunitense cominciava ad arretrare. Non c’era più solo Cuba, che ormai non era più nemmeno uno spauracchio dopo la caduta dell’Unione Sovietica, a resistere. La resistenza cresceva e stavolta veniva da un paese che esporta petrolio verso il Nordamerica. E poi l’Ecuador, la Bolivia, l’Argentina, il Brasile, il Nicaragua, il Paraguay…

Ho visitato il Venezuela di Chavez e prima o poi scriverò, magari in uno dei tanti libri sospesi che attendono di essere scritti, di certi aneddoti che mi hanno fatto amare Chavez e quell’esperimento sociale. Di ritorno dal Venezuela venni contattato dall’ambasciata venezuelana in Italia, mi invitarono a Roma e da allora manteniamo i rapporti. Ho avuto il piacere anche di essere invitato ad incontrare l’attuale Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro.

Quello che oggi accade in Venezuela segna una parziale sconfitta dell’esperienza chavista. Il tentativo di Chavez di diversificare l’economia venezuelana, troppo dipendente dal petrolio, avrebbe richiesto più tempo. Tempo che non ha avuto. Oggi che gli Usa sono riusciti a fare abbassare il prezzo del petrolio l’economica venezuelana vive una profonda crisi. Non solo non riesce più a sostenere l’esperienza cubana (a cui cedeva petrolio in cambio di medici) ma nemmeno la grande rete di paesi latinoamericani che si erano alleati nell’Alba, l’Alleanza Bolivariana per la Americhe. Quello che il capitale non riesce ad ottenere con libere elezioni se lo prende in altri modi. Ma il Venezuela non è ancora caduto e non cadrà facilmente.

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Chavez e Castro erano alleati. Probabilmente l’esperienza di uno non sarebbe esistita senza l’altro. E tra le loro due vite i parallelismi sono molti. Sia Chavez che Castro tentarono un golpe contro i rispettivi governi. Entrambi fallirono, entrambi furono incarcerati. Entrambi, una volta liberi, conquistarono il potere. Fidel se lo prese con la lotta armata. Chavez convincendo gli elettori a votarlo.

Ho studiato a fondo la storia della Rivoluzione cubana. Di tutta la Storia che conosco non trovo un’altra lotta altrettanto esaltante. Non di certo e non solo per le sue conseguenze ma perchè per una volta l’Utopia diventò realtà. Di quella lotta ho letto tutto quanto è stato scritto. Nella mia libreria esiste un’intera sezione dedicata a Cuba, con una quarantina di volumi. L’autobiografia di Castro scritta insieme a Ignacio Ramonet, un volume di quasi 700 pagine, l’ho letto ben due volte e probabilmente la rileggerò ancora, perchè la vita di Fidel nel bene e nel male non può essere la vita di un uomo solo.

Per i canoni militari la Rivoluzione cubana è impossibile, non può esistere.

Per la Politica, la Rivoluzione cubana ci dice che nulla è IMPOSSIBILE.

Dodici uomini soli e male armati (tanti ne restarono dopo lo sbarco del Granma a Cuba, dove li attendeva un’imboscata dell’esercito cubano) sconfissero un esercito sostenuto dagli Stati Uniti. E’ avvenuto ma a scriverlo, a dirlo, sembra ancora impossibile. Castro, è riuscito laddove nessuno era mai riuscito.

Durante l’imboscata tesa dall’esercito di Batista ai ribelli appena sbarcati, mentre la maggior parte dei compagni era ormai caduta sotto il fuoco avversario, Camilo Cienfuegos, altro eroe immortale della Revolucion, disse una frase che per me è diventata uno slogan. Mentre qualcuno, in quell’inferno di fuoco, gridava che dovevano arrendersi, che ormai erano quasi tutti morti, Camilo gridò “Aquì no se rinde nadie!”. “Qui non si arrende nessuno!”. Non si arresero e insieme all’uomo diventato l’emblema di quanti lottano per la giustizia nel mondo, Ernesto Guevara chiamato “el Che”, conquistarono una nazione.

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Basterebbe questo a fare di Fidel, Raul, Camilo, Ernesto e di tanti come loro delle persone straordinarie alle quali l’umanità dovrebbe dire grazie.

Camilo morì subito dopo la vittoria, il suo aereo cadde durante il volo, il corpo non venne mai trovato.

Ernesto morì su ordine della Cia in Bolivia, in una baracca di Higueras dove trascorse una notte con diverse ferite di arma da fuoco, senza che nessuno gli prestasse soccorso, senza nulla che calmasse il dolore e dove all’alba venne giustiziato.

Fidel Castro è morto oggi, dopo avere governato Cuba per 49 anni, dal 1959 al 2008. Anni lunghissimi che anche le televisioni e tanti presunti esperti in queste ore raccontano. Anni in cui c’è stata la Baia dei Porci, in cui si è rischiata una guerra nucleare a causa della crisi dei missili, anni in cui Cuba ha sempre sostenuto l’internazionalismo rivoluzionario. Anni in cui Cuba, nonostante tutto, ha resistito.

