Editoriale: cosa succede all’Unione dei Comuni?
L’Unione dei Comuni della Valle del Torbido, dopo una positiva fase preparatoria e la puntuale celebrazione ufficiale della sua nascita, non vive un periodo di particolare salute.
I sospetti e gli indizi vi erano già (leggi QUI), oggi a confermarcelo – direttamente sulla sua bacheca facebook – è Sisì Napoli, l’assessore del Comune di Marina di Gioiosa Jonica che tanto si è speso (e, di certo, lo farà ancora) per l’Unione.
L’incapacità della neonata Unione di assumere una posizione comune sulla manifestazione di sabato scorso presso l’ospedale di Locri – per come indicato dallo stesso Napoli – è la conferma ulteriore di una fase di stanca che sarebbe opportuno superare al più presto.
Difatti, dopo la storica prima riunione del consiglio e la nomina del primo Presidente (leggi QUI), il nuovo ente amministrativo di secondo livello – grande intuizione politica dei comuni della Vallata del Torbido – non è riuscito a proseguire con efficacia il proprio percorso. Soprattutto, non è stato in grado (le motivazioni sono sia di natura tecnico-oggettiva che politico-soggettiva) di individuare gli ambiti comuni in cui esplicare pienamente il proprio ruolo (vigilanza urbana? servizi sociali? politiche culturali? programmazione urbanistica?).
Ovviamente, tornando alla mancata posizione unitaria sulla manifestazione di Locri, l’osservatore politico non può non porsi le due domande fatidiche del “chi?” e del “perchè?”, ovvero capire quale dei soggetti costituenti dell’Unione ha frenato sul documento comune e per quale motivazione di fondo.
Senza essere fini investigatori, non è difficile scovare il “chi”: l’unico sindaco a non aver sottoscritto documenti contro le forzature di Calabrese (e nemmeno a favore) è stato Totò Longo, primo cittadino di Mammola e soprattutto Presidente pro-tempore dell’Unione dei Comuni. Un pò meno agevole è capirne le ragioni: appare quasi innaturale che Longo possa aver apprezzato la “sparata” di Calabrese, siamo più propensi a pensare ad una sua freddezza di fondo verso la Roccisano e il PD (magari per ragioni interne alla vita politica mammolese).
In ogni caso, non sono queste le domande che più ci interrogano e più ci angustiano. Ciò che davvero ci preoccupa, sono le difficoltà – oggettive e rivendicate – nel percorso dell’Unione dei Comuni; criticità che, ci pare evidente, nascono da quel deficit di politica e di democrazia che abbiamo sempre indicato come il rischio più pesante per l’Unione stessa.
In una parola, l’Unione non può esistere e non può svilupparsi se si limita ad essere uno strumento di ingegneria amministrativa o se rimane una questione da negoziare pezzo a pezzo in uno dei sei uffici dei sindaci, senza che vi sia un’anima politico-culturale che la sostanzi. Fino a quando l’Unione dei Comuni della Valle del Torbido non sarà in grado di pensarsi e di agire comune un unico grande soggetto politico-amministrativo, non potrà che “vivacchiare” sballottata a destra e manca dalle esigenze spicciole dei singoli sindaci o dei singoli comuni.
Da qui, l’esigenza non più prorogabile di operare su un doppio versante (leggi QUI): quello “funzionalista” con la messa in comune di servizi e competenze che possano finalmente far progredire in azioni concrete l’Unione; quello democratico, con il coinvolgimento consapevole delle comunità interessate, con il protagonismo ricercato e sollecitato della società civile più o meno organizzata.
Ci rivolgiamo ai sindaci dei 6 comuni: l’Unione è un “bene comune” di tutta la Vallata del Torbido, è una prospettiva concreta per il nostro futuro, non è nella vostra disponibilità esclusiva. Apritevi alla società e fatevene contaminare, superate le “piccinerie” dei vostri interessi municipalisti, abbiate la generosità e l’umiltà di ragionare come un corpo unico: lo chiediamo a voce alta; di più, lo pretendiamo.