L’ente Gestore dello Sprar replica al Pd di Cinquefrondi

L’ente Gestore dello Sprar replica al Pd di Cinquefrondi

Esistono polemiche e posizioni politiche, tutte assolutamente legittime. Prima di polemizzare, però, sarebbe forse necessario conoscere le circostanze, comprendere le ragioni, confrontarsi con chi, verosimilmente, conosce meglio di noi fatti e dinamiche.
Non interverremo in una polemica politica squisitamente locale, che non ci riguarda e non ci appassiona, ma sentiamo la necessità di rispondere a quello che viviamo anche come un attacco che ci tocca in prima persona. Perché siamo anche noi quelli che conoscono i fatti, essendo l’Ente attuatore del Progetto di accoglienza di cui il Comune di Cinquefrondi è Ente titolare.
E’ doverosa una premessa.

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Gli Enti Locali che scelgono di assumersi una parte della grande responsabilità cui siamo soggetti nei confronti del fenomeno migratorio, esprimendo la volontà di avere un Progetto territoriale inserito nella Rete SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) nel proprio Comune, a nostro avviso, sono degni di stima e sostegno. A prescindere da tutto.
Esistono principi che vanno molto al di là della strumentalizzazione volta al discredito di una Amministrazione, qualunque essa sia. Nessuno, men che meno un popolo che si dice di sinistra, come quello che compone il Partito Democratico, dovrebbe avere dubbi rispetto alla necessità di accogliere e integrare chi ha avuto la sola colpa di nascere nel lato del mondo più povero, bistrattato, umiliato, bombardato, abbandonato. E non è buonismo. E’ seguire la normativa internazionale, onorando quei patti e quegli accordi sottoscritti da decenni. Ma è, soprattutto, umanità.
“Questi soggetti” sono esseri umani. Semplicemente. Il “loro percorso” non necessita di essere “programmato”. Ogni essere umano libero sceglie da sé, all’interno della cornice del vivere civile e nella piena legalità, come meglio vivere la sua esistenza. Nessuno ha il diritto di pensare il contrario con velato paternalismo ed una concezione etnocentrica ancora difficile da superare. Scopo di un Progetto di accoglienza non è accudire, ma accogliere, appunto. Orientare. Tutelare diritti, come quello alla salute, all’istruzione, alla casa, al lavoro, ad avere documenti validi e poter vivere regolarmente nel territorio. Offrire supporto psicologico a chi è vittima di persecuzioni e torture. Le esistenze di queste donne e di questi uomini non possono e non devono rappresentare “merce”, non possono e non devono divenire oggetto di strumentalizzazione.

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La scelta del Comune di Cinquefrondi è innanzitutto scelta ideale. I quindici richiedenti asilo o rifugiati che cammineranno per le strade del Paese, che intrecceranno la loro esistenza, la loro cultura, il loro credo, la loro vita, insomma, con quella dei cittadini cinquefrondesi non può che essere accolta con umana generosità. Noi crediamo nella maturità e nella voglia di crescere dei cittadini di Cinquefrondi. Non scommettiamo, perché questa scelta non è un azzardo. Abbiamo già avuto modo di percepire la grande umanità di Cinquefrondi. Come non sorridere di fronte alla prima ospite del Progetto, la piccola Precious? Lei, che con il suo anno e mezzo di vita, ha già intravisto molta più disagio e sofferenza di quanta forse noi ne vedremo nelle nostre intere vite.
Il Progetto di accoglienza, poi, ha creato e creerà un circuito microeconomico sul territorio. Ad esempio, ha permesso ad alcuni giovani cinquefrondesi di trovare un’occupazione. Alcune famiglie, inoltre, percepiscono un reddito grazie alla locazione di immobili sfitti; abbiamo, infatti, deciso di praticare l’accoglienza “diffusa”, quella che ripudia i centri collettivi che creano ghetti, ma preferisce accogliere nelle case perché ognuno possa vivere liberamente ed in maniera autonoma. Le attività commerciali che si sono rese disponibili a collaborare, avranno, poi, un incremento dei propri ricavi.
Simboli, intrecci, culture, economia, crescita, consapevolezza, possibilità, ritorno alla vita. Questo, in pochissime e parziali parole, il senso di un Progetto di accoglienza SPRAR.
Arriviamo al dunque.