A fine 2014 ho visitato Cuba pieno di aspettative. Ho studiato un pò all’università dell’Avana, poi ho percorso tutta l’isola fino a Santiago. Ho visto le città importanti e le condizioni di chi vive nelle campagne. Ho visto un paese in cui l’istruzione è gratuita per tutti fino ai più alti livelli, una percentuale di medici che forse è la più alta al mondo. Ma ho visto anche un paese in cui quei medici non possono operare perchè mancano i farmaci (e l’embargo è solo una parte del problema, perchè Cuba commercia col Canada, con la Cina, col Brasile e via dicendo); ho visto un paese in cui di Fidel si parla male, ma sottovoce per non passare guai; ho visto un paese in cui lo statalismo ha prodotto mostri. Non sono mai stato un sostenitore del libero mercato indiscriminato, ma dopo avere visto come si lavora a Cuba (o forse meglio dire come NON si lavora), dove a dare lavoro è solo lo Stato (con qualche piccola liberalizzazione avvenuta negli ultimi anni coi cuentapropistas) sono convinto che un sistema misto sia necessario. All’Havana ho vissuto un pò in una casa particular, ossia in casa di una famiglia cubana, poi ho deciso di prendere una bilocale tutto per me, vicino all’università dove studiavo. E quando uscivo trovavo sempre qualcuno a mendicare nei bidoni della spazzatura. Una sera un ragazzo sul Malecon, il lungomare dell’Havana, riconoscendomi come un turista mi ha chiesto con occhi imploranti di dargli una saponetta di quelle degli hotel. Per una settimana in tutta l’Havana, compresi gli hotel di lusso, è mancata la carta igienica. Fuori dall’Havana Libre, l’hotel nella cui suite dopo la Rivoluzione Fidel stabilì il suo quartier generale, donne con in braccio neonati mendicano un peso convertibile (a Cuba esiste una doppia moneta, una per i cubani ed una per gli stranieri, che ha molto più valore).

Tenendo conto del contesto geografico (il Centroamerica e il Caribe) a Cuba si vive meglio che in altri posti, dopo quasi sessant’anni di castrismo. Ma quel mondo è davvero lontanissimo dalle stronzate che la sinistra italiana ci ha sempre raccontato, dalle favole ideologiche che ci racconta chi a Cuba non c’è mai stato ma pretende di indottrinare gli altri.

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Per questo quando stamattina ho saputo della morte di Fidel non ho pianto, ma un vuoto enorme mi si è collocato dentro.

Perchè l’umanità a Cuba aveva conquistato un’opportunità. E l’umanità a Cuba quell’opportunità l’ha persa.

Fidel, nel bene e nel male, ha fatto la Storia. Il Presente è figlio anche della vita straordinaria di quest’uomo dalle mille vite. Ho vissuto direttamente la Rivoluzione Bolivariana, mentre quella cubana l’ho solo potuta studiare e approfondire sui libri. Le sento mie entrambe ma Chavez è stato Presidente perchè eletto dal popolo, Fidel non è mai stato eletto anche se i militonti della defunta sinistra italiana ci raccontano che il sistema democratico di Cuba è perfetto. Cazzate da cerebrolesi: dove esiste un Partito unico ed un Sindacato unico la democrazia non esiste.

E’ vero che da molti anni ragiono sul senso della democrazia e l’incontro con uno dei fondatori dei Sem Terra per me è stato importante per comprendere alcune cose. In Brasile per esempio Dilma, democraticamente eletta, ha perso il potere perchè per via parlamentate il neoliberismo ha attuato un golpe. Non sempre servono le bombe come nel caso del Cile. Di fronte a tutto questo noi dobbiamo sempre essere silenti ed essere gli unici a rispettare le regole della democrazia? Forse è solo il pensiero di un momento ma mi sento rassicurato al pensare che la Rivoluzione Bolivariana potrà certamente cadere alle urne nel 2018, se il popolo venezuelano deciderà in tal senso, ma difficilmente cadrà prima nonostante le spallate che la Confindustria e le forze neoliberiste tentano continuamente, perchè una parte del popolo insorgerebbe ed è armata e perchè l’esercito è fedele al Presidente democraticamente eletto, come dovrebbe essere in ogni vera democrazia.

Non sono mai stato tenero con te, Fidel. Non ero nato ma sarei stato un tuo sostenitore mentre liberavi Cuba da un dittatore come Batista, ma sono nato nel 1980 e, come sa qualche compagno dell’associazione Italia-Cuba, sono stato tuo oppositore. Oppositore di un grande uomo che ha fatto la Storia ma che si è trasformato in un dittatore. Era una necessità storica? Può darsi. Il “Che” avrebbe approvato? Non lo sapremo mai.

Questa riflessione scritta di getto, che non rileggerò perchè è così che secondo me la scrittura deve esprimere i sentimenti, probabilmente risulterà incoerente ma fa niente. Ti ringrazio per quello che hai fatto perchè ci hai insegnato che NULLA è IMPOSSIBILE e che se ci crediamo possiamo realizzare TUTTO. Da avversario ti rendo l’onore delle armi e ti rassicuro con le tue stesse parole. Nessun Rivoluzionario muore mai invano.

Adios Fidel. Hasta la victoria siempre. Quella vittoria che non abbiamo mai raggiunto, nemmeno a Cuba, e per la quale continueremo a vivere e a lottare.

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