Totò Dattilo: “dai gioiosani poca solidarietà anche dopo la mia assoluzione”
Totò Dattilo, 44 anni ancora da compiere, è un gioiosano molto conosciuto, diventato famoso per la sua ascesa ad arbitro di serie A. Partito dalla piccolissima sezione AIA di Locri, nel 2001 è riuscito a raggiungere la massima serie, divenendo nel breve termine uno degli arbitri più apprezzati su scala nazionale (vanta decine di gare arbitrate in serie A e in serie B, dal 2001 al 2006). Prossimo alla promozione quale arbitro di livello internazionale (annovera anche 4 esperienze europee come quarto uomo), Dattilo nel 2006 è stato coinvolto in “calciopoli” ed etichettato come arbitro legato a Moggi e al suo sistema di potere: un’accusa che ha segnato la fine brusca ed imprevista di una carriera in continua ascesa. Indagato per il reato di frode sportiva, dopo aver rinunciato alla prescrizione e dopo essere stato condannato in primo e in secondo grado, Dattilo è stato assolto con formula piena dalla Cassazione nella sentenza del 24 Marzo scorso. Dopo la fine della sua esperienza di arbitro, Dattilo si è reinventato dirigente sportivo, iniziando il suo nuovo percorso proprio con l’US Gioiosa Jonica (esperienza comunque non felicissima, interrotta dopo pochi mesi per contrasti all’interno della società di allora). Oggi, lavora a Roggiano Gravina in provincia di Cosenza, dove opera come direttore generale della squadra locale militante nel campionato di promozione calabrese.
Ci siamo fatti una bella chiacchierata in sua compagnìa. La riportiamo di seguito.
Domanda – Il 24 Marzo scorso, dopo 9 anni di accuse e processi, sei stato prosciolto da ogni accusa. La giustizia ha determinato la tua estraneità ad una presunta associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva: in sostanza, la tua estraneità a “calciopoli” e al cd. “sistema Moggi”. Mi piacerebbe conoscere – a distanza di oltre un mese dalla tua assoluzione e, quindi, a mente lucidamente fredda – le tue sensazioni personali di oggi. Soprattutto, sull’idea di giustizia che hai maturato nel frattempo.
Risposta – Innanzitutto, buongiorno! Sono un garantista in fatto di giustizia e nel mio caso, a distanza di oltre 3.800 giorni, si è giunti alla conclusione che il sottoscritto è sempre stata una persona onesta e corretta. La Cassazione ha sentenziato che io non ho mai fatto parte di alcuna associazione a delinquere e che non ho mai partecipato ad alcun sistema “tarocco” capace di sconvolgere il mondo del calcio. In sostanza, ho riacquistato la mia dignità di uomo pulito, ma solo dopo aver perso per sempre il lavoro che avevo conquistato con sacrifici, professionalità e abnegazione.
D. – L’accusa che ti è stata rivolta era fondata sulle tue decisioni arbitrali in un’ Udinese-Brescia (partita del 26 settembre 2004), decisioni che avrebbero favorito la Juventus nella successiva partita proprio contro i bianconeri friulani (ammonizioni “pilotate” tali da privare l’Udinese di alcuni giocatori nel turno seguente). In realtà, in quella partita vi fu un’espulsione (doverosa, segnalata peraltro dal guardalinee) e tre ammonizioni di giocatori non diffidati (quindi, presenti nella partita successiva contro la Juve). Come mai l’accusa ha continuato ad insistere su quella partita del settembre 2004? Semplice disattenzione o accanimento pregiudiziale a sostegno della propria ipotesi accusatoria?
R. – Ad oggi, non so darmi una risposta. Ho dimostrato in tutti i modi e in tutte le circostanze che quella partita ha avuto regolare svolgimento; tuttavìa, sia in primo grado che in appello sono stato smentito. Io credo in un accanimento pregiudiziale a sostegno dell’ipotesi accusatoria, altrimenti sarai stato prosciolto già in primo grado. In questo processo, tante valutazioni da parte dei giudici non avranno mai le dovute risposte e la loro insistenza sulla mia colpevolezza per quella famosa Udinese- Brescia, alla fine, si è dimostrata carta straccia. Sono convinto che sia stato fatto un gran calderone, anche se ognuno di noi imputati aveva una posizione ben diversa e ben distinta. Io, in quella stagione sportiva non ho mai diretto la Juve: né in amichevole, né in Coppa Italia e nemmeno in campionato! Potevo mai essere un “uomo” del sistema Moggi? Inoltre, dopo quella fatidica gara sono stato sospeso per 30 giorni e ho diretto solo serie B fino alla fine di gennaio 2005. Ai posteri l’ardua sentenza!