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Il Bando del Ministero dell’Interno, cui il sistema SPRAR appartiene, al quale il Comune di Cinquefrondi ha partecipato, prevede che il 5% del budget complessivo sia elargito dal Comune di riferimento e Cinquefrondi ha scelto, a tale proposito, di concedere un’ala della Mediateca comunale, dove sono posti gli uffici all’interno dei quali si concretizzano le attività progettuali. Non comprendiamo, nei fatti, al di là delle polemiche, come questa attività di front-office possa “svilire l’indispensabile funzione della Biblioteca”, anche perché, l’ala concessa non è quella in cui sono conservati i libri. La fruizione dei testi è rimasta assolutamente invariata. Quindi, dove sta lo “svilimento”?
Un operatore ed un interprete sono in una stanza per tre ore al giorno con lo scopo di sostenere un richiedente asilo o un rifugiato nell’iter giuridico, sanitario o sociale che si trova ad affrontare. Quindi, ripetiamo, dove sta lo “svilimento”?
E’ perché si tratta di un Progetto di accoglienza? Il “fratello” africano o mediorientale non è in linea con la mediateca? No, non crediamo sia così. Questo sarebbe un pensiero così razzista da non poter essere neppure contemplato e siamo certi non fosse questo l’intento. Non può essere questo. Allora, deve essere per forza una la motivazione: attaccare a casaccio, andando oltre idee e principi, superando il limiti che l’umanità imporrebbe.
La verità è che, noi, crediamo nella condivisione. Delle vite e degli spazi. Se non c’è volontà strumentale, tutto può convivere senza problemi.

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Arriviamo alla lavatrice. (Perdonateci, ma dei “suppellettili” non parleremo perché, francamente, non abbiamo esattamente compreso a cosa ci si riferisca: alle tre scrivanie? Alle penne? Alla lavagna necessaria per insegnare italiano? Alle sedie?). Questa ormai celebre lavatrice è stata posta in uno dei due bagni della Mediateca comunale per consentire, nell’attesa che arrivassero i fondi e quindi fossimo nelle condizioni di fornirne una per ogni casa (abbiamo già provveduto a farlo da una settimana), che i migranti ospiti (allo stato attuale una madre e una figlia di un anno e mezzo) potessero lavare i propri panni che, una volta lavati, venivano portati nelle case e lì stesi. Questo è quanto. Nessuna lavanderia. Ma una lavatrice in un bagno, che in futuro verrà utilizzata per lavare i piumoni. Per questo, dopo aver letto il manifesto pubblico, abbiamo pensato di rispondere. Per spiegare qualcosa che, evidentemente, non era stato capito, altrimenti non se ne comprenderebbe davvero il senso.
Un’ultima precisazione. Il nostro lavoro, di concerto con l’Amministrazione comunale, è e sarà anche quello di permettere al Progetto di accoglienza di essere compreso e inserito nella trama sociale di Cinquefrondi. Abbiamo sempre ragionato in questi termini. Per questo, già l’11 gennaio 2016, abbiamo stretto un accordo di collaborazione con la Parrocchia di San Michele Arcangelo di Cinquefrondi, che prevede l’organizzazione di una tavola rotonda sui temi dell’interculturalità, del dialogo interreligioso e dell’integrazione multiculturale in cui saranno coinvolti in prima persona i beneficiari del progetto, con il supporto dei mediatori culturali, e cui saranno chiamati a partecipare anche i rappresentanti locali delle altre confessioni religiose. Tali eventi saranno aperti alla cittadinanza locale nel suo complesso, alle istituzioni, alle realtà del terzo settore, ai giovani. Abbiamo inoltre stretto accordi con molteplici realtà locali, solo a titolo d’esempio: l’Istituto Comprensivo Francesco della Scala, l’Istituto Liceale Pedagogico Musicale Giuseppe Rechichi, la Cooperativa Sociale Kalamè, l’Associazione culturale Il Frantoio delle Idee, il Consultorio Familiare di Polistena, etc. Abbiamo citato solo le realtà locali o limitrofe, abbiamo fatto molto altro e continueremo a farlo. Siamo convinti che l’accoglienza non si parla, l’accoglienza si fa. E noi, con l’Amministrazione Comunale e tutti i cittadini di Cinquefrondi che lo vorranno, la faremo. Quella vera, non quella chiacchierata.
In ogni caso, per le prossime volte, senza polemica alcuna, invitiamo tutti, forze politiche e cittadini, a domandare a chi conosce i fatti. Noi saremo sempre lieti di rispondere. Sempre.

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Al di là di tutto, la Mediateca è ancora aperta e più vivace che mai, perché è giusto che venga vissuta e amata come merita. Come cerchiamo di fare anche noi con la nostra attività ogni singolo giorno, con la nostra voglia di raccontare che un altro mondo esiste solo se lo vogliamo, solo se camminiamo insieme verso ciò che è giusto e non verso ciò che ci conviene, forti della nostra giovinezza che non è immaturità, ma passione. Scrisse Kafka: “la giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza non diventerà mai vecchio”.

Per la Cooperativa Sankara – RecoSol
Alessia Barbiero

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