A Caulonia, a Gioiosa, in ogni dove: stiamo arrivando ma dobbiamo saperlo fare
Giovanni Maiolo, direttore di ciavula.it e mio vecchio compagno di militanza politica e culturale, ha scritto (leggi QUI) che “noi stiamo arrivando”, che è finito il tempo della vecchia politica corrotta e clientelare, che viviamo un’epoca di stravolgimenti.
La generazione che si è riconosciuta in Genova 2001 e che ha praticato una reale resistenza al potere onnivoro del turbo-capitalismo degli ultimi 20 anni, pagandone anche prezzi politici assai pesanti, ha avuto pienamente ragione su una miriade di questioni: sulla finanziarizzazione estrema dell’economia, sulla svalutazione costante del lavoro, sulla progressiva proletarizzazione dei ceti medi, sull’aumento smisurato delle disuguaglianze, sul malaffare endemico di un modello di sviluppo insostenibile, ecc.
Gli spazi di partecipazione politica, dinanzi ad un quadro socio-economico devastato dalle oligarchie più spietate e più avide, si sono rattrappiti, rinsecchiti in un simulacro di democrazia divenuto nel frattempo strumento ossequioso al servizio delle classi dominanti.
Oggi, lo vediamo bene a qualunque livello, l’agibilità democratica e l’esercizio della cittadinanza trovano opposizioni di difficilissimo superamento, con le leve del potere interamente controllate in processi a-democratici e in luoghi di assoluta opacità: nei piccoli comuni e negli enti locali (per alcuni dei quali nemmeno abbiamo più il diritto di voto), negli scenari nazionali (con l’attacco sistematico alla sovranità popolare), su scala europea e internazionale (con la teorizzazione di un eccesso di democrazia da limitare e controllare, a partire dalla revisione delle carte costituzionali del secondo dopoguerra).
E’ vero. La crisi dell’attuale capitalismo globale, evidente soprattutto nella provincia europea, è anche il tramonto di un’era: persino i “poteri forti”, sempre assai flessibili e agili nella loro capacità di adattamento, stanno acquisendo la consapevolezza che il neoliberismo imperante degli ultimi decenni è semplicemente “sopravvalutato” (FMI dixit), letteralmente non funziona.
Ma l’uscita politica da questa crisi – insieme, distruttiva (di assetti di potere e di equilibri governativi) e costituente (di una nuovo modello socio-economico e, quindi, di struttura democratica) – può imboccare strade assai diverse fra di loro: come ha scritto Giovanni Maiolo, “verso l’astensionismo e il rigetto della politica, verso il populismo xenofobo di destra oppure verso l’alternativa di società proposta dalla sinistra radicale”.
“Noi stiamo arrivando”, dice Iglesias con PODEMOS in Spagna. La stessa cosa – indica Maiolo – possiamo dirla ad ogni altra latitudine territoriale, anche in una piccola comunità come quella di Caulonia.
Personalmente, io nutro qualche leggerissimo scettiscismo in più. Credo che il “potere reale” – quello che domina il mondo dal punto di vista economico e che costruisce le sue infrastrutture politiche di servizio – mantenga una lucidità strategica e d’azione assai superiore alla nostra (quella di chi vuole produrre un’autentica democratizzazione della società): il “demone” del potere sa come adattarsi, come modellarsi, come sedurre, come egemonizzare, come imporsi.
Questo avviene ovunque, nella varie dimensioni spaziali e temporali nelle quali il “potere reale” riesce a declinarsi. Anche a Caulonia, a Gioiosa o in qualunque altra comunità di popolo.
Ma c’è sempre un’eccedenza difficile da smaltire, un residuo che può rivelarsi lievito futuro. Perchè il meccanismo in qualche modo possa incepparsi, serve che qualcuno proponga (e poi sostanzi) una parola magica, quasi desueta: ALTERNATIVA. Concreta e visionaria al tempo stesso, pienamente coerente nel nesso fra teoria e pratica, dotata di libero spirito critico, partecipata e condivisa fuori da ogni logica elitaria, innovativa nelle parole d’ordine: un’alternativa, per l’appunto.
L’esempio delle ultime elezioni comunali di Gioiosa Jonica o di Cinquefrondi mi soccorre in modo quasi meccanico: comunità ancora nella disponibilità del libero gioco democratico, che hanno saputo scegliere progetti politico-amministrativi fortemente innovativi, a tratti di vera e propria rottura con gli usurati modelli oligarchici e clientelari del passato. Quell’eccedenza non abilmente smaltita dal potere consolidato e dominante.
Evidentemente, le cose accadono perchè qualcuno smette di essere puramente residuale e comincia a lavorare nella giusta direzione, calandosi con umiltà e con curiosità nei vari contesti sociali di riferimento: usa le parole che meritano di essere usate, agisce sull’esercizio della democrazia e della cittadinanza attiva, pratica una politica che conquista cuori e menti delle persone di buona volontà.
Vi è, nel senso comune e nelle illusioni di base di tante persone, una volontà di cambiamento e un’ansia di riscatto che quasi implorano possa esservi una puntuale capacità di rappresentanza: il successo del M5S, che quasi prescinde dai meriti di una soggettività dall’ambigua cultura di governo e dall’opacissima pratica democratica interna, è l’inequivocabile conferma di questa richiesta di una nuova politica.
A Caulonia (ma potrebbe essere un qualunque altro comune) vinceranno ancora i “soliti noti”, probabilmente; ma la possibilità di cambiare è tutta dipanata dinanzi a noi, rivelata nelle sue straordinarie potenzialità: sì, bisogna proprio alzare la testa e gridare al mondo che “noi stiamo arrivando”.