D. – Altra accusa mossa nei tuoi confronti è stata quella di avere un scheda telefonica svizzera, sulla quale sono stati registrati contatti con una scheda telefonica risalente a Luciano Moggi. Peraltro, la scheda sarebbe stata in tuo possesso a partire dal novembre 2004, quindi due mesi dopo la sfida incriminata fra Udinese e Brescia. Questa scheda svizzera, l’hai avuta e l’hai usata? E che tipo di contatti hai intrattenuto con Luciano Moggi o con altri personaggi legati a “calciopoli”?
R. – Altra barzelletta. Si infatti, mi veniva attribuita questa scheda nel periodo della mia sospensione e solo con contatti di alcuni secondi o, in certi casi, di qualche minuto; contatti, però, mai avvenuti in prossimità delle gare da me dirette in serie B, come sosteneva l’accusa. Io posso dire questo: non ho mai avuto una scheda straniera e non ho mai intrattenuto contatti con chicchessia. Per l’accusa, però, la scheda telefonica era un tassello fondamentale per sostenere il mio coinvolgimento. I miei accusatori sono stati smentiti dal rinvio a giudizio per falsa testimonianza del Signor De Cillis, personaggio fondamentale in questo processo, il quale aveva sempre sostenuto di aver acquistato queste schede per il signor Moggi senza essere in grado di dimostrarlo, anzi falsificando la sua testimonianza; anche per tale motivo, il Gip di Napoli, in data 27 Gennaio u.s., lo ha rinviato a giudizio. In questo caso, la Cassazione ha tenuto conto di questa falsa testimonianza e mi ha scagionato per questo “sospetto” illecito.
D. – Ti faccio una domanda secca e perentoria, ti chiedo una risposta sufficientemente chiara: cosa pensi di “calciopoli” vista nella sua interezza? Ritieni o no vi sia stato un sistema di potere – a guida Juventus – finalizzato a “pilotare” gli arbitraggi? Moggi era il “grande burattino” del calcio italiano o è la vittima di una grande montatura giustizialista e mediatica?
R. – Chi era il signor Moggi non sta a me giudicare. “Calciopoli” si è dimostrata un‘inchiesta farlocca e priva di alcun fondamento. E’ stato dimostrato che le uniche due gare truccate sono state quelle dirette dall’ex collega Massimo De Santis, unico arbitro condannato in via definitiva. Se poi si è trattato di una montatura giustizialista non lo posso affermare, ma una montatura mediatica lo è stata di sicuro. C’è stata gente che in questi anni ha ottenuto popolarità, noi arbitri professionisti invece solo umiliazioni e soprusi.
D. – Certo, la tua carriera è stata letteralmente distrutta da una decisione che, a distanza di 9 anni, si è rivelata errata. Da arbitro prossimo alla promozione come internazionale (avevi già svolto il ruolo di quarto uomo in due match europei) a indesiderato del calcio italiano. Come si reagisce ad una situazione del genere? Come si ricostruisce una prospettiva personale?
Si reagisce con dignità e la consapevolezza di essere un uomo pulito. Con l’affetto dei propri cari, dei figli, di tutti gli amici vicini e sinceri, ma soprattutto con la forza che un buon calabrese dimostra nei momenti di difficoltà. Nove anni fa le prospettive erano a zero, ora mi aspetto che qualcuno si ricordi che gente innocente ci ha rimesso tutto quello che di buono si era costruito.
D. – In un tuo virgolettato post-assoluzione, hai dedicato dolci pensieri alla tua famiglia e ai tuoi amici. Mi ha molto incuriosito, in particolare, la tua precisazione sui pochi amici che ti sono rimasti vicini: questa tua dolorosa esperienza, quanto ti ha insegnato sull’ipocrisia delle relazioni sociali e sulla qualità dei rapporti di amicizia? E Gioiosa e i gioiosani come si sono rapportati al Dattilo non più arbitro di successo ma presunto colpevole di frode sportiva?
R. – Quando arbitravo in serie A, tutti erano amici; una volta inquisito e rinviato a giudizio, ero diventato un delinquente qualunque. Se devo essere sincero, da parte dei gioiosani ho ricevuto pochissime attestazioni di solidarietà dopo la mia assoluzione con formula piena (per non aver commesso il fatto e senza rinvio a giudizio). Gli amici veri non ti dimenticano mai, quelli di circostanza si dileguano sempre e magari poi pretendono di essere riconsiderati. Io non ho mai avuto bisogno di queste persone, ho sempre avuto al mio fianco i miei genitori, i mie figli, mio fratello, i cugini e i parenti più stretti. Alcuni miei ex familiari acquisiti, dopo il mio coinvolgimento in questa inchiesta, mi hanno letteralmente voltato le spalle. Sono anche convinto, perché lo hanno dimostrato i fatti , che dopo la mia piena assoluzione alcuni di loro si sono dimostrati dispiaciuti: il loro unico volere era quello che io fossi condannato in via definitiva, così da poter gridare: “ Ecco, avete visto, non ci sbagliavamo, il nostro caro Antonio è un delinquente conclamato”. Purtroppo per loro, il dottor Mazzotta – Procuratore Generale – li ha smentiti categoricamente, in quanto lo stesso ha chiesto la mia piena assoluzione. Sono dispiaciuto per loro, ma la giustizia ha trionfato, anche dopo la rinuncia alla prescrizione da parte del sottoscritto.
D. – Con la tua comunque splendida carriera, hai esaltato il movimento arbitrale calabrese e hai anche dato lustro alla nostra Gioiosa Jonica. Partito dai campi polverosi della provincia reggina e dalla piccola sezione AIA di Locri, hai raggiunto i massimi livelli nazionali (senza “calciopoli”, correggimi se sbaglio, saresti diventato anche il primo internazionale nella storia degli arbitri calabresi). In ogni caso, un piccolo grande esempio di impegno, di volontà, di determinazione. Cosa diresti ai giovani calabresi che, dalla periferia più marginale del nostro paese, volessero provare a ripercorrere le tue orme?
R. – Direi di intraprendere questa bellissima passione ma di rimanere sempre con i piedi per terra. Fare l’arbitro, anche di periferia, credo sia meraviglioso perché sei l’unico tra i 22 a dover far rispettare le regole del gioco. Io le ho sempre rispettate, sia in campo che fuori, ma “qualcuno” mi ha tolto per sempre il mio sogno, il sogno che nessuno mai mi potrà restituire. Credo che arbitri, fondamentalmente, si nasce e i fatti lo hanno anche dimostrato. Da Gioiosa Jonica a San Siro, all’Olimpico, al Delle Alpi, a Genova, a Udine, a Madrid, a Kiev, a Bucarest, ad Amsterdam, ecc.: sogni che sono diventati realtà, poi svaniti nelle aule dei tribunali di Napoli e Roma.
D. – Dopo la fine (forzata) della tua esperienza di arbitro, hai deciso di rimanere nel mondo del calcio iniziando la carriera di dirigente sportivo. Il debutto (non fortunato) con l’US Gioiosa Jonica, il breve passaggio con il Bocale, a Siderno, e, da tre anni, l’esperienza con il Roggiano (promozione calabrese). Puoi dirmi, in poche parole e per immagini, come cambia l’amore per il calcio nel transito da arbitro di successo a dirigente di piccole squadre dilettantistiche?
R. – Con umiltà e professionalità. Chi nasce uomo di sport e di sani principi morali deve sempre camminare a testa alta. Mai chinarsi e guardare al futuro con serenità. Io ho avuto la forza e il coraggio di ricominciare da zero.
D. – Ultima domanda: ti piacerebbe tornare ad impegnarti nel calcio gioiosano? Gioiosa è e rimane casa tua….
R. – Sinceramente no, perché credo che ci siano dirigenti e addetti ai lavori che potranno fare molto meglio di quanto feci io qualche anno fa. Sono gioiosano e lo rimarrò per sempre, ma calcisticamente parlando abbiamo vedute diametralmente opposte con l’ambiente sportivo gioiosano. Mi trovo benissimo a Roggiano e fino al 30 giugno sono un tesserato che manterrà gli impegni con questa società. Quella che sto vivendo è una splendida esperienza e mi auguro possa continuare anche in Eccellenza, spareggio play off permettendo.
D. – Grazie Totò, ci ha fatto molto piacere chiacchierare con te.
R. – Io vi ringrazio di cuore per la vostra disponibilità e colgo l’occasione per augurarvi buon lavoro!